"Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli".
Lo
aveva detto, e lo aveva fatto. Non come quell’altro, quello pelato, che tanti
anni prima aveva proferito la medesima minaccia ma non l’aveva attuata, anche
se poi si era macchiato di nefandezze ben peggiori. A modo loro, si tratta
comunque di due sbruffoni, di due pericolosi gradassi. In ogni caso tocca a me
affrontare quest’ultimo, l’attore riccioluto.
Percorro
a piedi le vie della Città Eterna che, come sempre, pare indifferente alle
miserie umane. Ne ha viste troppe ormai, ha perso la capacità di stupirsi,
preferisce sonnecchiare in paziente attesa che anche ciò che sta accadendo in
questi giorni cupi trascorra e si trasformi con rapidità in storia.
Cammino
da solo, privo di scorta, perché non l’ho mai voluta e ora comunque non l’avrei
più. Nessuna persona amica mi accompagna. Tra i passanti che incrocio, tra
quelli che mi riconoscono, colgo sguardi di ostilità, quando non sono di odio
puro. Eppure non ho fatto nulla di male. Al contrario, i miei propositi erano
positivi, sono sicuro che avrei potuto dare il mio significativo contributo
alla rinascita di questa nazione disgraziata. Lo giuro, la mia non era soltanto
ambizione sfrenata. Certamente c’era pure quella, non lo nascondo, ma ho sempre
nutrito grande fiducia nelle mie capacità, non vedevo l’ora di mettermi alla
prova. Non ne ho avuto il tempo, perché tutto è accaduto così in fretta, in
maniera del tutto imprevedibile, che anch’io, che mi sono sempre vantato di
vivere a velocità doppia rispetto a tutti gli altri, ne sono stato dapprima
sorpreso e poi travolto.
Tengo
gli occhi bassi, non voglio che la mia espressione, di solito un po’ sfrontata,
possa apparire come una provocazione. Ignoro gli insulti che mi vengono rivolti
e tiro dritto.
"Stronzo!"
"Sei un pezzo di merda!"
"Vattene a casa!"
"Vaffanculo!"
Mi
avvicino alla sede del partito, dove mi staranno tutti aspettando. È in
quell’edificio che adesso si riunisce il governo, il mio governo, quello che è
durato un solo giorno. Che nessuno sa se sia ancora in carica o meno. A me
piace pensare che lo sia ancora, anche se ciò rappresenta più che altro
un’illusione.
Di
fronte al palazzo ci sono due poliziotti. Hanno le giubbe slacciate, parlano e
fumano. Il loro atteggiamento è rilassato e strafottente. So bene che, se ci
fossero dei disordini, non interverrebbero. Proprio ieri sera un gruppo di
scalmanati ha tentato di occupare la sede del partito e la polizia non si è
intromessa. Gli agenti sono rimasti a guardare. Se non fosse stato per i nostri
ragazzi, quelli del nostro servizio d’ordine improvvisato, ora non avremmo
neppure un luogo dove riunirci. Saremmo ridotti alla clandestinità.
"Tanto
non siete stati eletti! Che volete?" direbbero i cittadini, ormai
trasformati in un branco di esaltati, di minacciosi fanatici.
All’ingresso
ci sono due robusti giovanotti. Mi riconoscono, mi fanno un cenno di saluto e
mi permettono di entrare. I loro sguardi sono affranti, quasi rassegnati.
(Continua)
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