È diventata la Terrona, la Puttana.
Prima è stata processata in piazza, di
fronte a una folla di militanti assetati di giustizia sommaria. Attivisti della
Lega che urlavano insulti e brandivano ridicole scope, insulso simbolo di un
falso lindore.
L’hanno definita la Nera, la Fattucchiera.
È stata gentilmente invitata ad andarsene fuori dai coglioni.
Dopo è stata giudicata dal Consiglio
Federale del proprio partito, riunito nel casermone di via Bellerio. La
sentenza era già scritta: colpevole. E così è stato, Rosi Mauro è stata
espulsa. La sua colpa più grave non è da ricondursi ai loschi maneggi con i
fondi del movimento, e neppure al suo ambiguo ruolo di responsabile del
Sindacato Padano, un’organizzazione che non esiste, bensì alla disobbedienza.
La Mauro si è rifiutata di dimettersi dall’incarico di vicepresidente del
Senato. Un ordine impartito direttamente dal Capo, l’adorato Umberto Bossi, che
invece il passo delle dimissioni lo aveva affrontato.
Rimarrà per tutti la Badante, il Capro
Espiatorio, e non avrà più alcun futuro politico.
Intendiamoci, Rosi Mauro è un personaggio
equivoco. Di minimo spessore culturale, incompetente e del tutto inadeguata all’importante
incarico che ricopre. Le sue dimissioni, più che un atto di obbedienza nei confronti
del partito, dovrebbero essere un atto di decenza rivolto a tutti i cittadini.
Analoga sorte, la messa al bando, è
toccata all’altro protagonista delle malversazioni, il fosco tesoriere Belsito,
guarda caso pure lui di origini meridionali. Pulizia etnica, innanzitutto.
E pulizia continua a invocare il sornione
e doppio Maroni, buon ministro e pessimo dirigente politico, intendendo in
realtà epurazioni e regolamenti di conti. Alla fine trionferà lui, e si
prenderà ciò che rimane della Lega. A quel punto tutta la polvere sarà stata
nascosta sotto al tappeto.
Il vecchio Bossi è finito. Ha fallito, ha
perso. Il suo partito-famiglia, nonostante l’alleanza con il partito-azienda di
Berlusconi, in tanti anni di governo non è riuscito a realizzare nessuno dei
suoi progetti. Il federalismo non c’è, le tasse per i cittadini dell’immaginaria
Padania sono aumentate sempre di più. E il suo è stato anche un fallimento
personale. Si è dovuto dimettere, ha invocato assurdi complotti; ha dovuto
ammettere, a sua discolpa, di essere stato raggirato da alcuni fedelissimi che
lui stesso aveva selezionato. É apparso sfinito nel fisico e confuso nelle
idee. Un’icona stanca e patetica, fatalmente imbalsamata nel passato. Tenuto in vita soltanto
dai ricordi dei vecchi militanti, quelli più ostinati e più fanatici. Quelli
più ottusi e ignoranti. Al vecchio Bossi è stata fatta solo una concessione:
quella di salvare il figlio, lo stolto giovane detto Trota, dalla vergogna
della radiazione.
E infine i dirigenti, quelli dentro e
quelli fuori dal famigerato Cerchio Magico. Possibile che nessuno di loro
sapesse? È credibile che i Calderoli, i Castelli, i Reguzzoni e i Bricolo non
conoscessero davvero nulla? Che non
avessero nemmeno intuito qualcosa? Gli intrighi erano talmente tanti e vistosi
da rendere inverosimile tale ipotesi. Se invece così fosse, ci troveremmo di
fronte non a esponenti politici di primo piano (alcuni di loro addirittura ex-ministri)
ma a stupidi patentati.
E il famoso Popolo del Nord? Ingannato,
preso a schiaffi, ridicolizzato da una banda di delinquenti con il culto degli
agi e del denaro, e non del dio Po.
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