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mercoledì 15 giugno 2011

LEGA FLOP




L’esito della doppia consultazione elettorale (amministrative e referendum) ha fornito una chiara indicazione: se non si sa bene chi ha veramente vinto – centrosinistra, partiti più estremi, singoli esponenti politici, società civile, popolo della rete o semplice buon senso? – si sa con certezza chi invece ha perso: il Popolo della Libertà (Berlusconi in primis) e la Lega Nord.
Proprio dal movimento di Bossi – all’interno del quale si auspicava, nello scenario peggiore, almeno in un travaso di voti dal Pdl che non c’è stato - si attende ora la prossima mossa, che potrebbe essere determinante per le sorti del governo. Ne sapremo forse di più dopo il raduno di Pontida. La Lega ha infatti la possibilità, l’opzione, di mantenere in vita l’esecutivo, di decretarne la fine immediata oppure, come è stato fatto fino a questo momento, di vivacchiare anche se, come ha ricordato qualcuno “tirare a campare conduce a tirare le cuoia”. Infatti si è visto quanto quest’ultima scelta, per la Lega, non abbia affatto pagato: ha provocato una crescente disaffezione da parte dei propri votanti, culminata nella sconfitta elettorale; ha prodotto spaccature e divisioni tra i dirigenti del partito e, per la prima volta, seppure in maniera timorosa, è stata messa in discussione addirittura la leadership dello stesso Bossi, ritenuto da alcuni mal indirizzato e consigliato, da altri in una condizione di confusione e privo di una precisa strategia politica. Tra l’altro, e ciò non avveniva da tempo, si è riproposto l’antagonismo tra l’anima veneta della Lega e quella lombarda (emblematica in tal senso la disobbedienza del governatore Zaia sui referendum) e, attualmente, l’unico esponente di spicco del partito che sembra in grado di poter dialogare con entrambe le posizioni è il ministro Maroni, guarda caso uno dei “colonnelli” leghisti più accreditati per la successione di Bossi.
Quali alternative ha dunque di fronte la Lega per garantire la propria sopravvivenza? In realtà ne ha una sola – che tuttavia difficilmente sarà attuata – vale a dire quella di sciogliersi dall’abbraccio mortale con Berlusconi. In fondo, è ciò che chiede da tempo la maggioranza dei militanti ma che, probabilmente, l’attuale classe dirigente del movimento non è in condizione di realizzare: troppi sono ormai gli intrecci e gli obblighi di riconoscenza nei confronti del Satrapo di Arcore.
Alla fine cadranno insieme, e forse è giusto che sia così, perché ognuno ha la sua parte di colpe e di responsabilità.

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