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domenica 31 gennaio 2016

IL DIPINTO



La giovane donna passeggia assorta tra gli ambienti della vasta galleria. Quando si trova davanti a un grande dipinto che occupa l'intera parete si blocca. Inspira profondamente poi fissa lo sguardo sulla tela, ne osserva concentrata i particolari. L'espressione del suo viso muta a ogni istante; a volte si tratta di un lieve sorriso, che poi si trasforma in una smorfia di sofferenza, per passare subito dopo a una maschera compiaciuta.
La donna, così raccolta, non si accorge dell'uomo che si avvicina alle sue spalle. Lui le appoggia una mano sull'avambraccio destro. Un tocco delicato, amichevole, che tuttavia la coglie di sorpresa e la fa sussultare.
"Oh! Sei tu".
"Buongiorno Magda" dice l'uomo.
Giovanni Alberti è il proprietario della galleria d'arte dove Magda Fermi, giovane pittrice di sicuro talento, espone le sue opere. Alberti indossa una giacca a grossi riquadri con dei pantaloni color rosso fuoco e scarpe sportive. I capelli, castano chiaro e lunghi fino alle spalle, sono lisciati all'indietro con l'olio. Il contorno dei suoi occhi è sottolineato da una sottile striscia di trucco.
Quest'uomo è gay, pensa per l'ennesima volta la pittrice appena incrocia lo sguardo dell'uomo. Oppure no, non lo è ma vuol far credere di esserlo, in un eccesso di stravaganza e snobismo.
"Finalmente ti sei decisa a farmi visita" dice Alberti.
"Già" risponde la donna, laconica.
"Allora? Che ne dici?" fa il gallerista osservando il dipinto. "La collocazione ti soddisfa?"
Lei non risponde subito, fa alcuni passi indietro, poi si sposta di lato, infine annuisce.
"Peccato che non rimarrà esposto a lungo" dice l'uomo.
Lei si allarma.
"Che cosa vuoi dire?" La voce è stridula.
"Vieni con me in ufficio, ti devo parlare. Se oggi non fossi venuta ti avrei cercata".
Lei lo segue, docile, attraverso un lungo corridoio. Entrano in un ufficio dalle pareti bianche dove l'unico arredo è una grande scrivania, anch'essa bianca, così come dello stesso candido colore sono le poltroncine. L'uomo si accomoda dietro la scrivania, lei gli siede di fronte.
"Il tuo dipinto è straordinario" dice Alberti.
"Ho impiegato quasi nove mesi per ultimarlo".
"Lo so, una lunga gestazione".
"E un parto difficile e doloroso" dice la pittrice.
"Ti va di bere qualcosa?"
"Soltanto un po' d'acqua, per favore" dice Magda Negri, che ha la bocca asciutta.
"Ho già trovato un compratore" dice lui all'improvviso, quasi dovesse liberarsi di un peso.
Lei impallidisce.
"Che cosa?" dice con un filo di voce. Poi beve un sorso d'acqua.
"Chi è?" aggiunge.
"Non lo conosci. Si tratta di un giapponese".
"Un giapponese?"
"Sì, si chiama Toshito Matamori ed è uno dei più grandi imprenditori del suo paese. Pesce in scatola".
"Che cosa ha detto?" domanda la pittrice, che non riesce a nascondere la profonda inquietudine.
"Ha guardato il dipinto per non più di un paio di minuti. Poi ha detto che lo compra, al prezzo che abbiamo stabilito".
"No!"
"Che cosa?"
"Ho detto di no, non lo voglio vendere!"
Giovanni Alberti sorride, anche se il suo risolino è più simile a una smorfia.
"Sai che non è possibile" spiega. "Hai firmato un contratto, hai l'obbligo di rispettarlo".
Lei si affloscia sulla sedia. I suoi occhi luccicano.
"Non voglio staccarmi da quel quadro. È parte di me".
Il gallerista sospira.
"Che cosa ti succede, Magda?"
"Non è giusto" dice lei, che stenta a trattenere il pianto.
"Perché?"
"Pensa a uno scrittore" dice lei.
"Uno scrittore?"
"Uno scrittore non si stacca mai dalla propria opera, la può tenere sempre con sé, pur condividendola con i suoi lettori. E la stessa cosa accade a un regista".
"Pensa a uno scultore" dice Alberti.
"Uno sventurato, come me. Giovanni, ti rendi conto che il mio dipinto finirà in qualche lussuosa villa di quel pescivendolo? In Giappone, e io non lo rivedrò mai più".
"Ci sono le riproduzioni, i cataloghi..."
"No! Non è la stessa cosa, quelle sono cose morte mentre il mio dipinto è vivo!"
"Magda, ti capisco ma qui si tratta del tuo mestiere. Sei giovane, e sei ricca di talento, produrrai tante altre opere".
"Altre opere? Allora tu non hai capito nulla, non riuscirei a sopportare un altro dolore simile. Io non dipingerò mai più".
La donna si asciuga le lacrime con il dorso della mano, si alza ed esce.


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