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sabato 30 gennaio 2016

LA SCONOSCIUTA


Cammino a piedi nudi nell'erba alta e soffice.
Mia madre, quando ero bambino, mi diceva: "Non parlare mai con gli sconosciuti".
Ero bambino, chi erano per me gli sconosciuti? Tutti, a parte lei mio padre mia sorella i miei nonni.
Poco per volta, crescendo, cominciai a frequentare altre persone. La maestra, i miei compagni e i loro genitori, i bidelli. Ma gli estranei, quelle persone ai quali non potevo concedere confidenza, che incontravo tutti i giorni sull'autobus per strada nei negozi in parrocchia rimanevano una moltitudine.
Il prato è molto esteso e in leggera pendenza. Ai lati è circondato da alti ed esili pioppi le cui cime ondeggiano al lieve soffio del vento.
Durante l'adolescenza, si sa, affiora nei giovani un desiderio di scoperta e di ribellione. E fu così anche per me. Iniziai a rivolgere la parola a perfetti sconosciuti. Non avevo più, di loro, alcun timore. Mi ero emancipato, a mio modo, contravvenendo a quella raccomandazione imposizione materna che per tanto tempo mi aveva condizionato. Scoprii che alcuni di loro, gli sconosciuti, potevano risultare molto interessanti. Stimolanti.
Mi fermo, scruto l'orizzonte, sollevo il capo e osservo il cielo, completamente terso. Annuso l'aria, ne assorbo i profumi.
Quando incontrai quella perfetta sconosciuta avevo appena iniziato a lavorare. Era trascorso ormai tanto tempo da quando rifuggivo la presenza di estranei, quelle paure indotte erano ormai un lontano ricordo. Senza dubbi, senza indugi e senza timori cominciai a frequentarla. Conoscevo il meccanismo: era sufficiente trascorrere del tempo insieme a un individuo, condividere attività e passioni e divertimenti, scambiare riflessioni pensieri ansie convinzioni, per trasformare quella creatura in qualcosa di noto, di familiare. Con quella ragazza spartii corpo e sentimenti.
Allargo le braccia e poi mi lascio cadere sul grasso materasso erboso color smeraldo. I fili spessi mi solleticano gli occhi, penetrano nella mia bocca e nelle mie narici. Sento sapore di linfa e di polvere.
Perché lei mi ha detto quella cosa? Lei, la persona che più al mondo ritenevo di conoscere, più di mia madre di mio padre di mia sorella e dei nonni che sono morti, ha atteso che fossi al culmine della felicità e poi mi ha informato di quella cosa che non riesco ad accettare. Ho deciso, la trasformerò di nuovo in una sconosciuta. Anzi, per me lo è già.
Mastico un filo d'erba, ne assaporo il succo. È amaro, molto amaro.


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