Sento tremare la terra sotto i piedi. Le scosse si
susseguono rapide, sempre più violente. Ho l’impressione di cadere, lotto per
mantenere l’equilibrio mentre il cuore mi martella il petto. Cerco qualcosa da
afferrare e lo trovo: è il bordo di una scrivania.
"Ha capito che cosa le ho detto,
signor Leonardi?"
Eccolo, è lui, l’uomo che mi sta di
fronte. È lui che ha innescato la slavina. Le sue parole sconsiderate,
incoscienti, hanno messo in movimento quell’ammasso di neve fradicia e pesante
che discende il pendio acquistando sempre più velocità, aumentando sempre più
di volume. E che mi travolgerà soffocandomi.
"Sto parlando con lei, signor Leonardi"
ripete l’uomo.
"Credo di aver compreso, dottor
Corti".
"E allora? Mi deve dare una
risposta".
"Perché? Perché è accaduta questa
tremenda disgrazia?"
L’uomo sbuffa. Il suo viso è arrossato.
Si toglie gli occhiali e si sfrega gli occhi. Sembra spazientito ma tenta di
non far trapelare il suo nervosismo. Non se lo può permettere nelle sua
posizione, lui è un alto papavero qui, nell’azienda. È il responsabile delle
Risorse Umane ma, soprattutto, è un sopravvissuto.
Si ricompone e inizia a spiegare con la
sua irritante voce nasale. Con ipocrita indulgenza.
"Vede, signor Leonardi, quando da
Parigi arrivano simili direttive noi non possiamo che obbedire. Il nostro
potere decisionale in merito è nullo. Non possiamo fare altro che attuare tali
disposizioni senza indugio. E questa volta, purtroppo, si tratta di un
ridimensionamento del personale, anche se loro lo definiscono un compattamento aziendale".
"È una vera sciagura" dico.
Mi sento male, soffro, credo di essere sotto choc.
"La definisca come meglio crede,
signor Leonardi. In ogni caso lei è fortunato".
"Come può essere fortunato chi è investito
da una tromba d’aria?" urlo, con le lacrime agli occhi.
"Si calmi, per favore. Le vere
tragedia sono altre".
"Quali? Quali?"
L’uomo sospira a lungo.
"Non ha letto i giornali di oggi?
Non ha visto che cosa è accaduto in Nepal? Un tremendo terremoto".
"Terremoto? Si, ho visto. Ci sono
state molte vittime. E chi è scampato ha perso tutto, proprio come me".
"Non esageri, signor Leonardi.
Comprendo il suo turbamento ma non deve drammatizzare in questo modo. Lo trovo
eccessivo".
"Tutto il mondo sta correndo in
loro aiuto. Chi aiuterà me, invece?"
"Mi stia bene a sentire. La
proposta che le ho fatto esprime tutta la benevolenza dell’azienda nei suoi
confronti. La ripeto: un bonus di sei mensilità se lei lascerà il lavoro a
partire da domani. Non avrà problemi economici nell’immediato, con tutta calma
potrà riorganizzarsi e reinventarsi, perché lei è una persona dotata di enormi
potenzialità. Ed è ancora giovane".
"Ho cinquant’anni, cazzo! Esiste
sciagura più grande dell’età che avanza?"
"Lei fino a questo momento ha
condotto una vita agiata, grazie al suo lavoro e alla nostra azienda che ha
sempre ripagato in maniera generosa il suo impegno. Si è sposato…"
"Tre anni fa ho divorziato, una
vera tragedia" lo interrompo.
L’uomo mi guarda, poi prosegue.
"Lei ha dei figli" dice.
"È come se non li avessi più. Non
vogliono più avere contatti con me, sempre per via del divorzio. Le sventure
non vengono mai sole".
"Su, non faccia la vittima. Si
tratta di normali contrattempi della vita".
A quelle parole, pacate e false, mi
sento come investito da un maremoto. Annaspo, alla ricerca d’aria.
"Contrattempi? Lei li chiama
contrattempi? Io li chiamo flagelli! E poi, mi dica, che cosa sono io se non
una vittima, la vittima del mercato?"
"Mercato? Signor Leonardi, che
cosa sta dicendo?"
"Sì, il mercato. Proprio quello
che voi esaltate tanto. Il mercato economico non è altro che una delle tante
forze della natura che, da un momento all’altro, proprio come un tifone o un
uragano, si può scatenare e abbattere qualsiasi cosa si trovi di fronte".
"Lei sta farneticando, signor
Leonardi".
E poi l’uomo continua a parlare e a
parlare ma io non lo sento più. Penso a quale sensazione si provi a essere
seppelliti da una frana. Immagino la terra inzuppata che mi riempie la bocca,
che poco per volta mi ottura le vie respiratorie fino a provocare l’asfissia.
"Signor Leonardi, sto parlando con
lei. Mi ascolti, per favore".
"Sono morto".
"La smetta, non sia infantile. Pensi
piuttosto a quegli altri disgraziati".
"Quali?"
"I migranti, quelle sì che sono
persone sfortunate. Partono verso l’ignoto, lasciandosi tutto alle spalle, per
sfuggire a guerre e persecuzioni, alla ricerca di una condizione di vita
migliore. Molti di loro purtroppo non ce la fanno, muoiono annegati, i loro
corpi dispersi per sempre. Ecco quali sono le autentiche sventure".
"Anch’io sono una vittima della
guerra".
"Ma quale guerra? Che cosa c'entra
la guerra? La smetta".
"La guerra tra le multinazionali.
E poi i migranti posseggono qualcosa che io non ho più: la speranza".
"Signor Leonardi, lei non sta
bene".
"Ha ragione, il fatto è che sono
stato colpito da una spaventosa calamità".
L’uomo sospira. Si aggiusta gli
occhiali, dà un’occhiata al voluminoso orologio d’oro che porta al polso.
"D’accordo, signor Leonardi. A
nome dell’azienda integro l’offerta, già molto munifica, che le è stata fatta.
Per due mesi avrà diritto a un supporto psicologico, tutto a spese
nostre".
"Dice sul serio?"
"Le do la mia parola".
"Grazie dottor Corti, accetto".
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