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mercoledì 4 settembre 2024

LA CHIAVE (Prima parte)


I locali della piccola gendarmeria si animarono all’improvviso.

Il piantone fece irruzione, trafelato, nell’ufficio del comandante, il colonnello Max Frisch.

“Ehi! Che succede?” disse l’ufficiale, sollevando il volto da un’alta pila di carte.

La guardia deglutì, poi si sistemò sull’attenti di fronte all’enorme scrivania.

“Chiedo scusa, comandante. C’è un uomo che desidera incontrarla, subito.”

“Chi è?”

L’altro alzò le spalle, desolato, e solo un istante dopo si rese conto che quel suo gesto poteva apparire poco marziale. Chiese di nuovo scusa.

“Non ha voluto presentarsi” aggiunse. “Comunque si tratta di uno di loro.”

Max Frisch, un uomo non più giovane, con la pelle del viso di color rosso acceso che contrastava con i capelli grigi, irti e corti, sospirò. Poi, con un gesto di stizza inconsueto per lui, l'uomo era dotato di grande autocontrollo, scagliò la penna con violenza sul piano del tavolo.

“Va bene, lo riceverò. Lo faccia entrare.”

La guardia salutò, con enfasi eccessiva, e uscì.

Subito dopo fu introdotto nell’ufficio del comandante un uomo molto grasso, vestito con un semplice abito scuro. Sul bavero della sua giacca spiccava, per la sua brillantezza, un minuscolo crocifisso d’argento. L’espressione del viso di quel singolare individuo era piuttosto giovale. Strinse la mano al colonnello e poi si accomodò di fronte a lui, sempre sorridendo. Si presentò.

“Un vescovo!” esclamò il colonnello. “Non avevo mai avuto il privilegio di incontrarla, prima d’ora. Presumo che lei non abbia mai prestato la sua opera in sede. Finora, almeno.”

“Esatto. Di solito i miei incarichi mi portano in giro per il mondo. Pochi giorni fa sono stato richiamato qui, e lei può ben immaginare da chi” disse l’altro, senza nascondere un certo compiacimento.

Frisch assentì, anche se in realtà non aveva ben compreso.

“In che cosa posso essere utile?” domandò.

Il vescovo scoppiò in una fragorosa risata.

“Mi scusi, colonnello, forse mi sono espresso in maniera non sufficientemente chiara. Lei da questo momento sarà ai miei ordini, fino al termine del procedimento giudiziario.”

Il vescovo porse al comandante un plico, estratto a fatica dalla tasca interna della giacca. L’altro esaminò a lungo il carteggio, annuì, poi impallidì.

“Si tratta dell’uomo del Santo Padre? Il maggiordomo?”

Il vescovo annuuì, sfoggiando un ennesimo sorriso.

“Vede, Eccellenza” proseguì Frisch. “La fase istruttoria è praticamente terminata. L’indagato, nel corso di tutti gli interrogatori ai quali è stato sottoposto, ha sempre negato ogni addebito. Inoltre, non siamo riusciti a raccogliere prove sufficienti a suffragare le accuse formulate nei suoi confronti. Al processo sarà inevitabile un verdetto di assoluzione. Sa, dopo tutto questo tempo mi sto convincendo anch’io che quell’uomo possa essere davvero innocente. Una vittima, probabilmente, alla mercé di qualcuno che lo ha utilizzato a sua completa insaputa. E che sta molto in alto.”

Il vescovo scosse con violenza il capo, senza però perdere la sua espressione bonaria.

“Ho l’impressione che lei si sbagli, colonnello.”

Il suo interlocutore scrollò le spalle, in segno di impotenza.

“Desidero interrogare il prigioniero di persona” disse l’alto prelato. “Immediatamente.”

“Il prigioniero?” domandò Frisch, incredulo.

Pedro Guerrero, perché era questo il nome con il quale il corpulento vescovo si era presentato, eluse la domanda.

“Faccia portare subito quell’uomo nella stanza” disse invece. Il suo era un ordine.

“Intende dire qui?”

“Colonnello, forse non ci siamo intesi. Mi riferisco a quella stanza.”

“Impossibile!” sbottò l’ufficiale. “Non è più utilizzata da… da…”

“Tale particolare non ha nessuna importanza. Esegua ciò che le ho detto, comandante.”

“Ma… noi non possediamo neppure la chiave. Quella stanza è…”

Il vescovo frugò in una tasca dei larghi pantaloni.

“Si riferisce a questa?” domandò, sorridente. Poi posò sul piano della scrivania una grossa chiave di bronzo.

Il colonnello Frisch era impietrito.

“Come se l’è procurata?” mormorò.

“L’ho avuta da lui, naturalmente. E lei sa bene a chi mi riferisco.”

“Mi scusi, Eccellenza” disse allora il comandante, prima di uscire dall’ufficio. Dopo aver impartito le necessarie istruzioni ritornò e pregò il vescovo Guerrero di seguirlo.

“I miei uomini, con l’accusato, ci aspettano di sotto."


                                                                                                              (continua)

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