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martedì 3 aprile 2012

PASTROCCHIO ELETTORALE



Le leggi elettorali sono una cosa seria. Sono quel meccanismo molto tecnico attraverso il quale il consenso dei cittadini riguardo le opzioni politiche presentate dai partiti è trasformato in voti e poi in seggi parlamentari. Uno strumento fondamentale, essenziale per il corretto funzionamento di un sistema politico democratico.
Non esiste una legge elettorale migliore di un’altra, né sussiste una legge che possa essere considerata perfetta. L’importante è avere ben chiaro l’obiettivo che si intende raggiungere applicando l’uno o l’altro dei sistemi di traduzione della volontà degli elettori.
Tali scopi possono essere rappresentati dal privilegiare l’elemento della rappresentatività - tipico degli impianti proporzionali – oppure la governabilità – così come meglio assicurato dai sistemi maggioritari.
L’adozione di meccanismi elettorali spuri crea invece confusione e non conduce mai a buoni risultati.
La storia dei sistemi di voto adottati nel nostro Paese dalla nascita della Repubblica a oggi è assai semplice da riassumere. Nel primo dopoguerra l’esigenza, da parte delle forze politiche che avevano partecipato alla lotta di liberazione, di mantenere e consolidare la loro specifica identità (in gran parte ideologica) portò alla scelta di una legge proporzionale pura, rimasta in vigore fino ai primi Anni Novanta, quando fu approvata la legge poi denominata “Mattarellum”. Il nuovo sistema prevedeva che una quota di seggi (75%) fosse attribuita attraverso un dispositivo maggioritario e la restante parte assegnata in maniera proporzionale.
Una legge elettorale tutt’altro che inappuntabile, ma che riuscì a determinare un accettabile livello di governabilità (come mai era avvenuto in precedenza con il sistema proporzionale, quando i governi si susseguivano a un ritmo vertiginoso) e, allo stesso tempo, consentire la sana alternanza degli schieramenti al governo del Paese.
Tutto ciò fino all’anno 2005 quando, a pochi mesi dalle elezioni politiche, fu partorito il famigerato “Porcellum”, una nuova legge elettorale che la maggioranza di centro-destra in quel momento al governo si ritagliò su misura. I calcoli tuttavia si rivelarono errati, poiché Silvio Berlusconi e i suoi accoliti persero – anche se di misura – le successive elezioni; ciò nonostante quella legge-porcata (definita in tal modo proprio dal suo raffinato estensore) creò un vulnus al sistema politico italiano al quale non si è ancora riusciti a porre rimedio. Inutile illustrare in dettaglio le caratteristiche della Legge Calderoli. Basti dire, su tutto, che si tratta di una norma che consente alle segreterie di partito di “nominare” gli eletti, prevedendo essa liste bloccate di candidati e, quale diretta conseguenza, l’impossibilità per gli elettori di indicare preferenze, riservando così agli stessi un ruolo estremamente marginale.
Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro tra i principali esponenti delle forze politiche che sostengono l’esecutivo Monti. Il fine era quello di proporre un nuovo modello di legge elettorale, nonché quello di procedere, in parallelo, con una riforma istituzionale che interessa in special modo la composizione numerica e il ruolo del Parlamento. Trascuriamo di proposito quest’ultimo aspetto dal momento che, ad un anno di distanza dal termine della legislatura, tale progetto appare troppo ambizioso se rapportato alla consistenza qualitativa – scarsa – dell’attuale classe politica. Inoltre, il percorso legislativo di revisione costituzionale, indispensabile per questo tipo di riforme, è piuttosto lungo e complesso.
La legge elettorale, al contrario, può essere approvata con procedimento ordinario.
Ci si domanda che cosa sia venuto fuori, di sostanziale, dal citato vertice tra Bersani, Alfano e Casini. Niente più di un quadro assai desolante. Vediamone la ragione.
Il Popolo della Libertà uscirà di sicuro sconfitto dalle prossime consultazioni politiche. Questo è quanto affermano tutti i principali sondaggisti. La principale esigenza di questa forza politica che, non scordiamolo mai, ha quasi condotto al disastro il Paese, è pertanto quella di limitare le perdite. Un sistema elettorale come quello vigente, che attribuisce un corposo premio di maggioranza alla coalizione vincitrice, potrebbe causare al PDL danni enormi. Da ciò la necessità, per quello che rimane comunque il partito-azienda di Berlusconi, di un ritorno a una legge proporzionale, che possa consentire di avere mani libere dopo il voto e la possibilità di formare alleanze con qualsiasi altra forza politica. Un ennesimo inganno a scapito degli elettori, per i quali l’indicazione del candidato premier sulla schede (così come previsto dalla proposta di riforma) si rivelerebbe del tutto inutile, una autentica presa in giro.
Quasi la medesima analisi può essere fatta per i Centristi i quali avrebbero, come un tempo, la ghiotta opportunità di diventare l’ago della bilancia rispetto ai futuri equilibri politici (ricordiamoci dei socialisti).
Infine, inevitabile, l’ultima questione. Il passaggio a un sistema elettorale proporzionale porterebbe reali vantaggi e benefici al Partito Democratico, cioè all’unica forza politica in grado di vincere le elezioni al di là del sistema elettorale in vigore? La risposta, naturalmente, è nessuno.
È questa una ragione sufficiente per non procedere a modifiche della legge elettorale? No, assolutamente no. Il “Porcellum” è una vera indecenza, oltre che non degno di un Paese civile, e deve essere cambiato al più presto.
Altrettanto importante però è il fatto che non sia sostituito con qualcosa di ancora peggiore.
Non c’è proprio bisogno di plasmare un altro golem elettorale. 

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