Powered By Blogger

lunedì 27 giugno 2011

IL COMODINO


Quando bussarono alla porta erano le sette del mattino. Era inverno, faceva molto freddo e fuori era ancora buio. Alcuni giorni prima aveva nevicato, e la sottile coltre di neve si era ben presto trasformata in ghiaccio. Mi ero svegliato presto perché, nonostante il tempo inclemente, dovevo uscire per un impegno di lavoro. Oltre a me, nella casa nessun altro era in piedi. Mentre aspettavo che fosse pronto il caffè avevo sentito quei colpi concitati sull’uscio. Chi poteva essere? Qualcuno che aveva bisogno di aiuto? Che era rimasto con l’auto in panne? Un po’ in ansia, mi infilai un maglione e scesi a piano terra.
“Chi è?” domandai.
Nessuna risposta. Allora mi decisi ad aprire. E rimasi sbalordito.
“Zia, sei tu? Perché non mi hai risposto?”
“Sono troppo agitata, fammi entrare!”
Spalancai la porta e lei si precipitò in casa. Notai che era vestita con un abito leggero, anche se si era buttata sulle spalle una mantella di lana. Che cosa l’aveva spinta a uscire di casa in maniera così frettolosa? Tra l’altro, notai che appariva molto spaventata. E il suo viso era cereo. Zia Lina era la sorella maggiore di mio padre. Vedova ormai da tanti anni, senza figli, viveva da sola in una casetta in fondo alla borgata. Le sue giornate erano scandite dalla messa mattutina, dalla quotidiana visita al cimitero e da tutti gli altri riti religiosi che, lo ammetto, non conoscevo nei dettagli.
La accompagnai di sopra pronunciando alcune parole a caso, nel vano tentativo di rassicurarla. Soltanto quando si fosse calmata un po’ le avrei finalmente domandato che cosa l’avesse scossa in quel modo. La feci accomodare sul divano e lei mi ringraziò, a gesti.
“Vuoi qualcosa da bere? Acqua? Qualcosa di caldo?” le chiesi.
Lei si limitò a scuotere il capo in modo energico, poi mi fece cenno di sedermi accanto a lei. Lo feci e, proprio stavo per aprire la bocca allo scopo di esaudire la mia crescente curiosità, fu lei a parlare.
“Non c’è più! Mi sono svegliata e non l’ho più visto! Ho guardato bene, ma è sparito!” disse, in tono esagitato.
“Calma, zia. Chi è scomparso, Lucky?” Si trattava del suo cane.
Lei fece segno di no con il dito.
“Allora, vuoi dirmi che cosa è accaduto? Altrimenti non posso aiutarti. Vuoi che svegli papà?”
“No, lascialo dormire, tanto non potrebbe fare nulla. E non puoi fare niente neppure tu.”
“Insomma, vuoi raccontare con calma? Dall’inizio, se possibile?”
Lei annuì.
“Ieri sera sono andata a dormire” disse, e poi si bloccò:
“Quindi?” cercai di incoraggiarla a proseguire.
“Era tutto a posto, tutto come sempre.”
“E poi?”
“Stamattina, alle sei, mi sono svegliata, e lui era scomparso” disse, tutto d’un fiato.
“Scusa, fammi capire. Lui chi? A chi ti riferisci?” chiesi, ormai impaziente.
“Il comodino” disse.
“Aspetta, vuoi dire che qualcuno ha portato via il comodino mentre tu dormivi?”
“No, in casa non è entrato nessuno. È scomparso, e basta.”
“Sei sicura?”
“Guarda che non sono mica pazza.”
“Non volevo dire questo. Forse hai soltanto sognato.”
“E allora perché il comodino non c’è più?”
A quel punto stavo per impazzire io. Presi una decisione.
“Zia, dammi le chiavi di casa tua e, mentre tu stai qui a riscaldarti e a tranquillizzarti, io vado a dare un’occhiata.”
Lei, ubbidiente, mi porse le chiavi. Mi infilai un paio di scarpe e uscii. Raggiungi in pochi minuti l’abitazione di zia Lena, entrai e mi diressi subito nella stanza da letto. Il comodino, l’unico presente nella camera almeno fino al giorno prima, non c’era più. Aveva ragione lei, era davvero sparito.
Che cosa accadde dopo? Be’, che ci crediate o no, la notte successiva scomparve il letto della zia. Sapete, a distanza di tempo da quegli strani avvenimenti mi piace pensare che la scomparsa di zia Lena non sia stata direttamente legata a quella del suo letto. Forse capitò semplicemente perché lei, in quell’attimo, poiché ritengo si sia trattato di un attimo, vi era coricata sopra.

Nessun commento:

Posta un commento