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domenica 28 luglio 2013

PARTE DEL GIOCO


La consegna avvenne nel parcheggio del centro commerciale. L’uomo stava aspettando in macchina già da un po’ tempo perché si era presentato all’appuntamento in anticipo. Non riusciva a nascondere una certa ansia, e la esprimeva accendendo una sigaretta dietro l’altra. Teneva il finestrino socchiuso e non completamente aperto, forse a causa di un inesplicabile timore, e l’aria all’interno dell’abitacolo era diventata ormai irrespirabile. Durante quell’interminabile attesa osservava le persone entrare e uscire dal supermercato appese agli enormi carrelli, alcuni vuoti e altri colmi. Ecco, quelli erano i cittadini, la gente comune, la cui maggiore preoccupazione era quella di arrivare a fine mese centellinando il misero stipendio, quel popolo anonimo tanto evocato nei vivaci e vuoti dibattiti televisivi. Lui stesso amava parlarne, sebbene la sua conoscenza di tale realtà fosse piuttosto superficiale.
L’uomo si distrasse dai suoi pensieri quando vide una grossa automobile parcheggiare proprio accanto alla sua. Ne scesero due individui, che sembravano quasi gemelli, vestiti con giacca e cravatta. Uno rimase indietro mentre l’altro si avvicinò al suo finestrino e lo invitò con un cenno ad abbassarlo. Lui obbedì, e fu colto da una improvvisa agitazione. Il momento fatidico era arrivato.
Il tipo si sfilò gli occhiali scuri, introdusse una mano nella giacca e, dopo essersi guardato attorno, estrasse una busta marrone. Senza dire una parola la porse all’uomo seduto in auto il quale la gettò sul sedile del passeggero. Toccò l’involucro gonfio solo un attimo e subito lo depositò perché ebbe la vivida impressione che quel plico scottasse.
L’uomo incravattato eseguito il suo compito si scostò, per lasciare posto al compare che si affacciò al finestrino e quasi vi introdusse il viso spigoloso. Parlò con voce cavernosa.
“Signor ministro, il nostro comune amico la ringrazia e spera che il vostro rapporto di collaborazione possa proseguire anche in futuro. Mi ha incaricato di dirle che, se lei lo desidera, può accedere in qualsiasi momento ai benefici aggiuntivi della transazione.” Dicendo ciò porse all’uomo in macchino un piccolo cartoncino, una specie di biglietto da visita sul quale erano stampati tre nomi seguiti da tre numeri di telefono. Il ministro, sempre più inquieto, artigliò il pezzo di carta e lo scorse con gli occhi: Samantha, Alexia e Veronica, questo c’era scritto.
“E chi sarebbero?” domandò.
“Queste tre simpatiche ragazze sarebbero liete di incontrarla per offrirle qualche ora di piacevole svago” rispose l’altro.
Il ministro finse di scandalizzarsi. “Ma io sono sposato, e amo mia moglie!”
Il suo interlocutore sorrise, mettendo in mostra una dentatura da squalo. “Signor ministro, qui non si sta parlando di amore, ma di fantastiche sgroppate. Oppure ci siamo sbagliati e i suoi gusti…”
Fu bruscamente interrotto da un cenno nervoso. L’uomo ridacchiò, disse che l’offerta era da ritenersi sempre valida e poi raggiunse il compagno sull’automobile che era già stata messa in moto. Ripartirono lasciando il politico preda di una strana angoscia. Poco per volta si riprese, dopo aver fumato l’ennesima sigaretta. Poi mise la busta in una cartella di cuoio, avviò l’auto e sparò al massimo l’aria condizionata. Era completamente fradicio di sudore. Uscì dal piazzale, che ora era quasi deserto, quindi accese la radio ma subito dopo la spense perché la musica e le chiacchiere lo infastidivano. Alla fine si diresse verso il palazzo del Parlamento. Quel giorno i lavori dell’aula erano sospesi, tuttavia lui sapeva che lo sportello bancario interno sarebbe stato aperto. Doveva depositare quei soldi da qualche parte e, poiché non disponeva di conti correnti in qualche paradiso fiscale, ritenne che per il momento l’unica soluzione praticabile fosse quella di parcheggiare quella somma sull’unico conto posseduto a suo nome. In seguito avrebbe riflettuto sul da farsi, quando fosse stato più tranquillo, e avrebbe ripreso a ragionare con maggiore lucidità.
Era preoccupato, ma non era affatto pentito per ciò che aveva fatto. Ne era soprattutto sorpreso. Quando si era trattato di decidere se accettare o meno quella generosa proposta, non aveva avuto alcuna esitazione. In fondo si trattava soltanto di omettere alcuni controlli, il suo ruolo nella vicenda sarebbe stato del tutto passivo. Nessun scrupolo lo aveva fatto tentennare. Aveva conosciuto, da un istante all’altro, una parte di sé che prima non gli si era mai rivelata. Nondimeno quella sinistra peculiarità già esisteva, ma era sepolta in profondità nel suo animo in attesa di emergere al verificarsi della giusta occasione. E così era avvenuto.
Il ministro entrò nel palazzo. Quasi non badò ai saluti deferenti degli agenti forze dell’ordine e dei commessi al suo passaggio. Ormai vi era abituato, nonostante fossero trascorsi soltanto pochi mesi da quando il suo vecchio amico Luigi, catapultato all’improvviso sulla più prestigiosa poltrona del Paese, si era rivolto a lui per proporgli quell’incarico così prestigioso: ministro delle Attività Produttive. Ovviamente Luigi era stato chiaro: il suo governo, sostenuto da una maggioranza del tutto anomala, sarebbe durato poco. In ogni caso lui aveva deciso di accettare ugualmente. Quella funzione gli avrebbe comunque fornito una grande visibilità, e lui di ciò ne aveva un disperato bisogno. La sua carriera accademica era a un punto morto: da anni sperava di essere nominato docente ordinario ma questo non avveniva mai. Nel mondo universitario era da tutti considerato uno dei ricercatori più brillanti ma, in concreto, i riconoscimenti e le lodi sperticate non avevano mai fruttato nulla.
Il ministro si diresse allo sportello bancario ed effettuò il versamento. L’operazione si rivelò un po’ complessa anche perché decise di avvalersi della cassa automatica. Lottò a lungo con i tasti e le schermate luminose, in imbarazzo a causa di quella spessa mazzetta di denaro che teneva tra le mani, ma alla fine riuscì a condurla a termine. Si sentì più sollevato, quasi in uno stato euforico, e il suo primo pensiero fu quello di telefonare a casa. Sua moglie rispose al primo squillo.
“Ciao tesoro! Tutto bene? Sai, prima ti ho visto in televisione.”
“Davvero? E che cosa stavo facendo?” Per un attimo ripensò al piazzale del centro commerciale.
“Stavi parlando con un uomo dai capelli bianchi.”
“Ah! È il mio collega tedesco, ma si tratta di un incontro che è avvenuto ieri. Oggi la situazione è più tranquilla.”
“Che cosa hai fatto questa mattina?”
“Nulla di particolare, mi sono limitato a prendere una tangente.” Perché aveva detto una cosa del genere? Per un semplice motivo: sua moglie non l’avrebbe di sicuro preso sul serio. E così fu.
“Bravo! Spero non sia l’ultima, così ci potremo comprare una casa al mare.”
“E anche in montagna” aggiunse lui, stando al gioco.
“In montagna? D’accordo, ma soltanto quando avremo anche la barca. Quindi datti da fare!”
“Farò il possibile. Sai, le occasioni non mancano…”
“Non ne dubito. Povero caro, in mezzo a tutta quella gentaglia. Che fai? Tornerai a casa presto?”
Per un attimo il ministro ebbe la tentazione di dire di sì, ma si bloccò.
“Non lo so, sarò impegnato in un paio di riunioni. Quei dannati incontri si sa quando iniziano ma mai quando finiscono. Potrei fare notte.”
“Poverino! Per questo sei sempre così stanco.”
“Prima o poi mi riposerò. Adesso ti saluto, dai un bacio a Marco e a Carlotta da parte del loro papà.”
“Va bene, ciao amore.” Riattaccarono.
Perché aveva detto a quella santa donna che sarebbe rientrato tardi? In realtà non aveva alcun impegno. Certo, avrebbe potuto recarsi nel suo ufficio al ministero, dove c’era sempre qualche faccenda di cui occuparsi, viste le condizioni miserevoli in cui si trovava l’industria nazionale, ma lui non ne aveva nessuna voglia. Si sentiva pigro e svuotato, come se qualcuno lo avesse prosciugato della linfa vitale. Decise di fare una passeggiata nel Bastimento, così veniva chiamato quel lungo e ampio corridoio che i parlamentari utilizzavano per sgranchirsi le gambe tra una votazione e l’altra, e magari prendersi un caffè ristoratore. Quel giorno il vasto ambiente era pressoché deserto. Alcune sagome si muovevano meditabonde, pensierose, simili a fantasmi. C’erano un paio di capannelli, dai quali provenivano ogni tanto voci che parevano un po’ alterate. Tutta una finzione. Il ministro, evitando ogni presenza, puntò deciso verso il bar. L’aveva quasi raggiunto quando un uomo anziano, accomodato su un divanetto, gli ghermì un lembo della giacca e lo costrinse a fermarsi. Lo invitò a sedersi accanto a lui. Obbedì malvolentieri, nel frattempo aveva riconosciuto quella cariatide. Si trattava del vecchio Erminio Donzelli, un passato da parlamentare in almeno dieci o dodici legislature e più volte ministro in svariati dicasteri. Aveva anche ricoperto per lungo tempo incarichi direttivi nel partito del ministro, ne era stato segretario. Insomma, una specie di monumento vivente che, attualmente, non partecipava più all’attività politica, e ciò solo per evidenti limiti legati all’età. Tuttavia il vegliardo non rinunciava alla sua visita giornaliera a quell’assurdo teatrino al quale aveva dedicato l’intera vita e dove aveva compiuto, a suo dire, gesta memorabili.
“I miei ossequi, signor ministro.” Il vecchio era completamente calvo. Portava occhiali dalla montatura nera e con le lenti molto spesse. Di certo non ci vedeva un accidenti. In mano aveva l’immancabile pipa spenta, un elemento che lo aveva sempre contraddistinto. Indossava un abito striminzito che aveva visto tempi migliori, e dal suo corpo proveniva un vago tanfo di sudore e vecchiaia.
Il ministro annuì, un po’ infastidito. Tuttavia tentò di dissimulare il più possibile la sua contrarietà. Non voleva mancare di rispetto a quell’avanzo del passato incarnato in forma più o meno umana.
“Da tempo desideravo fare la sua conoscenza” proseguì Donzelli con la sua voce catarrosa. “Mi avevano parlato molto bene di lei, al partito, e quando ho saputo che era stato nominato ministro ne sono stato contento. E sono stato piacevolmente sorpreso quando lei ha rinunciato completamente alla scorta. Un gran gesto, che è stato molto apprezzato dall’opinione pubblica. Vede, abbiamo un disperato bisogno di rinnovare la nostra classe politica e quando giovani motivati e capaci come lei riescono ad emergere ciò deve essere per tutti motivo di profonda e sincera soddisfazione.” Il vecchio fece una pausa, per riprendere fiato, mentre il ministro  dovette combattere contro la sensazione di noia provata di fronte a quell’eloquio così ampolloso e antiquato. Ancora una volta non aprì bocca e si limitò ad annuire.
“Viviamo tempi difficili. La crisi economica ha minato le certezze dei cittadini. In una fase drammatica come quella attuale il popolo si rivolge con speranza ai propri governanti, confida in loro, si augura che le forze migliori del Paese siano in grado di trovare e adottare delle soluzioni che permettano di alleviare le sofferenze del vivere quotidiano. Soltanto la politica, la buona politica, può indicare la via per la salvezza. Ma così non è. La gente è stufa, non si fida più degli attuali governanti, i quali non fanno nulla invertire tale negativa tendenza. Anzi, con i loro comportamenti, contrassegnati dall’incapacità e dalla disonestà, non fanno altro che alimentare sempre di più il sentimento dell’antipolitica. E guardi, mio caro ministro, non finirò mai di sottolineare quanto sia importante la questione morale, l’etica dell’uomo politico, che deve essere di gran lunga più elevata rispetto a quella del comune cittadino. Essa deve rappresentare un faro, una guida alla quale tutti devono ispirarsi nel loro agire quotidiano. Uno specchiato esempio per le giovani generazioni che, ormai prive di ideali, annaspano nel vuoto.” Donzelli smise di parlare di colpo. Era stanco, un rivolo di saliva gli colava dall’angolo della bocca. Il ministro, dal canto suo, stava per abbioccarsi. Si riscosse e approfittò dell’attimo di incertezza del vecchio per alzarsi, stringergli la mano ossuta e salutarlo.
“Si ricordi che nutriamo molta fiducia in lei” disse Donzelli con un filo di voce.
“Farò il possibile per meritarla” disse il ministro mentre già si allontanava. Si rese conto che quelle erano le uniche parole che avesse pronunciato. Maledì tra sé la mummia e rinunciò alla sosta al bar. Non voleva ammetterlo ma quell’importuno incontro lo aveva indisposto e in certa misura anche turbato. Decise che doveva svagarsi, distrarsi in qualche maniera. Inserì la mano in tasca e afferrò quel cartoncino che gli era stato dato non più di un paio d’ore prima. Perché no? Cercò un posto un po’ appartato, e non faticò trovarlo, prese il cellulare e compose il primo numero, quello che corrispondeva a quella tale Samantha. La donna rispose subito, quasi stesse aspettando la sua chiamata. Fu lapidaria, si limitò a indicare un indirizzo e un’ora.
“D’accordo” riuscì a rispondere il ministro con voce tremante. Prima di raggiungere il luogo dell’appuntamento fece una sosta in un anonimo bar di periferia dove nessuno mostrò di riconoscerlo e dove si scolò due cognac uno dietro l’altro. L’effetto fu esplosivo, dal momento che dopo la colazione non aveva più mangiato nulla. E da allora erano trascorse parecchie ore. Poi risalì in macchina.
Quando il ministro uscì da quell’appartamento era già buio. Di ciò che era accaduto durante l’intero pomeriggio e nella prima serata non aveva che un vago ricordo. Rammentava il corpo scultoreo della ragazza, i suoi vaporosi capelli rossi e quasi nient’altro. Forse perché aveva continuato per tutto il tempo a bere, oppure a causa della polverina bianca che aveva sniffato, per la seconda volta nella sua vita. La sua precedente esperienza risaliva ormai a più di dieci anni prima, e quella volta si era ripromesso di non cascarci più. Per molto tempo era riuscito a mantenere quel virtuoso proponimento. Si sentiva stanchissimo, in parte per via di tutte quelle acrobazie sessuali che di sicuro c’erano state, pure se in verità non le ricordava chiaramente, in parte perché era ancora ubriaco e sotto l’effetto della magica limatura.
Stabilì di tornare a casa a piedi anche perché non era in grado di guidare. In ogni caso non voleva rischiare di essere fermato per qualche controllo: sarebbe stata una situazione piuttosto imbarazzante e non c’era davvero bisogno di qualche altro scandalo legato a un uomo politico. Inoltre camminando avrebbe potuto smaltire i residui tossici accumulati in quell’incredibile giornata. Si avviò barcollando e trascinando i piedi e si smarrì quasi subito. Non conosceva per nulla quella zona. Dopo una mezz’ora di estrema sofferenza si ritrovò in un vicolo che sembrava senza uscita. Non aveva nessuna voglia di tornare indietro, eppure non poteva proseguire e la sua mente era ancora intorpidita. Quindi si fermò e rimase in attesa di chissà cosa finché fu avvicinato da una persona. Un giovane, vestito tutto di nero e con il cappuccio della felpa calato sugli occhi, al quale chiese indicazioni. L’altro non rispose e tirò fuori un coltello. Le sue intenzioni così furono chiare. Il ministro reagì, e fu lui il primo a stupirsi per quel suo insolito comportamento.
“Che cazzo vuoi?” gridò rivolto all’aggressore. Le sue parole rimbombarono nello stretto vicolo. Nessuna finestra si aprì.
“Dammi tutto ciò che hai oppure ti buco” sibilò il ragazzo, sorpreso per quell’inaspettata ribellione. In base alla sua ormai discreta esperienza tipi del genere, ancor prima di cedere portafoglio e orologio d’oro, si pisciavano nei pantaloni.
“Vai a farti fottere! Non sai chi sono io? Sono un ministro! Un tuo governante! E vuoi sapere quello che ho fatto oggi? Lo vuoi davvero sapere? Ho preso una mazzetta alla faccia tua e di quella dei coglioni come te! Tanti soldi, hai capito? Sono un ladro, ma non della tua risma, schifoso mentecatto straccione, il mio è tutto un altro livello!”
Il giovane delinquente rimase ammutolito. Quell’uomo era forse pazzo? Sbronzo? Impasticcato? O stava dicendo la verità?
“Guarda! Questo è il mio tesserino da parlamentare, non ti sto raccontando fandonie. Tu invece sei soltanto un povero disgraziato. E sai che cosa ho fatto durante l’intero pomeriggio, e poi ancora? Mi sono scopato una puttana! Gratis! Hai capito, stronzo? Gratis! Tu la puoi soltanto sognare una gnocca del genere. Beneficio aggiuntivo, lo chiamano nel mio ambiente. Tieni, tieni i soldi e sparisci dalla mia vista, brutto rotto in culo!”
Il ladruncolo era sbigottito. Indietreggiò, sempre impugnando il coltello. Non si chinò a raccogliere le banconote che quello squilibrato aveva gettato a terra. Raccolse invece il tesserino, che nella foga era anch’esso finito a terra. Lo guardò sotto la luce del lampione. Sembrava davvero autentico, e poi gli sembrava di aver già sentito quel nome e visto quel volto, forse in televisione, in quegli assurdi programmi nei quali ognuno cercava di sovrastare la voce degli altri e alla fine non si capiva mai nulla. Glielo tirò addosso.
“Non li voglio! Non li voglio i tuoi sporchi soldi!” gridò il ragazzo prima di allontanarsi di corsa.


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