Il
mio è un giornale di merda. Lo penso ma non lo posso dire perché io al giornale
ci lavoro. E in redazione sono pure l’ultimo arrivato.
Nascosto
dietro lo schermo del computer scorro l’edizione on-line del quotidiano. Fuori dalla crisi? Le solite
bugie del governo. Questo è il titolo
principale, e ti pareva. Subito dopo uno si aspetterebbe, che so, un articolo
sulle guerre in Libia, Siria, Yemen, Ucraina. Oppure qualcosa sulla distensione
tra Stati Uniti e Cuba, sui disperati che muoiono affogati attraversando il
canale di Sicilia.
E
invece no. Alice
Scalzi: lato b da urlo! Chi cazzo è Alice Scalzi? L’articolo, cinque righe in
tutto e non firmato, è accompagnato da una nutrita serie di immagini, tutte
alquanto esplicite. Le scorro pigramente mentre apprendo che la suddetta annovera
quale suo unico merito quello di avere partecipato di recente a un reality show
in televisione.
"Fortini!
Ti vuole il direttore".
Sussulto,
alzo appena lo sguardo e intravedo un paio di robuste cosce. Sono quelle della
signorina Tozzi, la segretaria del direttore.
La
stronza sbircia lo schermo: "Tutti uguali voi uomini. Dei veri porci, sempre
a guardare i siti porno".
"Guarda
che..." tento di replicare, paonazzo in viso.
"Sbrigati!
Alza le chiappe che a quello non piace aspettare".
Senza
guardarla in faccia mi alzo, infilo la giacca e vado dal direttore. Busso e,
senza aspettare risposta, entro.
Orazi
emette un grugnito e poi mi fa cenno di accomodarmi. Il direttore del giornale
è un tipo pelato, segaligno, con grosse labbra sempre umide e la erre moscia.
Da giovane è stato nei parà: una specie di fascista che ha fatto carriera nella
carta stampata grazie a leccate, spinte e calci in culo.
"Hai
visto il giornale di oggi?" dice, senza neppure salutare.
"Ho
dato un’occhiata all’edizione on-line. Niente da dire, un gran bel culo".
Il
rospo strabuzza gli occhi. "Eh? Che stai dicendo".
Credo
di avere toppato, allora borbotto qualcosa di incomprensibile.
"L’economia,
Fortini. L’economia".
"Certo,
direttore. L’economia".
"Bene. Come al solito sono stati diffusi dati falsi. Tutto sta andando di nuovo bene, dicono. E invece sono tutte menzogne! Pura propaganda. Avrai letto l’articolo di Banfoni, che sputtana alla grande quegli spudorati mentitori. Ottimo lavoro, ma non mi basta. Bisogna stare sul pezzo, e domani ho intenzione di rincarare la dose. Bisogna insistere, soltanto ripetendo la gente si ficca in testa i concetti. Dire, ribadire, reiterare, come dice il Grande Capo. E stavolta l’articolo lo scriverai tu".
"Io?"
"Sei
laureato in economia, no? Vuoi fare il giornalista, vero?"
"Affermativo
a tutte e due le domande" rispondo, sempre più perplesso. È la prima volta
che mi si chiede di scrivere qualcosa, finora ho unicamente corretto bozze.
"Bene,
e allora qual è il problema?" mi domanda Orazi, che si sta incazzando.
"E
Banfoni? Che cosa dirà Banfoni? È lui il giornalista economico".
"Banfoni
è già impegnato. Adesso alza il culo, voglio l’articolo per oggi
pomeriggio".
"Va
bene, direttore. Come vuoi tu".
"Adesso
fila che ho da fare". Sempre gentile, il coglione.
Ritorno nel salone. C’è un capannello attorno a Banfoni, proprio lui, che sta intrattenendo i colleghi: "La crisi? Di nuovo sulla crisi? gli ho detto. Ne ho le palle piene della tua crisi! Questa volta l’articolo lo fai scrivere a qualcun altro. E lui ci è rimasto di merda. Era tutto verde, peggio di Hulk. E poi me ne sono andato sbattendo la porta. Basta con queste menate".
Banfoni
è scatenato. E tutti lo stanno ad ascoltare e gli danno pacche sulle spalle. La
Tozzi ha lo sguardo languido. Adora quel demente mentre lui non la considera
neppure di striscio. Ben le sta.
Orazi
si è rivolto a me affinché faccia da tappabuchi. Un semplice ripiego. Ma non
importa, gli dimostrerò che sono un vero giornalista.
Torno
alla mia scrivania ma non mi siedo, afferro un blocco per appunti ed esco,
senza che nessuno se ne accorga. Non ho alcuna intenzione di scrivere il pezzo
seduto in poltrona, scopiazzando qua e là, facendo copia e incolla. No, io
andrò sul campo, come si faceva una volta.
Se
vuoi capire davvero che cosa pensa la gente vai al mercato, mi diceva il mio
vecchio mèntore Collinelli. Ed è proprio quello che farò. (SEGUE)
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