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domenica 19 giugno 2011

VUOTO




Quando l’uomo si sveglia la prima luce del mattino filtra, ancora incerta, attraverso le persiane socchiuse. Si alza a sedere sul letto, rivolge uno sguardo alla donna che è addormentata e distesa accanto a lui, poi si alza ed esce dalla stanza. Cammina per un tratto nel corridoio semibuio e si dirige verso il bagno. Impugna la maniglia, la abbassa e spinge, come fa sempre, come fanno tutti, ma la porta offre resistenza, come se dall’altra parte ci fosse qualcuno che si sta opponendo con un piede. L’uomo, sbalordito e impressionato percepisce, proprio mentre esercita una maggiore forza, la brusca accelerazione dei battiti del suo cuore. La porta si spalanca all’improvviso, l’uomo piomba nel bagno, quasi cade. Guarda ovunque - l’ambiente è talmente piccolo! - ma non vede nessuno. Allora, finalmente, si calma. Forse, per qualche oscura ragione, la porta era rimasta semplicemente incastrata. L’uomo urina, con soddisfazione – la pressione della vescica stava diventando davvero fastidiosa – quindi si pone di fronte al lavabo, si deterge con cura le mani e si rinfresca il viso. Quando, alla fine, si solleva e si osserva allo specchio, emette un gemito soffocato. Dietro di lui - lo scorge attraverso il riflesso – c’è…
No, non si tratta di un essere mostruoso, demoniaco e ancor meno di uno spettro, un fantasma. Tuttavia, è come se lo fosse, tale è il suo effetto.
È un individuo di bassa statura, vestito in modo semplice: una camicia a quadri, di tessuto pesante, pantaloni da lavoro, grossi scarponi infangati. Di sicuro non è più tanto giovane perché i suoi capelli – pochi per la verità e disposti tutti ai lati del capo – sono grigi e le rughe sono  piuttosto marcate. L’espressione tratteggiata sul suo volto è mite, bonaria.
Ma che importa tutto ciò all’uomo allo specchio? Sentendosi mancare – perché adesso il suo cuore ha mancato almeno due battiti – si volta stringendosi la faccia con le mani, i capelli ritti sul capo, completamente in preda al terrore. Quella apparizione, però, è scomparsa. Quella banale figura – un contadino, forse? – non c’è più. È rimasta solo la paura e allora l’uomo, che sta per mettersi a piangere, va verso la finestra e la apre, per respirare una boccata d’aria. Si sporge, ansimante, ma attorno e sotto di lui non vede nulla. Non c’è il cielo, non ci sono gli alberi, non c’è più neppure la strada, né le automobili. Non c’è nulla. C’è il nulla.
Adesso l’uomo urla, urla e urla.
Per tentare di riempire il vuoto.

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