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giovedì 22 marzo 2012

LO STRAPPO



La buona notizia: la disciplina dell’art. 18 è stata estesa a tutti i lavoratori.
Quella cattiva: l’art. 18, in concreto, non esiste più. È stato ridotto a un guscio vuoto.
Come si temeva, il succo della riforma del mercato del lavoro è tutto contenuto in questo provvedimento. Una decisione, caduta dall’alto, che ha provocato divisioni e che appare destinata a produrre ulteriori lacerazioni. Nel sindacato, all’interno delle forze politiche e tra gli stessi partiti, nella società. I lunghi mesi di consultazioni tra il governo e le forze sociali non sono serviti a nulla. Alla fine è stato applicato, senza ulteriori indugi, il protocollo-Monti: si ascoltano le parti, non si concerta, l’esecutivo decide. E la patata bollente passa al Parlamento, unico organo al quale il governo ritiene di dover rispondere. Da un punto di vista rigidamente formale, tale processo democratico pare ineccepibile, anche se trasuda freddezza. E calcolo. Eccessivo tecnicismo, si potrebbe dire.
La Confindustria, dopo qualche svogliata rimostranza di pura facciata, si ritiene soddisfatta. Gli imprenditori, infatti, avranno mano più libera riguardo alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Il sindacato, invece, si è spaccato. Un fatto non nuovo, al quale negli ultimi anni abbiamo assistito di continuo, ma non per questo meno lacerante e che, come sempre, rende più deboli i lavoratori. La CGIL non ci sta. Le altre organizzazioni, dopo aver dato via libera all’accordo, sono in preda a tardivi ripensamenti. La posizione di contrarietà del maggiore sindacato italiano rischia di scatenare un’aspra contesa all’interno del Partito Democratico, dove convivono posizioni contrastanti. Una situazione oggettivamente difficile e complessa, che rischia di avere ripercussioni sulla tenuta della strana ed eterogenea maggioranza che sostiene il governo.
Il Presidente del Consiglio, tuttavia, sembra non temere particolari conseguenze in merito. In caso contrario, il suo potrebbe apparire come un pericoloso azzardo.
La condizione di difficoltà del nostro Paese è tutt’altro che superata. In virtù dell’azione del governo (senza dubbio efficace ma, al di là dei buoni propositi, decisamente iniqua) l’andamento dell’economia è migliorato. Beneficiamo, attualmente, di rinnovato credito, e di ritrovata considerazione a livello continentale e internazionale. Sarebbe opportuno che tale processo virtuoso non subisse brusche interruzioni.
Torniamo alla riforma del mercato del lavoro che, come ha ricordato il presidente Napolitano (seppure con scarsa convinzione), non è di certo tutta racchiusa nelle modifiche all’art. 18.
Sono state infatti corrette le tipologie contrattuali. Riguardo a ciò è però difficoltoso riuscire a non nascondere una certa delusione. Ci si aspettava qualcosa di più drastico e lineare. L’esorbitante numero di forme di contratto a tempo determinato ha causato, negli ultimi anni, una giungla lavorativa che ha prodotto legioni di precari privi di tutela, un risultato esattamente contrario ai propositi contenuti nella famigerata Legge 30, rimasta tra l’altro incompleta. I tipi di contratto rimangono comunque troppi, mentre sarebbe stata auspicabile l’istituzione di una forma prevalente di contratto a termine che ne comprendesse tutte le forme, da trasformare attraverso precisi criteri in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Anche sul fronte degli ammortizzatori sociali l’insoddisfazione è palpabile. Gli strumenti di protezione sembrerebbero destinati a una platea più vasta di lavoratori, nondimeno saranno attuati soltanto a partire dal 2017, e i periodi di copertura appaiono più brevi e, in alcuni casi, non ben delineati. D’altra parte le risorse sono e saranno anche in futuro minime…
Il governo, dunque, procede come un rullo compressore. Il Parlamento si trova quasi costretto ad assecondare. Come ricordato, l’efficacia dell’azione di governo è indiscutibile, ed è possibile che Mario Monti riesca nella sua impresa, quella di salvare l’Italia. Alla politica, però, prima o dopo toccherà il compito di salvare gli italiani. E ci sarà davvero bisogno di una buona politica, che attualmente non si intravede affatto.  

1 commento:

  1. Una cosa è certa, Monti lavora per il capitalismo e le banche predatorie, solo che non ha avversari degni di questo nome. Saluti da Salvatore.

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