Arnoldo era un maniaco. Uno di quelli con una sola fissazione, un'unica ossessione: le donne.
L'uomo, tuttavia, era un paranoico, per così dire, specializzato. Mi spiego meglio: le persone di sesso maschile che manifestano una smania per le persone di sesso femminile sono una moltitudine, palese o nascosta che sia tale fisima. Quasi sempre, però, la voglia si presenta in maniera generica, vale a dire che è rivolta praticamente a tutte le donne, esistenti o immaginarie che siano. Nondimeno, la mania può essere più specifica. La donna può essere fatta a pezzi, in senso figurato, naturalmente. Abbiamo dunque gli ossessi qualificati, i quali osservano, prediligono, studiano, bramano una sola parte del corpo femminile. C'è l'appassionato del seno, il fanatico dei glutei, il patito delle gambe, e così via. Nulla di nobile in tutto ciò, ma una mania è una mania, affezione che è comunque annoverata tra i disturbi mentali.
Arnaldo era un maniaco delle gambe delle
donne. Fin qui, nulla di speciale. Si trattava dunque di uno dei tanti ossessi
con fissazione specialistica. Ma la fissazione di Arnaldo andava oltre, la sua
era una ulteriore specializzazione: l'uomo, il poveretto, prediligeva esclusivamente
le gambe della donne in movimento. Qualsiasi movimento? Assolutamente no.
L'ubbia di Arnaldo era nata in gioventù
poi, con il trascorrere degli anni (l'uomo ne aveva più di cinquanta) era stata
affinata e di continuo perfezionata. L'idea, se così si può chiamare una fisima
così immonda, gli era stata fornita da quello che allora era il suo scrittore
preferito, Charles Bukowski, noto scrittore dissoluto e maledetto.
"Una delle più grandi opere d'arte
del mondo è una donna con belle gambe che esce dalla macchina". Questa era
la frase incriminata dello scrittore americano. Quelle erano le parole che,
quasi dall'oggi al domani, avevano contribuito in Arnoldo alla nascita della
sporca consapevolezza, alla venuta al mondo della mania che avrebbe
condizionato la sua vita, in parte allietandola, in parte rendendola assai dolorosa.
Da quel momento, per tutto il corso
della sua esistenza, Arnaldo aveva cercato di mettere a punto delle tecniche
che gli consentissero, senza essere scoperto, di osservare ciò che più anelava:
un paio di gambe di donna, più o meno belle, più o meno snelle, che uscivano da
un'automobile.
Arnaldo, come tanti, trascorreva la
maggior parte del suo tempo al lavoro. Otto interminabili ore in ufficio,
cinque giorni su sette. E nell'ambiente di lavoro le donne erano davvero tante,
mentre di automobili non c'era neppure l'ombra, dunque lo sventurato, per
appagare i suoi malsani sensi, doveva attendere il tempo libero.
Con gli anni era giunto alla risoluzione
che i luoghi migliori dove appostarsi erano i parcheggi, e in particolare i
parcheggi dei supermercati, che erano frequentati soprattutto da donne. Le ore
migliori erano quelle mattutine, quando purtroppo lui era al lavoro. Arnaldo
tentava di rimediare a questo spiacevole contrattempo trascorrendo tutto il
sabato e anche parte della domenica su enormi piazzali di cemento, a volte
sotto un sole cocente, altre soffrendo il freddo. Anche tutti i giorni di ferie
erano dedicati a soddisfare la sua ossessione. Spesso, nei parcheggi, veniva
avvicinato da loschi individui, parcheggiatori abusivi, che lo guardavano in
malo modo o lo minacciavano, credendolo un concorrente. Per questo motivo, e
anche per non insospettire troppo chi era oggetto delle sue osservazioni,
cambiava di continuo i supermercati, spingendosi anche in altre cittadine. A
mano a mano che il tempo era trascorso, la fissazione di Arnaldo non era
affatto diminuita. Anzi, era addirittura aumentata. L'uomo si era ormai reso
conto che avrebbe passato il resto della sua vita cercando di alimentare sempre
di più quella sua tremenda fissazione, perché non c'era nella sua vita nulla di
meglio di un paio di gambe di donna, belle o brutte, tornite o tozze, che
lentamente si scostavano e appoggiavano le estremità sul terreno. Una vera
opera d'arte.
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