Riccardo Muti è in
questi giorni a Torino per dirigere al Teatro Regio l'opera lirica "Il
ballo in maschera" di Giuseppe Verdi. Il maestro ha affermato con forza
che non ha nessuna intenzione di modificare il libretto dell'opera nel punto in
cui si cita "l'immondo sangue dei negri", come era invece avvenuto al
Teatro alla Scala di Milano in una rappresentazione dello stesso melodramma un
paio di anni fa.
Il politicamente
corretto, pur condivisibile e segno positivo dell'evoluzione delle sensibilità
nella società moderna, deve comunque avere dei limiti.
Non sarebbe infatti
accettabile l'utilizzo di siffatta terminologia in un'opera contemporanea,
composta ai nostri giorni. Il lavoro di Verdi, completato a metà
Ottocento, deve invece essere valutato tenendo conto del suo contesto storico.
Non è quindi concepibile apportare modifiche al testo del libretto allo scopo
di allinearlo al pensiero attuale. La storia, e le espressioni artistiche del
passato, di ogni genere (letteratura, musica, pittura, scultura) non possono e
non devono essere modificate, corrette o rimaneggiate. Insomma, il revisionismo
non può mai essere applicato alla storia, perché la storia rappresenta il ricordo, e mutare
la narrazione storica conduce alla rimozione e alla perdita del ricordo, all'annullamento del passato. Non
abbiamo il diritto di farlo.
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