Il vecchio è sul
balcone di casa, le mani nodose e artritiche aggrappate alla ringhiera
arrugginita. Osserva con fastidio il filo di fumo nero e denso che si sprigiona
dall'accampamento situato appena oltre la strada. Si accende una sigaretta poi,
colto da un accesso di rabbia, cala un pugno sul ferro.
"Maria! Maria!
Vieni subito qui!" sbraita l'uomo.
Dopo un tempo che pare
interminabile una vecchietta con un bastone, claudicando, lo raggiunge sul
balcone.
"Guarda" dice
il vecchio, indicando il fumo.
"Che cos'è?"
dice lei, strizzando gli occhi.
"Non lo vedi? È fumo.
E l'odore? Non senti il cattivo odore?"
Lei annuisce.
"Sono loro! Sono
di nuovo loro, i zingari!"
"Hanno acceso un
fuoco" dice la donna. "Perché? Hanno freddo?"
Il vecchio bestemmia.
"Macché freddo! Ci
sono trenta gradi! I zingari stanno bruciando
plastica".
"Plastica?"
Il vecchio sbuffa.
Possibile che quella donna non capisca nulla? Si calma e prova a spiegare.
"I zingari rubano i cavi elettrici e per
recuperare il rame di cui sono fatti bruciano la guaina esterna, il
rivestimento di plastica dei fili".
"Una volta
rubavano soltanto le galline" dice la moglie.
"Non possiamo
andare avanti così. Quelli ci stanno avvelenando. Dobbiamo fare qualcosa"
riprende il vecchio, ignorandola.
"Chiamiamo i
vigili" propone lei.
Altra bestemmia del
marito. Poi uno sputo giù dal balcone.
"I vigili! Quando
li chiami non vengono mai. Ti ricordi l'ultima volta, quando invece sono
venuti? Hanno detto che non possono fare nulla".
"Ma adesso li
faranno pagare" dice la vecchia, illuminandosi.
"Che dici,
Maria?"
"Ieri sera, l'ho
sentito al telegiornale. Hanno detto che faranno pagare ai zingari una tassa. E se non la pagano dovranno andare via".
Il vecchio scoppia a
ridere. Una risata fragorosa e catarrosa.
"Che cos'è? Una
barzelletta? I zingari che pagano? Ma
fammi il piacere!"
L'uomo, camminando
curvo, rientra in casa. La moglie lo segue. Lui si dirige verso un ripostiglio
dal quale esce imbracciando un fucile.
"Adelmo! Che cosa
vuoi fare?"
"Zitta. Voglio
soltanto spaventarli. Tanto lo sai che questo non funziona".
"Ti faranno del
male" dice lei, preoccupata.
"Io non ho paura dei zingari!"
Il vecchio posa il
fucile sul tavolo, si allaccia le scarpe, poi lo riprende ed esce di casa.
"Adelmo!"
Mentre scende le scale
incontra il ragionier Balzoni, l'inquilino del secondo piano.
"Signor Adelmo,
dove sta andando con quel fucile? Faccia attenzione" dice l'uomo, con voce
incerta. Il vecchio si arresta e lo squadra a lungo.
"Sei anche tu un
amico dei zingari?" dice, prima
di riprendere la discesa. L'altro, basito, si affretta a raggiungere il proprio
appartamento.
Il vecchio esce dal
palazzo, oltrepassa il cortile e poi attraversa la strada. Imbocca la stradina sterrata
che conduce al campo nomadi. Lo aveva già fatto un'altra volta, tanti anni
prima, quando ancora guidava l'automobile. Era una serata d'inverno, molto
nebbiosa. A un certo punto, mentre stava rientrando a casa, aveva perso l'orientamento
e per errore si era inoltrato proprio in quella strada. Si era reso conto dello
sbaglio quando aveva visto sfilare accanto a lui baracche con il tetto di
lamiera e roulottes. Aveva arrestato di colpo la macchina. Una vecchia zingara
aveva incollato il faccione al finestrino. Nella sua bocca spiccavano alcuni
denti d'oro. Si era spaventato, aveva innestato la retromarcia e, in qualche
modo, era riuscito a uscire dal campo. Faticava ad ammetterlo, ma quella sera
aveva avuto paura.
Ma adesso non nutre più
alcun timore, tanto è forte il suo risentimento. Ormai è dentro
all'accampamento, che sembra quasi deserto. Qualcuno, prudente, si affaccia
dalla soglia delle baracche, altri lo osservano nascosti dietro gli oblò delle
roulottes. Il vecchio avanza finché un uomo abbastanza giovane gli sbarra il
passo. Ora anche tutti gli altri occupanti del campo escono. Sono tanti, e
quasi lo circondano. Un cane viene ad annusargli i pantaloni, poi si allontana
di corsa.
"Che cosa vuoi?
Perché hai il fucile?" domanda l'uomo al vecchio. È alto e ha il viso
scuro. Porta i capelli legati a coda e ha un cerchio d'oro all'orecchio.
"E tu chi
sei?" domanda il vecchio, tenendo sempre il fucile puntato.
"Sono Janko"
risponde l'altro.
"Janko! Che razza
di nome! Sei tu il capo, il re dei
zingari?"
Il nomade sorride, pur
continuando a tener d'occhio la bocca della carabina rivolta su di lui.
"Qui non ci sono
capi, soltanto famiglie" dice.
Il vecchio grugnisce ma
non dice nulla.
"Che cosa vuoi
fare? Mi vuoi sparare?" dice ancora lo zingaro.
Il vecchio sogghigna.
"No, non sparerò a
te, ma a quelli lì" dice, indicando un gruppo di bambini seminudi, con i
visi luridi, che lo stanno osservando, con le piccole bocche spalancate.
"No, tu non farai
questo. Non lo farai perché sei una persona buona e non vuoi fare del male a
nessuno".
Il vecchio abbassa il
fucile poi, dopo averlo impugnato con una sola mano, si accende una sigaretta.
"Dovete smetterla
di bruciare plastica. Il fumo è tossico" dice aspirando la prima boccata.
Lo zingaro annuisce.
"Hai ragione, non
lo faremo più, altrimenti ci faranno andare via. E noi non sappiamo dove
andare. Questa è l'ultima volta".
"Non ruberete più
rame?" domanda il vecchio.
"No".
"E che cosa farete
per vivere?"
"Ruberemo
qualcos'altro. Molti di noi comunque lavorano".
Il vecchio rimane
sorpreso dalla disarmante sincerità del nomade.
"E la pagherete la
tassa sui zingari?" domanda.
L'altro si stringe
nelle spalle e abbozza un sorriso.
"Mi vendi il
fucile?" chiede poi lo zingaro sorprendendo il vecchio.
"Non funziona. È
rotto".
"Non importa, non
lo voglio usare. Mi piace perché è vecchio. È un bell'oggetto, e a noi
piacciono le cose belle".
Il vecchio osserva con
attenzione il fucile.
"È vecchio quasi
quanto me. Tieni, te lo regalo" dice, e poi lo porge allo zingaro.
"Vuoi bere
qualcosa? Fa molto caldo e tu mi sembri stanco".
"Un po'
d'acqua" risponde il vecchio. "Se non è troppo sporca" aggiunge,
prima di scoppiare a ridere e poi a tossire.
Dopo pochi istanti una
ragazza graziosa, che porta lunghe trecce nere, gli porge un bicchiere di
plastica. L'acqua è fresca.
"Va bene, adesso
vado" dice il vecchio dopo aver bevuto. "Mi raccomando i
fuochi".
"Stai
tranquillo" lo rassicura Janko.
"Buona giornata a
tutti" dice il vecchio, prima di tornare a casa.
Quando entra in
tinello, stanco e accaldato, trova la moglie seduta al tavolo, con le mani
giunte.
"Grazie a Dio sei
tornato!" esclama la donna, visibilmente sollevata. "Che cosa è
successo?" domanda.
L'uomo si siede, le
giunture delle ginocchia scricchiolano.
"Stai tranquilla,
è tutto a posto. Non ci daranno più fastidio".
"E il
fucile?"
"L'ho buttato,
tanto era vecchio e rotto. Non c'è stato bisogno di minacce, è bastato fare la
voce grossa. I zingari non sono molto
coraggiosi".