È il mattino del 2 gennaio 1977, e il bambino sta
ancora dormendo. Sogna. Qualcosa di indefinito ma piacevole. Si rigira tra le
coperte emettendo dei piccoli gemiti. Sul suo viso dai tratti infantili è
dipinto un sorriso beato. A un tratto, la donna irrompe nella camera. Rumore.
Luce. Il ritorno alla realtà è brusco e inaspettato. E all’improvviso, come a
un segnale convenuto, tutta la casa si anima. Una porta sbatte. Dalla cucina,
un gatto miagola e reclama cibo e attenzioni. La caffettiera brontola solitaria
sul fuoco.
“Sveglia! È tardi! Vestiti che la
colazione è pronta” dice la donna.
Il bambino si mette a sedere sul letto. Si
stropiccia gli occhi. L’inatteso chiarore gli dà fastidio. Appare imbronciato.
“Sbrigati! Dobbiamo andare in chiesa!” lo
martella la madre con voce squillante.
“Mamma, non voglio andare a messa. Fuori
fa freddo” risponde il bambino, lo sguardo fisso sulla finestra dai vetri
appannati.
“Poche storie. Svelto!”
“Mamma, se vengo a messa questa sera posso
rimanere alzato anche dopo Carosello?”
“Carosello? Guarda che da oggi in poi non
ci sarà più” risponde la donna, in maniera frettolosa, mentre sta per uscire
dalla camera.
“Non ci sarà più? Mai più?” domanda il piccolo
con la voce già incrinata.
“Esatto. Non lo faranno più. Mai più”
ribadisce distrattamente la madre, che ormai è già in cucina.
Il bambino inizia a piangere.
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