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martedì 2 agosto 2011

L'INTERCETTATORE



Aveva proseguito quella che era stata l’attività di suo padre e, prima ancora, di suo nonno e di tutti i suoi avi. In realtà, non si trattava di un mestiere vero e proprio, perché non richiedeva un particolare dispendio fisico, né produceva profitti di alcun genere. Si trattava piuttosto di un’attitudine, di una capacità che, da tempo imprecisabile, si tramandava di generazione in generazione ed era esercitata. Era, più che altro, una specie di dono. Inoltre, non sapeva se altri, in quello stesso preciso istante, fossero impegnati nella medesima occupazione. A ciò non era interessato, non gliene importava nulla. Lui lo faceva, e basta. Oltretutto, quella strana mansione non comportava tempi precisi, orari o scadenze. Quando il momento arrivava, lui lo percepiva e, senza dover fare nulla di peculiare, agiva. Un breve attimo di raccoglimento, di concentrazione, e l’intercettazione era compiuta. Un nuovo soffio si aggiungeva agli altri. Quanti erano, ormai, gli altri? Non lo sapeva, ma di sicuro erano tanti. Lui amava pensare che tutta quell’energia positiva fosse immagazzinata nel vecchio capannone che sorgeva vicino alla propria casa. Allo stesso tempo, si rendeva conto che la sua era anzitutto una fantasticheria. Quel vecchio edificio non avrebbe certo potuto contenere tutte quelle essenze. Oppure sì, dal momento che tale ammasso di forza era comunque costituito da un qualcosa di impalpabile, che, per sua natura, non occupava spazio? Ma, fra le tante, c’era soprattutto una domanda che lo assillava quotidianamente. Qual era lo scopo ultimo di tutto ciò? Non era mai riuscito a dare una risposta sensata a quell’interrogativo. Ed era convinto che non ci sarebbe riuscito nemmeno in futuro. Semplicemente, i suoi figli avrebbero continuato la sua opera, e dopo lo avrebbero fatto i suoi nipoti. Di una cosa però era sicuro. Di svolgere bene il suo lavoro. In tanti anni era certo di non avere mai commesso errori. La sua opera di filtraggio era sempre stata impeccabile. Erano state intercettate e trattenute esclusivamente le anime buone, quelle che, prima o poi, si sarebbero rivelate utili. Per quale finalità, quale impiego, non lo sapeva, d’altra parte aveva ormai compreso che non toccava a lui decifrare il grande disegno che di sicuro era ben presente, uno schema però del tutto incomprensibile per la sua mente limitata. A volte, piuttosto, per pura curiosità, si chiedeva dove andassero invece a finire quegli spiriti che lui non filtrava, che lasciava liberi di proseguire la loro corsa. Forse quei soffi si disperdevano, pensava, essendo del tutto inservibili e inadatti a qualsiasi impiego, in quanto malvagi, infami o comunque portatori di qualità negative.
E così, giorno dopo giorno, lui proseguiva nella sua missione. Sempre attento, efficiente, produttivo. Chissà se sarebbe toccato a lui, sognava, il privilegio di scatenare quell’orda di anime, quell’ammasso di bontà, quel concentrato di pura e tremenda amorevolezza verso il loro vero obiettivo, probabilmente quello di salvare il mondo, oppure l’umanità, o forse l’uno dall’altra. O, meglio ancora, per uno scopo ancora più nobile ma non immaginabile.  

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