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domenica 6 marzo 2011

L'UNICO



Fu identificata e perquisita, all’ingresso dell’Istituto, da una corpulenta poliziotta. Poi fu accompagnata al piano superiore da un’altra donna, che indossava un’uniforme gialla. Una delle tante assistenti, pensò. Dopo avere percorso un interminabile corridoio, giunsero di fronte a una porta. La donna bussò.
“Signor Last!” urlò. Poi entrò mentre la ragazza rimase fuori. Uscì dopo un paio di minuti.
“Può entrare” disse, con voce roca. “Il signor Last non si ricordava più dell’appuntamento ma ha detto che la riceverà ugualmente.”
“Grazie” rispose la ragazza, ed entrò nella camera.
“Vi lascio soli, se ha bisogno di qualcosa suoni il campanello” aggiunse la custode, che poi si allontanò sbattendo i tacchi.
La stanza era in penombra. La ragazza intravide la figura di un uomo seduto accanto alla finestra.
“Accenda pure la luce” disse il vecchio.
L’ambiente si illuminò. La ragazza riuscì così a distinguere meglio i lineamenti del viso di quella persona molto anziana. L’uomo indossava una lunga vestaglia e delle pantofole di stoffa. Con una certa fatica, si alzò e le venne incontro. Aveva una barba bianca e molto lunga, perfettamente curata, e il volto solcato da rughe profonde.
“Mi scusi, mi ero scordato dell’intervista” disse.
La ragazza sorrise. Era molto giovane e la microgonna trasparente e il minuscolo top che indossava esaltavano le sue forme prepotenti.
“Lei scrive per un giornale importante?” domandò il vecchio.
“No, lavoro per una rivista, una rivista femminile…”  Poi si bloccò, consapevole dell’assurdità che aveva appena pronunciato. Il signor Last sogghignò.
“Mi scusi…” balbettò la giovane.
“Non si preoccupi. Su, procediamo. Che cosa desidera chiedermi? Le spiace se rimango in piedi? Sa, le mie ossa…”
“No, prego. Vede, dovendo scrivere un pezzo sulla festa dell’8 Marzo, ho pensato a lei…”
“Pochi, ormai, pensano a me” la interruppe il vecchio. “Comunque, presumo che lei sappia, anche se è così giovane, che una volta la festa aveva un altro significato.”
“Certo, signor Last, era la Festa delle Donne.”
 “Esatto. Dopo la Selezione, tuttavia, la sua accezione è cambiata, e non poteva essere altrimenti.”
“E infatti è diventata la festa della Selezione!” esclamò la ragazza.
Il signor Last annuì, si massaggiò le tempie ed emise un profondo sospiro che esprimeva tutta la sua rassegnazione.
“Allora, mia bella giovane, le domande?”
“Certo. Signor Last, è vero che nessuno conosce la sua vera età?”
Il vecchio scoppiò a ridere, una risata che ben presto si trasformò in un accesso di tosse.
“I medici che mi curano e che mi tengono in vita la conoscono benissimo. E io pure. Tutto il resto rientra nella leggenda, se così si può dire.”
“Ah! Quindi può essere vero che lei abbia più di centocinquant’anni?”
“Può essere vero” rispose il vecchio, quasi divertito. “Ma che importanza ha?”
“Lei soffre molto la sua attuale condizione? Intendo dire la solitudine di…”
“E lei? Non soffrirebbe al pensiero di essere rimasta… lasciamo perdere!”
“Mi scusi, signor Last, non volevo turbarla. Comprendo perfettamente la sua situazione emotiva.”
“Non ci badi, signorina. È passato ormai tanto tempo, ma non mi ci sono mai abituato.”
“Posso chiederle come trascorre le sue giornate?”
“Mangio, dormo e penso. Al mattino cerco di fare una breve passeggiata, e poi ci sono le cure…”
“Sono molto impegnative?” domandò la ragazza.
“Un vero tormento.”
“E poi?”
“Leggo, leggo molto, anche se odio questi strumenti di lettura.” Il vecchio indicò un lettore di e-book appoggiato sul letto. “Vorrei avere ancora tra le mani un vero libro, di quelli di carta, sfogliarlo, sgualcirlo, annusarlo…”
“Sono tutti conservati nei musei…”
“Già, purtroppo.”
La ragazza iniziò a prendere appunti su una piccola tavoletta elettronica. Scrisse per alcuni minuti, poi la ripose nella borsetta.
“Non ha più niente da chiedermi?” chiese il signor Last. Cominciava a sentirsi stanco. L’ora delle cure si stava avvicinando.
“Le vorrei chiedere un favore personale” disse la ragazza, esitante.
“Mi dica.”
“Mi tocchi.”
“Che cosa?” Il vecchio era sbalordito da quella inaspettata e incomprensibile richiesta.
“Così.”
La ragazza si avvicinò, gli prese le mani e  le appoggiò sulle proprie spalle nude.
“Mi accarezzi” aggiunse con un filo di voce.
Il vecchio, tremando, le fece scorrere le mani sul seno, morbido ed elastico; quando percepì l’impeto dei capezzoli spostò le dita sui fianchi e subito dopo sul ventre piatto e sodo. Infine  poggiò le sue grosse mani sulle natiche della giovane e si fermò.
“Grazie, basta così” disse la ragazza riaprendo gli occhi. Poi si voltò all’improvviso, imbarazzata, e si diresse di corsa verso la porta.
“Non temere, ragazza. Non ti giudico, comprendo la tua curiosità” le gridò dietro il vecchio signor Last, il sopravvissuto alla Selezione. L’unico uomo. L’ultimo.

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