Potevo fare qualcosa ma non l’ho fatto.
Più ci penso e ci ripenso e più mi rendo conto che un mio intervento avrebbe
potuto modificare il corso degli eventi. Invece ciò non è avvenuto. Da parte
mia non c’è stata alcuna iniziativa in tal senso. In una circostanza del genere
sarebbe stato necessario mostrare rapidità di decisione e, soprattutto, grande
tempestività nell’agire. Così non è stato, perché i miei riflessi sono stati
lenti, e la mia mente intorpidita mi ha impedito di reagire in maniera pronta
ed efficace. L’istinto non è riuscito a prevalere. Ormai non posso più porre
rimedio, e sarò condannato a rivivere per sempre quelle brevi e concitate fasi,
a tormentarmi per il rimorso, senza che nulla possa più mutare. E maledire, per
tale ragione, la mia inadeguatezza all’azione.
Sono una persona tranquilla, che mai si
vorrebbe venire a trovare in situazioni difficili. So bene di non essere
attrezzato per fronteggiarle, conosco alla perfezione i miei limiti e le mie
debolezze. Non amo, pertanto, essere messo alla prova. Preferisco, al
contrario, fare di tutto per evitare di incappare in circostanze che non sia in
grado di padroneggiare, che possono facilmente sfuggire al mio controllo.
Questa volta le mie abituali precauzioni
si sono rivelate del tutto inutili. Il fatto è che non mi sarei dovuto trovare
su quell’automobile in quel momento. Se io non fossi stato presente il fatto
non sarebbe accaduto. Ne sono quasi sicuro. Sono convinto che sia stata la mia
presenza a bordo della vettura a provocare, in modo del tutto involontario,
quel lieve squilibrio che ha causato la tragedia. Mi riferisco a una
instabilità emotiva, ovviamente. In ogni caso, se io non ci fossi stato non
sarei mai venuto a conoscenza di quel fatto, anche se si fosse verificato
ugualmente. Invece c’ero, e lo ricordo bene.
Questa automobile è strana. In apparenza
sembra una comune berlina, nel senso che le sue dimensioni non sono insolite.
Nell’abitacolo, invece, sono sistemati tre ordini di sedili. Lo spazio tra
l’uno e l’altro è molto ridotto. Io sto seduto da solo nella fila di mezzo.
Alla guida della vettura c’è un ragazzo. Altri due giovani sono accomodati in
fondo. Si tratta di un ragazzo e di una ragazza. Tutti loro paiono ignorare la
mia presenza. I due giovani dietro di me hanno le mani intrecciate e si
guardano negli occhi con grande intensità. Non parlano. Li osservo, in modo
diretto, e due particolari mi colpiscono. Le dita delle loro mani sono sporche.
Il sudiciume che le ricopre è quello peculiare di chi non si lava. Loro,
tuttavia, non sembrano dare alcuna importanza a quell’aspetto che, in parte,
suscita in me un certo disgusto. No, loro continuano a scambiarsi effusioni e
tenerezze. Poi, i lineamenti dei loro visi: sono grossolani, appena abbozzati,
sgradevoli. Insomma, quei due ragazzi sono decisamente brutti.
L’auto sfreccia veloce attraverso la
notte. Attorno a me scorrono luci e ombre. La musica, ad alto volume, mi
assorda e mi impedisce di pensare. Suoni gitani.
All’improvviso il ragazzo alla guida alza
il piede dall’acceleratore. Si volta verso di me e mi sorride. Poi abbassa l’audio
della radio, completamente. Subito l’altro giovane si stacca dalla ragazza e
infila una mano nella tasca della giacca. Si sente il rumore di uno scatto
metallico. Compare un coltello dalla lama sottile e molto affilata, saldamente
impugnato. Lui si alza dal sedile e si sporge in avanti. Comprendo al volo
quali siano le sue intenzioni, ma non intervengo. Potrei interporre il mio
corpo, oppure tentare di bloccare il suo braccio, ma rimango immobile, come
pietrificato. Il ragazzo colpisce l’autista, più volte. Prima nella schiena,
poi sul petto. La lama affonda con estrema facilità, subito scorre il sangue.
L’altro, incredulo, non emette alcun suono. Tenta di ripararsi da quei tremendi
fendenti, invano. Alla fine si accascia sul volante, e l’auto si arresta sul
bordo della strada. Il mio sguardo si incrocia con quello dell’assassino. Ho
paura. Lui schiocca le labbra poi, con un cenno, mi indica lo sportello
dell’automobile. Annuisco e aziono la maniglia. Esco e mi allontano nel buio.
Ho tanto freddo.
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