Frank Saturnio indossa
un impermeabile che gli arriva fino ai piedi, un vistoso cappello, afferra
l'enorme ombrello ed esce, ad affrontare le intemperie e a compiere il suo
dovere.
Tom Pozzo, pensieroso,
si accende una sigaretta e poi la spegne quasi subito. Esce anche lui.
Fuori è praticamente
buio e la pioggia, se possibile, è ancora aumentata di intensità rispetto al
giorno precedente. L'acqua, che cade al suolo in scrosci sempre più violenti,
cattivi, si insinua nelle fessure dei marciapiedi, le allarga frantumando il
cemento. Sui muri dei palazzi strisciano lente grosse e oscene lumache di
colore scuro. L'aria odora di muffa e di marcio. Dopo pochi passi il detective
si ritrova con le scarpe che scricchiolano, il fondo dei calzoni inzuppato, i
capelli incollati al cranio. Vagando quasi alla cieca in quell'inferno d'acqua,
con le braccia protese nel tentativo di difendersi dalla liquida e fredda
aggressione, Tom Pozzo intravede una targa di metallo: Scuola Media Altiero
Spinelli. Potrebbe essere una buona pista, riflette, e comunque un buon riparo.
Senza indugio entra nell'edificio scolastico. L'enorme atrio è deserto.
Sgocciolando acqua sporca sul pavimento e lasciando dietro di sé una evidente
traccia Tom Pozzo si dirige verso un bidello solitario accomodato in un angolo
su una seggiolina. L'uomo, piuttosto anziano, indossa un grembiule nero e delle
pantofole di feltro e sta sonnecchiando. Tom Pozzo non esita a interrompere il
suo sonno.
Il bidello si
stropiccia gli occhi.
"Mi dica".
"Vorrei parlare
con un insegnante di educazione civica" dice il detective.
"Uh? Le lezioni
sono in corso. Se vuole, la posso accompagnare in segreteria".
"Va bene, nonno.
Andiamo".
In segreteria Tom Pozzo
è ricevuto da una donna con occhi da gufo.
"Un professore di
educazione civica?" dice divertita. "Quella materia non si insegna
più da almeno vent'anni!"
"Ehi, guardi che
non c'è niente da ridere. Sono un investigatore privato impegnato in una
indagine molto delicata. Voglio parlare con il preside".
La donna, un po'
infastidita dai modo bruschi di Tom Pozzo, fa una breve telefonata.
"Ha detto che la
può ricevere. Prima porta a destra".
Il professor Borghi,
preside e insegnante di lettere, è seduto dietro una enorme scrivania di noce.
Corpulento, calvo, con la pelle del viso butterata e occhiali dalle lenti
spesse. Sorride.
"Si accomodi. In
cosa posso essere utile?"
Tom Pozzo si siede e
subito il suo culo bagnato si incolla alla poltrona. Spiega a grandi linee i
motivi della sua visita, omettendo soltanto alcuni particolari. Il preside,
comunque, sembra collaborativo e disponibile.
"Che cosa vuole
sapere?" chiede alla fine.
"Lo conosce?"
domanda Tom Pozzo. Il professor Borghi annuisce.
"Sì, lo conoscono
quasi tutti".
"Quando l'ha visto
l'ultima volta?"
Il preside si
schiarisce la voce.
"L'ho conosciuto
quando ero ragazzo. Ero uno studente, e frequentavo proprio questa scuola,
anche se allora l'istituto aveva un altro nome. Si parlava sempre di lui, quasi
tutti i giorni. Insomma, era come se fosse sempre tra noi. In seguito ne ha
fatta di strada, è diventato sempre più forte, sempre più potente, più grosso
anche fisicamente, eppure..."
"Eppure?"
"Abbiamo iniziato
a sentirlo distante, come se non fosse più tra noi ma sopra di noi,
capisce?"
"Sì, è la stessa
sensazione che ho provato anch'io poco alla volta" risponde il detective.
"Sapevamo che
continuava a esserci, ma era diventato quasi un nemico. Il suo impulso
idealista era terminato, era diventato troppo concreto, eccessivamente
pragmatico. Una materialità che ci infastidiva, soprattutto quando diventava
impositiva oltre misura. In ogni caso continuavamo a essere molto affezionati a
lui, speravamo che potesse cambiare e tornare a essere di nuovo quello di una
volta, quello che ci aveva fatto sognare".
"Non ha risposto
alla mia domanda. Quando l'ha visto l'ultima volta?"
"Uh? Sa, non
ricordo bene. Potrebbe essere qualche mese fa. Oppure qualche anno. Mi
dispiace, su questo non posso essere d'aiuto. Il fatto è che a un certo punto
ci siamo come abituati alla sua assenza, e non so quando ciò sia
avvenuto".
Tom Pozzo, con fatica,
riesce a scollare le terga dalla sedia. Si alza e stringe la mano al preside.
"La ringrazio,
professore".
"Non c'è di che.
Mi raccomando, faccia di tutto per ritrovarlo, abbiamo tanto bisogno di
lui".
"Lo troverò"
afferma deciso Tom Pozzo prima di andarsene. Dopo pochi istanti è di ritorno.
"Le posso chiedere
ancora una cosa?"
"Certo".
"Potrebbe
prestarmi un ombrello?"
Pare impossibile, ma
l'intensità della pioggia è ancora aumentata. Adesso è torrenziale. Le strade
del centro sono adesso veri e propri ruscelli. I tombini ingoiano l'acqua per
risputarla subito dopo. Le auto avanzano a fatica sulla carreggiata trasformata
nella corsia di una piscina. I pochi passanti imbracciano gli ombrelli come se
fossero scudi.
Tom Pozzo trova rifugio
in un androne. Appoggia a terra il parapioggia, infila la mano in tasca ed
estrae il cellulare. L'apparecchio è bagnato, quasi quanto quella volta che gli
è caduto nella tazza del cesso, comunque funziona ancora. Digita un numero.
"Frank, ci
sei?"
"Buongiorno, capo.
Come va?"
"So io come va,
Frank. Che cosa sta facendo il nostro stambecco?"
"Continua a
pescare, mentre io sono completamente fradicio. L'ombrello non regge più".
"Taglia corto,
Frank. Non essere prolisso".
"D'accordo, capo.
Stavo dicendo che il tipo ha preso un sacco pesci, quelli di internet avevano
ragione".
"Chi sarebbero
quelli di internet, Frank?"
"Eh? Non lo so,
capo".
"Va bene, dunque
ha preso molti pesci, ma mai quanti ne prenderà oggi la sua signora. Dico bene,
Frank?"
"Certo,
capo".
"Prosegui
l'appostamento. Se ho bisogno di te ti chiamo".
"Tanto non mi
chiami mai".
"Che hai detto,
Frank?"
"Niente,
capo".
"Buon per te.
Adesso farò un salto alla moschea".
"Ottimo, capo. Gli
islamici, in un modo o nell'altro, c'entrano sempre".
"Frank, fai
schifo".
Tom Pozzo decide di
ributtarsi in strada ma, quando cerca l'ombrello, non lo trova più.
"Cazzo, me l'hanno
fottuto!"
Imprecando ad alta
voce, l'investigatore si rialza il bavero del giaccone intriso d'acqua e torna
a sfidare il diluvio. Quando arriva alla moschea sembra essere appena scampato
a un naufragio. Senza indugio entra nell'edificio, un vecchio capannone
riadattato. Quasi subito un ometto con una folta barba gli sbarra la strada.
"Desidera,
signore?"
"Sono un
investigatore privato. Voglio parlare con l'imam".
"Sono io".
"Bene".
"Mi dispiace ma la
moschea in questo momento è chiusa".
"Meglio, così
nessuno ci romperà le palle".
Il religioso barbuto
alza gli occhi al cielo.
"Venga e si tolga
le scarpe".
Tom Pozzo sfila i
mocassini fetenti e pieni d'acqua fangosa. Dai calzini bucati e fradici
proviene un penetrante olezzo di fogna. L'imam arriccia il naso, disgustato.
"Non ce l'hai un
ufficio?" domanda il detective.
"Perché mi dà del
tu? Forse perché sono straniero? Musulmano?"
"Ti sbagli,
vecchietto. La verità è che non posso soffrire i religiosi. Se sul tuo
grembiule ci fosse un crocifisso il mio atteggiamento sarebbe lo stesso".
"Il mio non è un
grembiule, è una palandrana" dice l'iman, in tono risentito.
"A me sembra
proprio un grembiule. A ogni modo non ho tempo da perdere, rispondi ad alcune
domande e poi potrai tornare a genufletterti in pace".
"Lei mi sta
mancando di rispetto".
"Preferisci che ti
prenda a ceffoni?"
Il religioso sbuffa e
poi scuote il capo.
"Mi dica".
Tom Pozzo lo informa
della sua ricerca mentre l'uomo continua a scuotere senza sosta la testa.
"Proprio non so di
chi o cosa stia parlando" dice.
"Sicuro?"
"Sì".
"Davvero non ne
sai nulla? Puoi garantire anche per la tua comunità?"
"Certamente".
"Voi musulmani non
avete mai nutrito grande simpatia per chi o cosa sto cercando".
"Vero, ma ciò non
vuol dire che siamo implicati nella sua scomparsa. Vede, noi e voi è come se
vivessimo in due mondi diversi, paralleli. Ognuno prosegue per la propria
strada e cerca di non intralciare l'altro".
"Mai sentito
parlare di scontro di civiltà?" domanda Tom Pozzo, aggressivo.
"Ciò che lei cita
non ha nulla a che vedere con il vero islam".
"Che cosa pensi
dell'Europa?"
L'imam sorride prima di
rispondere.
"Un progetto
imperialista mal riuscito. Uno dei tanti dell'Occidente".
"Sei furbo, tu.
Bada che se scopro che tu o qualche tuo amico devoto al Profeta siete implicati
in questa faccenda torno e ti strappo i peli della barba uno a uno".
"Lei è molto
violento, signore. L'islam invece è soltanto pace".
"Affogati"
dice Tom Pozzo all'indirizzo dell'imperturbabile religioso. Poi si volta e se
va, indignato.
La sua voce flebile lo raggiunge
quando è già fuori.
"Le scarpe,
signore. Ha dimenticato le scarpe". (continua)
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