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lunedì 20 giugno 2011

KRISTOS VERITAS




Per una giovane giornalista come me si tratta di un’occasione unica e irripetibile. La soffiata del mio amico è arrivata al momento giusto e adesso sono qui, di fronte a questo grande e lussuoso albergo, e aspetto. Eccolo, è lui , sta uscendo proprio adesso, in compagnia del suo inseparabile cagnetto. Gli corro incontro e lo intercetto. Lui si ferma e mi guarda, per nulla sorpreso.
“Non mi racconti che è una mia ammiratrice, perché non ci crederei” dice. La sua voce è calda e melodiosa, proprio come la ricordavo dai suoi interventi , rari, in televisione. Tuttavia, mi sento presa in contropiede e tardo un po’ a reagire.
“Professore, diciamo che sono anche una sua ammiratrice” rispondo, imbarazzata.
Lui annuisce.
“Giornalista, vero?” domanda. Anzi, afferma.
Confesso, mortificata.
“Posso rivolgerle ugualmente qualche domanda?” riesco comunque a chiedere.
“Se non le spiace camminare… Sa, Polly ha bisogno di fare del moto.”
“Si chiama Polly?” chiedo, stupidamente, indicando il piccolo cane dall’aria antipatica.
“Il suo vero nome è Pollution, ma io lo chiamo Polly.”
“Ah, capisco” dico.
Poi il professore si arresta di botto. Polly si sistema nella giusta posizione e inonda il marciapiede di escrementi. Dopo un attimo il professore, indifferente, riprende il cammino. So che non dovrei farlo, ma non riesco proprio a resistere e allora parlo.
“Professore, mi scusi, non raccoglie la…”
Mi fulmina con lo sguardo.
“Si riferisce alle deiezioni canine? Vorrebbe forse che io prendessi un sacchetto di plastica e lo riempissi merda? Per poi buttare il tutto in un cestino? Per chi mi ha preso, per un inquinatore?” Si volta dall’altra parte, sdegnato.
Sono mortificata. Non avrei dovuto fare una domanda simile al  professor Kristos Veritas, luminare americano di origine greca,  il massimo esperto mondiale di smaltimento di rifiuti nonché di energie rinnovabili e alternative. Uno scienziato totale, come si usa dire oggi, un prestigioso premio Nobel.
Lui nota il mio avvilimento. Accenna un sorriso.
“Si tratta di composti organici, chi meglio del sole, della pioggia e del vento li può smaltire?” dice.
Non posso che acconsentire. Dopotutto, lo specialista è lui.
“Professore, che mi può dire delle fonti di energia rinnovabili? L’energia solare, quella eolica, rappresentano davvero il nostro futuro?” domando, timorosa.
“Non esistono.”
“Eh?”
“Tutte balle! Tutta roba costosa, insufficiente e, soprattutto, altamente inquinante. Ha mai provato a smaltire un pannello solare? Guardi, proprio non glielo auguro!”
Sono sbalordita.
“Ma… allora… le sue ricerche…”
“Ah, quelle! Servono soltanto per ottenere riconoscimenti accademici, partecipare a convegni in tutto il mondo e alloggiare in alberghi di lusso.”
Le sue risposte mi sconcertano. Perché sta dicendo proprio a me queste cose? Comunque, insisto.
“Ma il fabbisogno energetico…”
“Carbone! Carbone, petrolio e gas. Finché ce n’è, naturalmente, poi si vedrà”
“Si tratta di combustibili molto inquinanti! Così distruggeremo il pianeta!” protesto, indignata.
“No, non lo distruggeremo noi, lo distruggeranno loro.”
“Loro chi?”
“Le economie in via di sviluppo, e noi non possiamo fare nulla per impedirlo. In fondo, è un loro diritto. Noi, per molto tempo, abbiamo dato un decisivo contributo a tale devastazione. Adesso tocca a loro completare l’opera. Sono sicuro che se la caveranno molto bene.”
Il professor Veritas sembra compiaciuto.
“Dobbiamo fermarli!” quasi urlo.
“Vuole forse avere sulla coscienza miliardi di vite umane? Morirebbero tutti di fame, non c’è dubbio.”
“Il mondo finirà! Ci sarà una catastrofe globale!” mi ostino.
Il professor Veritas scoppia in una fragorosa risata. Piegato in due, si da grandi manate sulla coscia e picchia il piede destro a terra. Il suo cagnetto lo guarda e pare divertito pure lui. Poi si calma.
“Né io, né lei, che pure è molto giovane, assisteremo a tale disastro. Quindi, perché mai dovremmo preoccuparci?”
“Ma… i miei figli… i miei nipoti…”
“Le assicuro che non toccherà neppure a loro. In quanto ai suoi pro-pro-nipoti lei non avrà mai modo di conoscerli. E allora, perché mai dovremmo angustiarci per dei perfetti sconosciuti?”
Sono senza parole ma, allo stesso tempo, sono anche turbata e molto irritata. Eppure, so che il professor Veritas ha ragione.
“La stessa cosa vale pure per l’inquinamento?” domando con un filo di voce.
“Certo! Come lei sa, io ho studiato messo a punto dei sistemi per la raccolta differenziata. Be’… grazie a loro ho ricevuto il Nobel. Tuttavia…”
“Tuttavia?” lo incoraggio.
“Senta, nessuno ha il coraggio di ammettere ciò che sto per dirle.”
“Vale a dire?”
“Tutti si pavoneggiano con tali sistemi di avanguardia ma in realtà non interessano a nessuno. Il collasso ambientale  è un  problema che è percepito come troppo lontano nel tempo. Mi creda, non c’è niente da fare.” Il professore scuote le spalle.
Mi gioco l’ultima carta.
“E se tutti noi decidessimo, per salvare il pianeta, di cambiare il nostro modo di vivere. Di rinunciare a quasi tutto?”
Kristos Veritas mi rivolge uno sguardo intenso, che mi intimidisce.
“Ho sentito bene? Lei ha detto rinunciare a quasi tutto?” domanda.
Poi scoppia di nuovo a ridere. Più forte di prima.

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