Powered By Blogger

venerdì 4 marzo 2011

L'INTERROGATORIO



“Chi sei? Perché mi hai portato qui? Che cosa vuoi da me?” domandò a raffica l’uomo.
Si trovava in uno scantinato, umido e semibuio. Era seduto su una vecchia sedia, alla quale era legato con robusti nodi. Non riusciva praticamente a muoversi e faticava a respirare. Sul viso aveva un livido, proprio all’altezza dello zigomo destro, ma non aveva perso del tutto la sua baldanza. E l’arroganza che gli era propria.
“Hai fatto tutto da solo?” aggiunse.
Il giovane sorrise. Un sorriso amaro, però, che gli tendeva in maniera innaturale i lineamenti del viso, rendendo l’ovale, altrimenti gradevole, simile a una maschera grottesca.
“Quasi. Da solo non ci sarei riuscito” disse.
“Che cosa vuoi farmi?”
“Parlare.”
“Allora non c’era bisogno di tutta questa sceneggiata.”
“Ti sbagli. Tu, per noi, sei irraggiungibile. Parli e parli, ma non ascolti nessuno. Ti piace udire la tua voce, te ne compiaci, ma in realtà non dici nulla. Non ti importa niente dei nostri bisogni perché pensi soltanto a te stesso.”
“Che dici? Guarda che la gente mi ama.”
“Quale gente? Se ti riferisci ai tuoi servi, ti dico che quella non è la gente.”
“Sai bene che mi riferisco al popolo.”
Il giovane esplose in una risata sprezzante.
“Quella massa di indottrinati ai quali hai fatto il lavaggio del cervello? Quello sarebbe il popolo? Quei poveracci, quegli ignoranti, quegli esseri privi di coscienza?”
“Ho sempre lavorato per loro. Solo per loro. Gli altri - e tu sai bene di chi parlo - quei pochi che mi hanno sempre osteggiato, hanno tentato invece di sbarazzarsi di me in tutti i modi, ma non ci sono riusciti. Tu li rappresenti, forse?”
“Rappresento solo me stesso.”
“Chi sei, allora? Il vendicatore solitario?”
Il giovane gli sferrò un violento calcio su un ginocchio. L’uomo emise un gemito soffocato, i suoi occhi divennero lucidi.
“Perché sei così malvagio? Perché hai sempre mentito e ingannato? Dimmelo!”
“Mi dispiace, non capiresti.”
“Per quale motivo non ti sei accontentato di accumulare ricchezze? Non ti bastava? Perché hai voluto avere qualcosa di più, a scapito nostro?”
“Non c’è nulla di paragonabile al potere. Quando l’ho ottenuto, ho capito che non avrei più potuto farne a meno. Non lo lascerò mai. Piuttosto, preferirei morire.”
“Hai usato il potere per favorire i tuoi interessi privati, per sfuggire alla giustizia.”
“No.”
"No? Spiegati!"
“Ti sbagli di nuovo. All’inizio, forse, è stato così. Dopo non più. Ho imparato a nutrirmi del potere stesso e tutto il resto mi è sembrato insignificante, soprattutto i sentimenti. E considero l’etica e la morale come un qualcosa di ridicolo.”
“Sei malato.”
“No, sono un essere superiore, nato per comandare, e la gente lo ha capito.”
“Non essere blasfemo.”
“Mi consenti di dirti una cosa?”
“Dimmi, brutto bastardo.”
“Sei buffo, e mi fai pena perché non hai capito nulla.”
Il giovane gli assestò un tremendo schiaffone. La testa dell’uomo ebbe un brusco sussulto, i radi capelli, che parevano incollati o addirittura dipinti sul cranio, rimasero tuttavia in perfetto ordine.
“Sei violento. Tu e la tua gente sapete soltanto praticare la violenza, verbale e fisica. Non possedete altri strumenti.”
“Vecchio bavoso, hai  paura?”
“Paura? Sono terrorizzato. Ho sempre temuto la violenza fisica. So che potrei perdere tutto da un momento all’altro, all’improvviso, e ciò mi angoscia. Hai capito? Non ho paura di morire, ho paura di perdere tutto. E sai che cosa intendo per tutto. Questo pensiero è per me insopportabile, più forte del pensiero stesso della morte.”
“Adesso ne sono sicuro, sei malato.”
“Che cosa vuoi veramente da me?”
“Volevo conoscerti meglio e poi punirti per tutte le tue nefandezze.”
L’uomo sospirò e il ragazzo riprese a parlare.
“Però sei stato sincero. L’unica volta nella tua sudicia vita.”
Il ragazzo si avvicinò all’uomo seduto.
“Intendi uccidermi, vero?”
Il ragazzo slegò i nodi.
“Sì, volevo farlo, era la cosa che più desideravo. Avevo sognato per anni questo momento, ma mi sono reso conto che non c’è speranza, che tutto sarebbe inutile. Ho perso. Abbiamo perso.”




Nessun commento:

Posta un commento