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sabato 16 luglio 2016

LA SCOMPARSA - 4° PUNTATA


Frank Saturnio indossa un impermeabile che gli arriva fino ai piedi, un vistoso cappello, afferra l'enorme ombrello ed esce, ad affrontare le intemperie e a compiere il suo dovere.
Tom Pozzo, pensieroso, si accende una sigaretta e poi la spegne quasi subito. Esce anche lui.
Fuori è praticamente buio e la pioggia, se possibile, è ancora aumentata di intensità rispetto al giorno precedente. L'acqua, che cade al suolo in scrosci sempre più violenti, cattivi, si insinua nelle fessure dei marciapiedi, le allarga frantumando il cemento. Sui muri dei palazzi strisciano lente grosse e oscene lumache di colore scuro. L'aria odora di muffa e di marcio. Dopo pochi passi il detective si ritrova con le scarpe che scricchiolano, il fondo dei calzoni inzuppato, i capelli incollati al cranio. Vagando quasi alla cieca in quell'inferno d'acqua, con le braccia protese nel tentativo di difendersi dalla liquida e fredda aggressione, Tom Pozzo intravede una targa di metallo: Scuola Media Altiero Spinelli. Potrebbe essere una buona pista, riflette, e comunque un buon riparo. Senza indugio entra nell'edificio scolastico. L'enorme atrio è deserto. Sgocciolando acqua sporca sul pavimento e lasciando dietro di sé una evidente traccia Tom Pozzo si dirige verso un bidello solitario accomodato in un angolo su una seggiolina. L'uomo, piuttosto anziano, indossa un grembiule nero e delle pantofole di feltro e sta sonnecchiando. Tom Pozzo non esita a interrompere il suo sonno.
Il bidello si stropiccia gli occhi.
"Mi dica".
"Vorrei parlare con un insegnante di educazione civica" dice il detective.
"Uh? Le lezioni sono in corso. Se vuole, la posso accompagnare in segreteria".
"Va bene, nonno. Andiamo".
In segreteria Tom Pozzo è ricevuto da una donna con occhi da gufo.
"Un professore di educazione civica?" dice divertita. "Quella materia non si insegna più da almeno vent'anni!"
"Ehi, guardi che non c'è niente da ridere. Sono un investigatore privato impegnato in una indagine molto delicata. Voglio parlare con il preside".
La donna, un po' infastidita dai modo bruschi di Tom Pozzo, fa una breve telefonata.
"Ha detto che la può ricevere. Prima porta a destra".
Il professor Borghi, preside e insegnante di lettere, è seduto dietro una enorme scrivania di noce. Corpulento, calvo, con la pelle del viso butterata e occhiali dalle lenti spesse. Sorride.
"Si accomodi. In cosa posso essere utile?"
Tom Pozzo si siede e subito il suo culo bagnato si incolla alla poltrona. Spiega a grandi linee i motivi della sua visita, omettendo soltanto alcuni particolari. Il preside, comunque, sembra collaborativo e disponibile.
"Che cosa vuole sapere?" chiede alla fine.
"Lo conosce?" domanda Tom Pozzo. Il professor Borghi annuisce.
"Sì, lo conoscono quasi tutti".
"Quando l'ha visto l'ultima volta?"
Il preside si schiarisce la voce.
"L'ho conosciuto quando ero ragazzo. Ero uno studente, e frequentavo proprio questa scuola, anche se allora l'istituto aveva un altro nome. Si parlava sempre di lui, quasi tutti i giorni. Insomma, era come se fosse sempre tra noi. In seguito ne ha fatta di strada, è diventato sempre più forte, sempre più potente, più grosso anche fisicamente, eppure..."
"Eppure?"
"Abbiamo iniziato a sentirlo distante, come se non fosse più tra noi ma sopra di noi, capisce?"
"Sì, è la stessa sensazione che ho provato anch'io poco alla volta" risponde il detective.
"Sapevamo che continuava a esserci, ma era diventato quasi un nemico. Il suo impulso idealista era terminato, era diventato troppo concreto, eccessivamente pragmatico. Una materialità che ci infastidiva, soprattutto quando diventava impositiva oltre misura. In ogni caso continuavamo a essere molto affezionati a lui, speravamo che potesse cambiare e tornare a essere di nuovo quello di una volta, quello che ci aveva fatto sognare".
"Non ha risposto alla mia domanda. Quando l'ha visto l'ultima volta?"
"Uh? Sa, non ricordo bene. Potrebbe essere qualche mese fa. Oppure qualche anno. Mi dispiace, su questo non posso essere d'aiuto. Il fatto è che a un certo punto ci siamo come abituati alla sua assenza, e non so quando ciò sia avvenuto".
Tom Pozzo, con fatica, riesce a scollare le terga dalla sedia. Si alza e stringe la mano al preside.
"La ringrazio, professore".
"Non c'è di che. Mi raccomando, faccia di tutto per ritrovarlo, abbiamo tanto bisogno di lui".
"Lo troverò" afferma deciso Tom Pozzo prima di andarsene. Dopo pochi istanti è di ritorno.
"Le posso chiedere ancora una cosa?"
"Certo".
"Potrebbe prestarmi un ombrello?"
Pare impossibile, ma l'intensità della pioggia è ancora aumentata. Adesso è torrenziale. Le strade del centro sono adesso veri e propri ruscelli. I tombini ingoiano l'acqua per risputarla subito dopo. Le auto avanzano a fatica sulla carreggiata trasformata nella corsia di una piscina. I pochi passanti imbracciano gli ombrelli come se fossero scudi.
Tom Pozzo trova rifugio in un androne. Appoggia a terra il parapioggia, infila la mano in tasca ed estrae il cellulare. L'apparecchio è bagnato, quasi quanto quella volta che gli è caduto nella tazza del cesso, comunque funziona ancora. Digita un numero.
"Frank, ci sei?"
"Buongiorno, capo. Come va?"
"So io come va, Frank. Che cosa sta facendo il nostro stambecco?"
"Continua a pescare, mentre io sono completamente fradicio. L'ombrello non regge più".
"Taglia corto, Frank. Non essere prolisso".
"D'accordo, capo. Stavo dicendo che il tipo ha preso un sacco pesci, quelli di internet avevano ragione".
"Chi sarebbero quelli di internet, Frank?"
"Eh? Non lo so, capo".
"Va bene, dunque ha preso molti pesci, ma mai quanti ne prenderà oggi la sua signora. Dico bene, Frank?"
"Certo, capo".
"Prosegui l'appostamento. Se ho bisogno di te ti chiamo".
"Tanto non mi chiami mai".
"Che hai detto, Frank?"
"Niente, capo".
"Buon per te. Adesso farò un salto alla moschea".
"Ottimo, capo. Gli islamici, in un modo o nell'altro, c'entrano sempre".
"Frank, fai schifo".
Tom Pozzo decide di ributtarsi in strada ma, quando cerca l'ombrello, non lo trova più.
"Cazzo, me l'hanno fottuto!"
Imprecando ad alta voce, l'investigatore si rialza il bavero del giaccone intriso d'acqua e torna a sfidare il diluvio. Quando arriva alla moschea sembra essere appena scampato a un naufragio. Senza indugio entra nell'edificio, un vecchio capannone riadattato. Quasi subito un ometto con una folta barba gli sbarra la strada.
"Desidera, signore?"
"Sono un investigatore privato. Voglio parlare con l'imam".
"Sono io".
"Bene".
"Mi dispiace ma la moschea in questo momento è chiusa".
"Meglio, così nessuno ci romperà le palle".
Il religioso barbuto alza gli occhi al cielo.
"Venga e si tolga le scarpe".
Tom Pozzo sfila i mocassini fetenti e pieni d'acqua fangosa. Dai calzini bucati e fradici proviene un penetrante olezzo di fogna. L'imam arriccia il naso, disgustato.
"Non ce l'hai un ufficio?" domanda il detective.
"Perché mi dà del tu? Forse perché sono straniero? Musulmano?"
"Ti sbagli, vecchietto. La verità è che non posso soffrire i religiosi. Se sul tuo grembiule ci fosse un crocifisso il mio atteggiamento sarebbe lo stesso".
"Il mio non è un grembiule, è una palandrana" dice l'iman, in tono risentito.
"A me sembra proprio un grembiule. A ogni modo non ho tempo da perdere, rispondi ad alcune domande e poi potrai tornare a genufletterti in pace".
"Lei mi sta mancando di rispetto".
"Preferisci che ti prenda a ceffoni?"
Il religioso sbuffa e poi scuote il capo.
"Mi dica".
Tom Pozzo lo informa della sua ricerca mentre l'uomo continua a scuotere senza sosta la testa.
"Proprio non so di chi o cosa stia parlando" dice.
"Sicuro?"
"Sì".
"Davvero non ne sai nulla? Puoi garantire anche per la tua comunità?"
"Certamente".
"Voi musulmani non avete mai nutrito grande simpatia per chi o cosa sto cercando".
"Vero, ma ciò non vuol dire che siamo implicati nella sua scomparsa. Vede, noi e voi è come se vivessimo in due mondi diversi, paralleli. Ognuno prosegue per la propria strada e cerca di non intralciare l'altro".
"Mai sentito parlare di scontro di civiltà?" domanda Tom Pozzo, aggressivo.
"Ciò che lei cita non ha nulla a che vedere con il vero islam".
"Che cosa pensi dell'Europa?"
L'imam sorride prima di rispondere.
"Un progetto imperialista mal riuscito. Uno dei tanti dell'Occidente".
"Sei furbo, tu. Bada che se scopro che tu o qualche tuo amico devoto al Profeta siete implicati in questa faccenda torno e ti strappo i peli della barba uno a uno".
"Lei è molto violento, signore. L'islam invece è soltanto pace".
"Affogati" dice Tom Pozzo all'indirizzo dell'imperturbabile religioso. Poi si volta e se va, indignato.
La sua voce flebile lo raggiunge quando è già fuori.
"Le scarpe, signore. Ha dimenticato le scarpe".  (continua)

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