L’uomo è in bagno, curvo sotto il lavello. Sta
armeggiando con i tubi dello scarico. E impreca. Si accovaccia sul pavimento.
Afferra una pinza. Svita, avvita. Niente da fare. Poi compie un’ulteriore
contorsione, ma il suo corpo enorme gli impedisce di operare con la necessaria
efficienza. Indossa solamente una vecchia canottiera blu, ma sta cominciando lo
stesso a sudare. Accanto a lui, un ragazzino. Immobile, silenzioso e
dall’espressione preoccupata. E, infatti, accade ciò che lui teme di più. Un
urlo. Di suo padre.
“Marco! Sbrigati! Vai in cantina e portami l’altra
chiave inglese!”
Il ragazzino sussulta, annuisce e poi scatta.
Di corsa, attraversa il lungo ingresso e si precipita verso la porta che
conduce in cantina. Scende le scale senza accendere la luce, per fare in
fretta. Sempre più affannato, raggiunge il locale caldaia, dove suo padre tiene
gli attrezzi. Trova a fatica l’interruttore. E poi la sua mente si blocca. Che
cosa deve prendere? Il tempo passa. Forse una chiave. Sì, una chiave. Ma quale?
Non si ricorda più. Quanto tempo è passato? Posa lo sguardo su lunghe file di
cacciaviti, martelli, tenaglie. Ma dove sono le chiavi? Come sono fatte le
chiavi? Nebbia totale. Panico. È quasi sicuro che a breve sentirà altre urla. E
tutto ciò che ne conseguirà.
“Marco!” Ma non è lui! È la rassicurante voce
di sua madre.
“Marco! Lascia stare, torna su. Ormai è tardi
ed è ora di cenare. Ho detto a tuo padre che terminerete domani. Per adesso mi
arrangerò con il lavandino della cucina.”
Il ragazzino sta già risalendo le scale. È
salvo, pensa. Per il momento è salvo. Domani, al ritorno da scuola e prima
dell’arrivo di suo padre, avrà tutto il tempo per cercare… che cosa? Non se lo
ricorda più. Perché ha così tanta paura del suo genitore? In fondo, da lui non
è mai stato picchiato. Marco tuttavia ha già capito che le umiliazioni
dell’anima sono ben più dolorose delle ferite del corpo. Raggiunge la sala da
pranzo.
L’uomo adesso è seduto a tavola, assieme alla
moglie e al figlio. Risucchia con gusto l’ultimo cucchiaio di minestra. Beve un
lungo sorso di vino. Il figlio lo guarda, ma non osa dire nulla. Finalmente l’uomo
si alza e si dirige verso l’apparecchio televisivo, nuovo fiammante, posto su
un alto trespolo luccicante di metallo e vetro. Lo accende. Un servizio del
telegiornale.
“Valerio
Traversi, ispettore del ministero di Grazia e Giustizia, è stato ferito oggi in
un agguato che è stato rivendicato dalle
Brigate Rosse…” annuncia in tono ansioso il giornalista, che parla dal
bordo di una strada. Al termine del collegamento, parte un nuovo pezzo,
corredato da un vecchio filmato.
Marco si fa coraggio. E interviene.
“Papà, ma è in bianco e nero!”
La madre gli lancia uno sguardo severo. Il
padre sbuffa ma non reagisce. E cambia canale. Dove c’è un telefilm. A colori.
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