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martedì 25 ottobre 2011

IL DELITTO PERFETTO



Ha inizio un’altra di quelle interminabili discussioni. Quali? Quelle che sostengo, quasi ogni giorno, con il mio amico Giulio. La nostra è un’abitudine piuttosto antica, nata tanti anni fa, quando eravamo poco più che ragazzi. Ci incontriamo, scambiamo alcuni vuoti convenevoli e poi, a turno, ognuno di noi propone un argomento di dibattito. Spesso si parla di politica, a volte di sport, di temi filosofici ed esistenziali oppure semplicemente di fatti di cronaca. I nostri confronti sono piuttosto animati, molto serrati, a volte volano addirittura parole grosse, poiché entrambi possediamo un carattere forte, e tutti e due vogliamo sempre avere ragione, pretendiamo ad ogni costo dire l’ultima parola, quella definitiva.
Oggi ho nei confronti di Giulio un piccolo vantaggio, perché è il mio turno di suggerire il tema della disputa verbale.
Con finta indifferenza, quasi con noncuranza, butto lì quelle parole, in realtà frutto di lunga e sofferta meditazione.
“A mio avviso il delitto perfetto esiste.”
Giulio sgrana gli occhi. È un po’ sorpreso, non si aspettava una tesi così banale. Tuttavia le nostre regole non scritte gli impongono di stare al gioco, di rispondere, di confutare la mia asserzione.
“Non è vero” risponde. Fin qui tutto normale. Il mio amico ha scelto un’apertura classica.
Lo seguo.
“Perché? Dimostramelo.”
“Innanzitutto dobbiamo definire che cosa si intende per delitto” dice. È prudente, mi teme.
“La soppressione violenta di una vita umana attuata con premeditazione, con l’assoluta garanzia di impunità.”
Giulio annuisce, pensieroso.
“Bene” dice. “Quindi possiamo escludere gli omicidi compiuti d’impeto, anche nel caso in cui l’assassino, per circostanze fortunose, la faccia franca?”
“Certamente. Non si può parlare di delitto perfetto in assenza di una fase progettuale. La volontà di uccidere deve essere accompagnata da intenzione e, naturalmente, da accurata preparazione.”
Le mie parole sono perentorie. Il mio amico sembra essere in difficoltà.
“Se la buona sorte può favorire la mancata punizione in un omicidio scatenato da una furia improvvisa, la sfortuna può, allo stesso modo, essere d’ostacolo nel caso di un delitto programmato” dice.
Lo guardo, soddisfatto.
“Giulio, stai tergiversando. Le tue asserzioni sono banali e finora non hai dimostrato nulla. La fortuna è essenziale in tutti gli atti della vita.”
“Hai ragione. Se però l’esecutore ha tralasciato qualcosa, anche soltanto un piccolo particolare, non si può più parlare di malasorte, ma di errore. In questo caso il presunto delitto perfetto risulterà inficiato da tale pecca per diretta responsabilità dell’autore.”
“Che ti succede, Giulio? Sei poco convincente. E, soprattutto, troppo vago. Quali possono essere questi sbagli? È chiaro che l’omicida baderà a non lasciare la minima traccia, a garantirsi una via di fuga sicura, a far sì di non essere visto, a utilizzare un’arma pulita e così via. Tutto studiato, tutto accuratamente ponderato. Il concomitante verificarsi di tutte queste condizioni, fatto tutt’altro che impossibile, gli garantirà l’esenzione dalla pena e conferirà alla sua esecuzione il sigillo di delitto perfetto.”
Giulio scuote il capo.
“La tua costruzione regge, ma soltanto a livello teorico. La fase critica del crimine, lo sai bene, è quella pratica, l’attuazione vera e propria, la sola che possiede in gran quantità fattori di imprevedibilità. E comunque, se proprio devo essere sincero, devo dirti che hai scelto un argomento di discussione alquanto noioso. Non è possibile per te dimostrare tale asserzione. Nello stesso tempo, è difficile per me riuscire a controbatterla per mezzo di elementi indiscutibili. Ti propongo una patta.”
Osservo il mio amico, il suo atteggiamento un po’ strafottente, il suo sorriso beffardo.
“Invece ti proverò che ho ragione!” affermo.
“Insisti? Basta!”
A quel punto estraggo la pistola, un lucido arnese dispensatore di morte. La punto contro Giulio e poi premo il grilletto tre volte, in rapida successione, a bruciapelo. Lui crolla senza un lamento.
Mi allontano.
Cari lettori, avete avuto il raro privilegio di assistere a un delitto perfetto. Come dite? C’erano dei testimoni? E chi sarebbero questi testimoni, voi?
Non fatemi ridere. Voi non avete visto nulla, voi non siete a conoscenza di nulla! Non sapete chi sono, come mi chiamo, non sapete neppure se sono un uomo o una donna. Non conoscete il luogo del delitto. Una strada? Una stanza? E Giulio, il povero Giulio, è davvero quello il suo nome?
Cari lettori, il delitto perfetto esiste. L’ho dimostrato, e ho vinto, per la prima volta ho vinto.

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