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venerdì 10 giugno 2011

UN SORSO D'ACQUA



Fa caldo, molto caldo, eppure l’estate è appena iniziata. L’uomo percorre l’ampio viale con passo stanco, strascicato. Ha cercato rifugio sotto i grandi platani, inseguendo un possibile refrigerio, rincorrendo una vana, illusoria impressione di fresco che invece non ha affatto trovato. Gli alberi, alti e immobili, lo guardano dall’alto verso il basso, spossati pure loro, e spendono tutte le loro residue energie nel tentativo disperato di succhiare dal terreno arido tutta l’umidità possibile. Le loro foglie, assetate, sono opache e ricoperte di una sottile polvere bianca.
E l’uomo avanza, con il suo vestito grigio, di stoffa leggera, con la cravatta slacciata, impugnando il manico di una logora borsa di pelle. All’improvviso, proprio in fondo al viale, intravede una fontanella per l’acqua. Un miraggio, pensa, è di sicuro un miraggio. L’eccessiva calura, la disidratazione, possono giocare un brutto scherzo anche se non si è in mezzo a un deserto, ma in città. La sensazione di sete aumenta, diventa insopportabile, le fauci si seccano sempre più.
Eppure l’uomo procede finché la sua perseveranza non è premiata: la fontanella non è una visione dovuta allo sfinimento, esiste davvero, è reale. L’uomo, confortato nello spirito se non ancora nel corpo, accelera il passo, la raggiunge. Accecato dal desiderio di bere, solo all’ultimo momento si accorge che, vicino all’agognata fonte, ritta in piedi, c’è una persona.
Si tratta di in individuo giovane, dalla corporatura massiccia e possente. Indossa una divisa: pantaloni neri, stretti, con una banda gialla e una camicia azzurra con le maniche corte. Una rapida occhiata e poi l’uomo lo ignora, posa a terra la valigetta, si abbassa verso il potente getto d’acqua con le mani già protese a coppa, la gola pronta ad accogliere quel provvidenziale fiotto refrigerante. Ma una enorme mano lo blocca e gli impedisce di avvicinarsi alla sospirata fontanella.
“Alt!” dice l’uomo in divisa. Il suo tono è fermo ma gentile. “Mi scusi, quanti sorsi?” aggiunge.
L’uomo strabuzza gli occhi, stupito, meravigliato.
“Eh?”
“Mi deve comunicare quanti sorsi d’acqua intende bere. Così le posso fare la ricevuta, dopo che avrà pagato, naturalmente.” L’uomo in divisa accenna un sorriso.
“Ma che sta dicendo? Si sposti e mi lasci bere, l’acqua è di tutti!”
“Mi spiace contraddirla, ma l’acqua era di tutti. Adesso non è più così.”
“Basta! Se ne vada che devo bere. Ho sete, molta sete.”
“Capisco, signore. Il caldo è notevole. Potrà bere al più presto appena avremo regolato…”
L’uomo con la borsa perde le staffe e si mette a urlare.
“Viaaaa! Si tolga dai piedi! Come si permette? Chi è lei?”
L’uomo in divisa non si scompone. Dal taschino della camicia estrae un tesserino plastificato. Lo esibisce.
“Sono un guardiano dell’acqua. Questa fontanella è gestita dalla società per cui lavoro, una società che ha fatto enormi investimenti nel settore e che non può permettersi che l’acqua sia sottratta in modo fraudolento. Quest’acqua è privata, tanto per intenderci. Se le interessa, sono cinquanta centesimi a sorsata.” Il tono di voce dell’uomo in divisa adesso è più duro.
“Si tolga dai piedi!” ribatte l’altro, infuriato. E si getta verso la fontanella.
La guardia reagisce con prontezza. Si scaglia contro di lui, lo atterra con una abile mossa, gli appoggia uno scarpone sulla schiena, gli afferra le braccia e gliele imprigiona con delle manette che sono spuntate tra le sue mani come per magia.
“Mi lasci…” dice l’uomo con un filo di voce. È annientato, con la bocca appoggiata sul selciato. Ingoia un po’ di sabbia, che va a tormentare ancora di più la sua gola riarsa.
La guardia tira fuori un cellulare e compone un numero.
“Ho chiamato la polizia. Lei sarà arrestato, perché ha commesso un reato molto grave. Ha cercato di rubare dell’acqua” Il suo tono adesso è ridiventato pacato, sereno. Sembra quasi dispiaciuto.
“Mi scusi, sto soltanto facendo il mio dovere” aggiunge.
L’uomo è a terra, disperato. In lontananza, si sente il rumore delle sirene della polizia.
“Ma io non sapevo…” cerca di giustificarsi.
“Mi scusi, posso farle una domanda?” chiede la guardia.
“S-s-sì…” risponde l’altro, sempre più attonito.
“Lei come ha votato al referendum sull’acqua? Sa, è una mia personale curiosità.”
“Il referendum? Non so. Ricordo soltanto che non mi ero informato molto. Comunque, credo di avere votato a favore della privatizzazione.”
“Ah! La ringrazio, signore.”
  

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