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martedì 23 agosto 2011

IL BACIO



Sì, lo ricordo bene, era l’inizio di settembre. Invece non ricordo per nulla che cosa avessi fatto quel giorno, fino a quel momento, intendo. In fondo, è passato tanto tempo e ciò che accadde nel tardo pomeriggio, poco prima della cena, oscurò e annullò tutto il resto.
Il sole era appena tramontato dietro le montagne, e l’aria era diventata all’improvviso più fresca.
I nostri amici erano già tornati alle loro case. Noi, invece, uscimmo di nuovo, uniti da un tacito, inespresso accordo e ci ritrovammo nel piccolo cortile. Sapevamo che era tardi, che non avevamo molto tempo, che saremmo incorsi nell’ira benevola dei nostri genitori, eppure scostammo il pesante cancello di ferro e, dopo avere scambiato uno sguardo carico d’intesa e di complicità, ci ritrovammo sulla strada. Io e lei. Senza neppure consultarci – non c’era alcun bisogno di farlo – prendemmo a sinistra, seguendo così il declinare del nastro d’asfalto. Non rammento se qualcuno ci vide, quando ci allontanammo e poi lungo la via; ciò non aveva per noi alcuna rilevanza. Inoltre, di sicuro non ce ne saremmo accorti. Ognuno di noi due non aveva che occhi e attenzione per l’altro.
Camminammo affiancati per un tratto, senza sfiorarci, lungo il ciglio della strada. Poi imboccammo un sentiero, sulla destra, che conduceva al torrente e lo costeggiava. Adesso, intorno a noi, c’erano soltanto alberi: larici, pini e betulle le cui foglie già cominciavano a ingiallire, primo inequivocabile segno di resa all’autunno, comunque ancora lontano. Il mormorio dell’acqua accarezzava le nostre orecchie. Durante quel tragitto quasi non parlammo. Non c’era nulla da dire, oppure c’era troppo. In ogni caso, nulla che non potesse essere espresso attraverso gli occhi che, sempre più spesso, si incontravano. Il momento era estremamente romantico, colmo di teneri sottintesi, e avrebbe meritato una degno accompagnamento sonoro, se possibile struggente e sentimentale, pensai. Tuttavia non era ciò che avevo in testa in quel momento. Vedete, la musica aiuta a fissare i ricordi, li consolida, e permette di ritrovarli, intatti e ben conservati, anche dopo che è trascorso tanto tempo. Quindi, da parte mia, quel tempo e quel luogo sono legati, e sempre lo saranno, se mi è concesso dirlo, a Settembre di Alberto Fortis, a Moonlight Shadow di Mike Oldfield. Oppure, e scusatemi l’estrema impudenza, a Anarchy in U.K. dei Sex Pistols o ancora a Hurricane di Bob Dylan. Basta così, scegliete voi, per me è lo stesso. Una vale l’altra.
A un certo punto, senza che nulla ancora fosse accaduto tra noi, decidemmo di tornare indietro.  E fu proprio in quell’attimo che in me scattò qualcosa. Non domandatemi di cosa esattamente si trattasse, perché non lo so, oggi ancor meno che allora. All’improvviso, ubbidendo a chissà quale impulso naturale, istintivo, le mie dita si intrecciarono alle sue. E lì rimasero. Ci scambiammo uno sguardo, sulle nostre bocche prese forma un lieve sorriso. Poi, continuammo a camminare. Proprio quando stavamo per tornare sulla strada asfaltata, quella che ci avrebbe ricondotto alle nostre case, alle tavole apparecchiate per il pasto serale, e al rimpianto, mi fermai e lei mi assecondò, con naturalezza, come se le nostre intenzioni corrispondessero. Le strinsi anche l’altra mano e mi sistemai di fronte a lei, immobile. Come dimenticare la sua espressione? Mi ci specchiai, mi ci immersi. Mi chinai leggermente, avvicinai le mie labbra alle sue e le appoggiai delicatamente su quella bocca appena schiusa, in trepida attesa. Dopo alcuni istanti mi staccai, sconvolto. Un bacio, un semplice e innocente bacio, niente di più.
Che non ho più scordato.

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