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giovedì 4 agosto 2011

BIBITE


L’arrivo dell’estate era annunciato dal camioncino delle bibite. Intendiamoci, si trattava sempre dello stesso sgangherato mezzo che, tutte le settimane, durante tutto l’anno, faceva la spola tra le frazioni dispensando acqua minerale e vino. All’improvviso, però, si trasformava e appariva diverso. Impilate in modo approssimativo sul pianale, in bilico, caracollanti, adesso c’erano delle cassette di plastica colorate, colme di bibite. Le bottiglie, tutte di vetro, vibravano e si urtavano lievemente, le une contro le altre, provocando un rumore caratteristico, che a volte sovrastava addirittura il frastuono del motore e che poteva essere udito da lontano. Allora non esistevano bottiglie di plastica, nessuno avrebbe mai consumato una bevanda che a lungo aveva sostato in un simile recipiente. Era considerato insano, non igienico, si temevano alterazioni e deperimenti. Allo stesso tempo, nessuno si preoccupava del tremendo contenuto zuccherino di tali bevande, dell’uso folle di additivi chimici e di coloranti artificiali oppure dell’eccessivo dosaggio di gas, con la presenza di milioni di bollicine in grado di anestetizzare qualsiasi palato, anche il più insensibile. Ogni volta, ogni sabato, era consentito l’acquisto di non più di tre bottiglie, e per noi ragazzi la scelta era piuttosto difficile, perché l’offerta era molto varia: aranciata, limonata, cedrata, orzata, con il suo impressionante color latte, menta, chinotto, l’esotico tamarindo, il ginger, con il suo curioso sapore dolce-amaro. Le dispute erano frequenti ma, alla fine, occorreva comunque decidere. Il momento più felice, l’apoteosi estiva delle bibite, era per noi il giorno della festa patronale. In quell’occasione c’erano invitati in casa, e il sacro dovere dell’ospitalità imponeva di non badare a spese. Di conseguenza, con nostro grande tripudio, erano acquistate bevande di ogni specie, spesso una bottiglia per ogni tipo. E noi rimanevamo sempre a bocca aperta di fronte a quell’abbondanza, si stabilivano accurati elenchi di priorità riguardo al consumo delle varie bevande, liste che poi puntualmente erano disattese. Quasi sempre, alla fine, gli adulti disdegnavano quegli intrugli colorati, preferendo invece ripiegare sul vino, nonostante il gran caldo, oppure su birra e gazzosa fresche. Fresche, ma non fredde. L’utilizzo del frigorifero era proibito, era tabù. Tutti concordavano sul fatto che una bevanda refrigerata in maniera artificiale potesse provocare, inevitabilmente, effetti letali. Durante tali discorsi, la temuta parola congestione circolava a bassa voce, minacciosa. Tuttavia non si rinunciava affatto al consumo di una bevanda fresca, anche se i metodi impiegati erano del tutto naturali. Le bottiglie erano immerse nel piccolo canale che scorreva proprio davanti a casa e fissate, da un lato, a un paletto piantato nel letto del fosso e, all’altro capo, a un cappio che stringeva loro il collo. La corda era sempre di canapa, sfilacciata e sfibrata per i continui affondamenti. Le colorate bottiglie ripiene di liquidi verdi, vermigli o bruni erano sempre in ottima compagnia. Numerosi bottiglioni di vino, tutti muniti di tappo a macchinetta, erano perennemente a bagno, di giorno e di notte, anche se forse non erano sempre gli stessi… Per non parlare delle enormi angurie, avvolte in sottili reticelle, sempre sul punto di ottenere la libertà per mezzo di uno strappo definitivo e di lanciarsi così in una pazzesca corsa acquatica. Ma ciò non avveniva mai, poiché erano state imprigionate da mani esperte, e la loro sorte era sempre quella di finire affettate su un tavolo, all’aperto, in una tiepida sera d’estate.

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