Mi è sempre piaciuto guidare l'automobile, ma non tra gli ingorghi della città o sulle veloci autostrade, bensì sulle tortuose e tranquille strade di montagna.
Anche oggi percorro
questa serpeggiante via alpestre, che dopo più di otto chilometri di curve mi
condurrà dapprima a un ameno rifugio e subito dopo alla diga che sbarra la
vallata, con il consueto grande piacere.
Ecco, proprio in questo
momento inizia la teoria interminabile di ripidi tornanti. La carrozzabile è
stretta, ma il fondo stradale è in buone condizioni. Mentre affronto la prima
curva percepisco in me una strana inquietudine, che mi allarma. Il mio cuore
avverte questa inspiegabile ansia e accelera i battiti.
Rallento. Non è che la
strada è troppo stretta? Ma no, ragiono, è sempre la stessa, quella che ho
percorso tante volte. Se sopraggiungerà un veicolo dalla direzione contraria,
ridurrò la velocità e non avrò problemi a incrociarlo. Affronto l'ennesimo
tornante, lentamente, più del solito. Modero la velocità perché ho paura di
perdere il controllo della vettura. Attenzione, però. Non devo rallentare
troppo, oppure correrò il rischio che l'automobile non riesca ad affrontare la
pendenza. Si fermerà, proprio nel mezzo della curva, e inizierà a retrocedere
verso il vuoto. È prudente slacciare la cintura di sicurezza, per avere il
tempo necessario a balzare fuori? Cerco di ritrovare un po' di lucidità. Se ciò
accadesse (e in passato non è mai accaduto!) sarebbe sufficiente premere il
pedale del freno, e azionare il dispositivo di stazionamento, e l'auto si
bloccherebbe. Certo, a patto che i freni siano in ordine, che funzionino, dice
una voce maligna nella mia testa. Di colpo mi accorgo che ampi tratti della
strada sono privi di barriere di protezione. Addirittura in prossimità di
qualche curva! Possibile che sia stato così anche in passato e non me ne sia
mai accorto? Non ci abbia mai fatto caso? La mia fronte si imperla di sudore
freddo. Mi sposto il più possibile al centro della carreggiata, perché temo che
il vuoto ai miei lati mi possa attirare verso sé. Nei tornanti che virano a
sinistra quasi mi appoggio contro la parete di roccia, nell'altro caso invado
completamente l'altro senso di marcia. La mia vettura, di cui andavo orgoglioso
fino a pochi minuti fa, mi sembra piccola, fragile e sempre più delicata. Con
angoscia crescente cerco di percepire il ronzio del motore. A volte mi sembra
di non sentirlo, e il panico aumenta a dismisura. Non mi tradire, imploro la
macchina con una preghiera silenziosa. Ma l'automobile funziona, continua a
fare il proprio dovere. Il guasto è dentro di me. Qualcosa si è rotto, e so che
non potrà essere aggiustato da un meccanico. Ancora un tornate, la cui pendenza
mi pare impossibile. Una decisione improvvisa, disperata. Freno e striscio
contro la parete rocciosa, finché la vettura vi si incastra e si blocca.
Slaccio la cintura e spalanco la portiera. Mi catapulto fuori. E scappo.
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