Bergonzi non si scompose.
"Esatto, nei
tremila siepi ci sono le barriere, non lo scopriamo certamente adesso"
disse.
"E la
riviera!"
L'allenatore cercò di
conservare la calma. Una calma olimpica.
"D'accordo, c'è
pure la riviera. In ogni caso si tratta di un ostacolo come tutti gli altri,
non vedo il problema".
"Non ho mai
saltato gli ostacoli!" enfatizzò ancora Cartezzini.
"Ascolta, Alberto.
Da domani ti affiderò a Onofri che ti seguirà nella parte tecnica. In pochi
giorni imparerai a superare le barriere, te lo assicuro. Adesso però cambiati,
dobbiamo iniziare la seduta."
Al termine
dell'allenamento Cartezzini rimase da solo nel campo. Si avvicinò cauto a una
barriera. Vide che gli arrivava quasi al petto. D'accordo, lui era un atleta di
bassa statura, tuttavia quella verifica lo spaventò. Poi si riprese, e pensò
che avrebbe risolto il problema facendo ricorso alla sua notevole agilità. Prima
di uscire andò a esaminare la riviera, che fino a quel giorno non aveva mai
degnato di un solo sguardo. Osservò con attenzione la fossa con la parete
inclinata. Non c'era l'acqua e Cartezzini notò con apprensione che la vasca era
molto profonda. Rabbrividì un'ultima volta, quindi tornò a casa.
Il mattino dopo si
presentò al campo con un'ora di anticipo. Aldo Onofri lo stava già aspettando.
"Oggi si
salta" disse soltanto, poi si diresse verso la pista, seguito
dall'improvvisato siepista. Onofri era un uomo di poche parole.
Dopo un paio d'ore
arrivò anche Bergonzi. Domandò al suo vice come stessero procedendo le cose.
L'altro si strinse nelle spalle. Poi lo sguardo di Bergonzi cadde sul suo
allievo. E sulle sue gambe. Entrambe le tibie di Cartezzini erano piene di
lividi e sbucciature.
"Perché non ti
metti i parastinchi?" disse, divertito.
Cartezzini non la prese
bene.
"Mica sono una
merda di calciatore, io" rispose risentito. Poi l'allenamento riprese.
A un certo punto Onofri
prese in disparte il suo capo, e pronunciò più parole di quante ne pronunciasse di
solito in una intera settimana.
"Quello è negato.
Ogni volta si accartoccia sulla barriera. Gli ho insegnato a non scavalcare
l'ostacolo di volo, ma ad appoggiarci il piede. Così va un po' meglio, sempre
se azzecca l'appoggio".
"Va bene,
procedete così. Vedrai che ci saranno dei rapidi miglioramenti".
"Il tempo è poco,
capo" disse Onofri.
"Lo so". E il
tempo fu davvero poco.
É la sera del meeting
di Londra. Cartezzini si gioca la possibilità di coronare il sogno della sua
vita, quello di partecipare ai Giochi Olimpici. Il siepista è concentrato, ma
anche molto teso. Lo starter dà il via. Il ritmo della gara è subito sostenuto,
un'andatura ideale per conseguire quel riscontro cronometrico necessario per
ottenere il tempo minimo di qualificazione alle Olimpiadi. Tulli, la presunta
lepre, è subito risucchiato nelle retrovie. Cartezzini può contare soltanto
sulle sue forze. Le tornate si susseguono, sempre molto veloci. Quando gli
atleti iniziano a percorrere l'ultimo giro, Cartezzini è in terza posizione.
Davanti e ormai irraggiungibili ci sono i due keniani. Il siepista sente dietro
di sé l'ansimare del concorrente etiope. L'obiettivo, in ogni caso, è soltanto
uno: quello di ottenere un buon tempo. E Cartezzini ci sta riuscendo. Si arriva
così all'ultima riviera, che è anche il penultimo ostacolo da superare prima
del traguardo. Il siepista lancia un'ultima occhiata al grande tabellone
luminoso che scandisce il tempo. É fatta, pensa. Mentre si accinge ad appoggiare
il piede sulla riviera, proprio come gli ha insegnato Onofri, l'atleta etiope
gli urta leggermente il tallone. Cartezzini manca l'appoggio, il piede gli
scivola sull'ostacolo e lui precipita dall'altra parte in maniera scomposta. Il
tuffo di testa nella vasca è spettacolare. Cartezzini beve una sorsata d'acqua
poi, mentre cerca di rialzarsi, piombano su di lui tutti gli altri atleti. La
sua schiena viene martoriata dai chiodi delle scarpette, il suo corpo esile
viene spiaccicato sul pavimento della vasca. Quando finalmente può essere
soccorso, lo sfortunato atleta deve essere rianimato sul posto. Appena riprende
conoscenza ha l'impressione di aver bevuto tutta quanta l'acqua della fossa.
Alberto Cartezzini non prenderà parte ai Giochi Olimpici. Sarà però ricordato
per sempre come il siepista che rischiò di affogare.
(Fine)
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