La consegna avvenne nel
parcheggio del centro commerciale. L’uomo stava aspettando in macchina già da
un po’ tempo perché si era presentato all’appuntamento in anticipo. Non
riusciva a nascondere una certa ansia, e la esprimeva accendendo una sigaretta dietro
l’altra. Teneva il finestrino socchiuso e non completamente aperto, forse a
causa di un inesplicabile timore, e l’aria all’interno dell’abitacolo era
diventata ormai irrespirabile. Durante quell’interminabile attesa osservava le
persone entrare e uscire dal supermercato appese agli enormi carrelli, alcuni
vuoti e altri colmi. Ecco, quelli erano i cittadini, la gente comune, la cui
maggiore preoccupazione era quella di arrivare a fine mese centellinando il
misero stipendio, quel popolo anonimo tanto evocato nei vivaci e vuoti
dibattiti televisivi. Lui stesso amava parlarne, sebbene la sua conoscenza di
tale realtà fosse piuttosto superficiale.
L’uomo si distrasse dai
suoi pensieri quando vide una grossa automobile parcheggiare proprio accanto
alla sua. Ne scesero due individui, che sembravano quasi gemelli, vestiti con
giacca e cravatta. Uno rimase indietro mentre l’altro si avvicinò al suo
finestrino e lo invitò con un cenno ad abbassarlo. Lui obbedì, e fu colto da
una improvvisa agitazione. Il momento fatidico era arrivato.
Il tipo si sfilò gli
occhiali scuri, introdusse una mano nella giacca e, dopo essersi guardato
attorno, estrasse una busta marrone. Senza dire una parola la porse all’uomo
seduto in auto il quale la gettò sul sedile del passeggero. Toccò l’involucro
gonfio solo un attimo e subito lo depositò perché ebbe la vivida impressione
che quel plico scottasse.
L’uomo incravattato
eseguito il suo compito si scostò, per lasciare posto al compare che si
affacciò al finestrino e quasi vi introdusse il viso spigoloso. Parlò con voce
cavernosa.
“Signor ministro, il
nostro comune amico la ringrazia e spera che il vostro rapporto di
collaborazione possa proseguire anche in futuro. Mi ha incaricato di dirle che,
se lei lo desidera, può accedere in qualsiasi momento ai benefici aggiuntivi
della transazione.” Dicendo ciò porse all’uomo in macchino un piccolo
cartoncino, una specie di biglietto da visita sul quale erano stampati tre nomi
seguiti da tre numeri di telefono. Il ministro, sempre più inquieto, artigliò
il pezzo di carta e lo scorse con gli occhi: Samantha, Alexia e Veronica,
questo c’era scritto.
“E chi sarebbero?”
domandò.
“Queste tre simpatiche
ragazze sarebbero liete di incontrarla per offrirle qualche ora di piacevole
svago” rispose l’altro.
Il ministro finse di
scandalizzarsi. “Ma io sono sposato, e amo mia moglie!”
Il suo interlocutore
sorrise, mettendo in mostra una dentatura da squalo. “Signor ministro, qui non
si sta parlando di amore, ma di fantastiche sgroppate. Oppure ci siamo sbagliati
e i suoi gusti…”
Fu bruscamente
interrotto da un cenno nervoso. L’uomo ridacchiò, disse che l’offerta era da
ritenersi sempre valida e poi raggiunse il compagno sull’automobile che era già
stata messa in moto. Ripartirono lasciando il politico preda di una strana
angoscia. Poco per volta si riprese, dopo aver fumato l’ennesima sigaretta. Poi
mise la busta in una cartella di cuoio, avviò l’auto e sparò al massimo l’aria
condizionata. Era completamente fradicio di sudore. Uscì dal piazzale, che ora
era quasi deserto, quindi accese la radio ma subito dopo la spense perché la
musica e le chiacchiere lo infastidivano. Alla fine si diresse verso il palazzo
del Parlamento. Quel giorno i lavori dell’aula erano sospesi, tuttavia lui
sapeva che lo sportello bancario interno sarebbe stato aperto. Doveva
depositare quei soldi da qualche parte e, poiché non disponeva di conti
correnti in qualche paradiso fiscale, ritenne che per il momento l’unica
soluzione praticabile fosse quella di parcheggiare quella somma sull’unico
conto posseduto a suo nome. In seguito avrebbe riflettuto sul da farsi, quando
fosse stato più tranquillo, e avrebbe ripreso a ragionare con maggiore
lucidità.
Era preoccupato, ma non
era affatto pentito per ciò che aveva fatto. Ne era soprattutto sorpreso.
Quando si era trattato di decidere se accettare o meno quella generosa
proposta, non aveva avuto alcuna esitazione. In fondo si trattava soltanto di
omettere alcuni controlli, il suo ruolo nella vicenda sarebbe stato del tutto
passivo. Nessun scrupolo lo aveva fatto tentennare. Aveva conosciuto, da un
istante all’altro, una parte di sé che prima non gli si era mai rivelata.
Nondimeno quella sinistra peculiarità già esisteva, ma era sepolta in
profondità nel suo animo in attesa di emergere al verificarsi della giusta
occasione. E così era avvenuto.
Il ministro entrò nel
palazzo. Quasi non badò ai saluti deferenti degli agenti forze dell’ordine e
dei commessi al suo passaggio. Ormai vi era abituato, nonostante fossero
trascorsi soltanto pochi mesi da quando il suo vecchio amico Luigi, catapultato
all’improvviso sulla più prestigiosa poltrona del Paese, si era rivolto a lui
per proporgli quell’incarico così prestigioso: ministro delle Attività
Produttive. Ovviamente Luigi era stato chiaro: il suo governo, sostenuto da una
maggioranza del tutto anomala, sarebbe durato poco. In ogni caso lui aveva
deciso di accettare ugualmente. Quella funzione gli avrebbe comunque fornito
una grande visibilità, e lui di ciò ne aveva un disperato bisogno. La sua
carriera accademica era a un punto morto: da anni sperava di essere nominato
docente ordinario ma questo non avveniva mai. Nel mondo universitario era da
tutti considerato uno dei ricercatori più brillanti ma, in concreto, i
riconoscimenti e le lodi sperticate non avevano mai fruttato nulla.
Il ministro si diresse
allo sportello bancario ed effettuò il versamento. L’operazione si rivelò un
po’ complessa anche perché decise di avvalersi della cassa automatica. Lottò a
lungo con i tasti e le schermate luminose, in imbarazzo a causa di quella spessa
mazzetta di denaro che teneva tra le mani, ma alla fine riuscì a condurla a
termine. Si sentì più sollevato, quasi in uno stato euforico, e il suo primo
pensiero fu quello di telefonare a casa. Sua moglie rispose al primo squillo.
“Ciao tesoro! Tutto bene?
Sai, prima ti ho visto in televisione.”
“Davvero? E che cosa
stavo facendo?” Per un attimo ripensò al piazzale del centro commerciale.
“Stavi parlando con un
uomo dai capelli bianchi.”
“Ah! È il mio collega
tedesco, ma si tratta di un incontro che è avvenuto ieri. Oggi la situazione è
più tranquilla.”
“Che cosa hai fatto
questa mattina?”
“Nulla di particolare,
mi sono limitato a prendere una tangente.” Perché aveva detto una cosa del
genere? Per un semplice motivo: sua moglie non l’avrebbe di sicuro preso sul
serio. E così fu.
“Bravo! Spero non sia
l’ultima, così ci potremo comprare una casa al mare.”
“E anche in montagna”
aggiunse lui, stando al gioco.
“In montagna?
D’accordo, ma soltanto quando avremo anche la barca. Quindi datti da fare!”
“Farò il possibile.
Sai, le occasioni non mancano…”
“Non ne dubito. Povero
caro, in mezzo a tutta quella gentaglia. Che fai? Tornerai a casa presto?”
Per un attimo il
ministro ebbe la tentazione di dire di sì, ma si bloccò.
“Non lo so, sarò
impegnato in un paio di riunioni. Quei dannati incontri si sa quando iniziano
ma mai quando finiscono. Potrei fare notte.”
“Poverino! Per questo
sei sempre così stanco.”
“Prima o poi mi
riposerò. Adesso ti saluto, dai un bacio a Marco e a Carlotta da parte del loro
papà.”
“Va bene, ciao amore.”
Riattaccarono.
Perché aveva detto a
quella santa donna che sarebbe rientrato tardi? In realtà non aveva alcun
impegno. Certo, avrebbe potuto recarsi nel suo ufficio al ministero, dove c’era
sempre qualche faccenda di cui occuparsi, viste le condizioni miserevoli in cui
si trovava l’industria nazionale, ma lui non ne aveva nessuna voglia. Si
sentiva pigro e svuotato, come se qualcuno lo avesse prosciugato della linfa
vitale. Decise di fare una passeggiata nel Bastimento, così veniva chiamato
quel lungo e ampio corridoio che i parlamentari utilizzavano per sgranchirsi le
gambe tra una votazione e l’altra, e magari prendersi un caffè ristoratore.
Quel giorno il vasto ambiente era pressoché deserto. Alcune sagome si muovevano
meditabonde, pensierose, simili a fantasmi. C’erano un paio di capannelli, dai
quali provenivano ogni tanto voci che parevano un po’ alterate. Tutta una
finzione. Il ministro, evitando ogni presenza, puntò deciso verso il bar.
L’aveva quasi raggiunto quando un uomo anziano, accomodato su un divanetto, gli
ghermì un lembo della giacca e lo costrinse a fermarsi. Lo invitò a sedersi
accanto a lui. Obbedì malvolentieri, nel frattempo aveva riconosciuto quella
cariatide. Si trattava del vecchio Erminio Donzelli, un passato da parlamentare
in almeno dieci o dodici legislature e più volte ministro in svariati
dicasteri. Aveva anche ricoperto per lungo tempo incarichi direttivi nel
partito del ministro, ne era stato segretario. Insomma, una specie di monumento
vivente che, attualmente, non partecipava più all’attività politica, e ciò solo
per evidenti limiti legati all’età. Tuttavia il vegliardo non rinunciava alla
sua visita giornaliera a quell’assurdo teatrino al quale aveva dedicato
l’intera vita e dove aveva compiuto, a suo dire, gesta memorabili.
“I miei ossequi, signor
ministro.” Il vecchio era completamente calvo. Portava occhiali dalla montatura
nera e con le lenti molto spesse. Di certo non ci vedeva un accidenti. In mano
aveva l’immancabile pipa spenta, un elemento che lo aveva sempre
contraddistinto. Indossava un abito striminzito che aveva visto tempi migliori,
e dal suo corpo proveniva un vago tanfo di sudore e vecchiaia.
Il ministro annuì, un
po’ infastidito. Tuttavia tentò di dissimulare il più possibile la sua
contrarietà. Non voleva mancare di rispetto a quell’avanzo del passato
incarnato in forma più o meno umana.
“Da tempo desideravo
fare la sua conoscenza” proseguì Donzelli con la sua voce catarrosa. “Mi
avevano parlato molto bene di lei, al partito, e quando ho saputo che era stato
nominato ministro ne sono stato contento. E sono stato piacevolmente sorpreso
quando lei ha rinunciato completamente alla scorta. Un gran gesto, che è stato
molto apprezzato dall’opinione pubblica. Vede, abbiamo un disperato bisogno di
rinnovare la nostra classe politica e quando giovani motivati e capaci come lei
riescono ad emergere ciò deve essere per tutti motivo di profonda e sincera
soddisfazione.” Il vecchio fece una pausa, per riprendere fiato, mentre il
ministro dovette combattere contro la
sensazione di noia provata di fronte a quell’eloquio così ampolloso e
antiquato. Ancora una volta non aprì bocca e si limitò ad annuire.
“Viviamo tempi
difficili. La crisi economica ha minato le certezze dei cittadini. In una fase
drammatica come quella attuale il popolo si rivolge con speranza ai propri
governanti, confida in loro, si augura che le forze migliori del Paese siano in
grado di trovare e adottare delle soluzioni che permettano di alleviare le
sofferenze del vivere quotidiano. Soltanto la politica, la buona politica, può
indicare la via per la salvezza. Ma così non è. La gente è stufa, non si fida
più degli attuali governanti, i quali non fanno nulla invertire tale negativa
tendenza. Anzi, con i loro comportamenti, contrassegnati dall’incapacità e
dalla disonestà, non fanno altro che alimentare sempre di più il sentimento
dell’antipolitica. E guardi, mio caro ministro, non finirò mai di sottolineare
quanto sia importante la questione morale, l’etica dell’uomo politico, che deve
essere di gran lunga più elevata rispetto a quella del comune cittadino. Essa deve
rappresentare un faro, una guida alla quale tutti devono ispirarsi nel loro
agire quotidiano. Uno specchiato esempio per le giovani generazioni che, ormai
prive di ideali, annaspano nel vuoto.” Donzelli smise di parlare di colpo. Era
stanco, un rivolo di saliva gli colava dall’angolo della bocca. Il ministro,
dal canto suo, stava per abbioccarsi. Si riscosse e approfittò dell’attimo di
incertezza del vecchio per alzarsi, stringergli la mano ossuta e salutarlo.
“Si ricordi che
nutriamo molta fiducia in lei” disse Donzelli con un filo di voce.
“Farò il possibile per
meritarla” disse il ministro mentre già si allontanava. Si rese conto che
quelle erano le uniche parole che avesse pronunciato. Maledì tra sé la mummia e
rinunciò alla sosta al bar. Non voleva ammetterlo ma quell’importuno incontro
lo aveva indisposto e in certa misura anche turbato. Decise che doveva
svagarsi, distrarsi in qualche maniera. Inserì la mano in tasca e afferrò quel
cartoncino che gli era stato dato non più di un paio d’ore prima. Perché no?
Cercò un posto un po’ appartato, e non faticò trovarlo, prese il cellulare e
compose il primo numero, quello che corrispondeva a quella tale Samantha. La
donna rispose subito, quasi stesse aspettando la sua chiamata. Fu lapidaria, si
limitò a indicare un indirizzo e un’ora.
“D’accordo” riuscì a
rispondere il ministro con voce tremante. Prima di raggiungere il luogo
dell’appuntamento fece una sosta in un anonimo bar di periferia dove nessuno
mostrò di riconoscerlo e dove si scolò due cognac uno dietro l’altro. L’effetto
fu esplosivo, dal momento che dopo la colazione non aveva più mangiato nulla. E
da allora erano trascorse parecchie ore. Poi risalì in macchina.
Quando il ministro uscì
da quell’appartamento era già buio. Di ciò che era accaduto durante l’intero
pomeriggio e nella prima serata non aveva che un vago ricordo. Rammentava il
corpo scultoreo della ragazza, i suoi vaporosi capelli rossi e quasi
nient’altro. Forse perché aveva continuato per tutto il tempo a bere, oppure a
causa della polverina bianca che aveva sniffato, per la seconda volta nella sua
vita. La sua precedente esperienza risaliva ormai a più di dieci anni prima, e
quella volta si era ripromesso di non cascarci più. Per molto tempo era
riuscito a mantenere quel virtuoso proponimento. Si sentiva stanchissimo, in
parte per via di tutte quelle acrobazie sessuali che di sicuro c’erano state,
pure se in verità non le ricordava chiaramente, in parte perché era ancora
ubriaco e sotto l’effetto della magica limatura.
Stabilì di tornare a
casa a piedi anche perché non era in grado di guidare. In ogni caso non voleva
rischiare di essere fermato per qualche controllo: sarebbe stata una situazione
piuttosto imbarazzante e non c’era davvero bisogno di qualche altro scandalo
legato a un uomo politico. Inoltre camminando avrebbe potuto smaltire i residui
tossici accumulati in quell’incredibile giornata. Si avviò barcollando e
trascinando i piedi e si smarrì quasi subito. Non conosceva per nulla quella
zona. Dopo una mezz’ora di estrema sofferenza si ritrovò in un vicolo che
sembrava senza uscita. Non aveva nessuna voglia di tornare indietro, eppure non
poteva proseguire e la sua mente era ancora intorpidita. Quindi si fermò e
rimase in attesa di chissà cosa finché fu avvicinato da una persona. Un
giovane, vestito tutto di nero e con il cappuccio della felpa calato sugli
occhi, al quale chiese indicazioni. L’altro non rispose e tirò fuori un
coltello. Le sue intenzioni così furono chiare. Il ministro reagì, e fu lui il
primo a stupirsi per quel suo insolito comportamento.
“Che cazzo vuoi?” gridò
rivolto all’aggressore. Le sue parole rimbombarono nello stretto vicolo.
Nessuna finestra si aprì.
“Dammi tutto ciò che
hai oppure ti buco” sibilò il ragazzo, sorpreso per quell’inaspettata
ribellione. In base alla sua ormai discreta esperienza tipi del genere, ancor
prima di cedere portafoglio e orologio d’oro, si pisciavano nei pantaloni.
“Vai a farti fottere!
Non sai chi sono io? Sono un ministro! Un tuo governante! E vuoi sapere quello
che ho fatto oggi? Lo vuoi davvero sapere? Ho preso una mazzetta alla faccia
tua e di quella dei coglioni come te! Tanti soldi, hai capito? Sono un ladro,
ma non della tua risma, schifoso mentecatto straccione, il mio è tutto un altro
livello!”
Il giovane delinquente
rimase ammutolito. Quell’uomo era forse pazzo? Sbronzo? Impasticcato? O stava dicendo
la verità?
“Guarda! Questo è il
mio tesserino da parlamentare, non ti sto raccontando fandonie. Tu invece sei
soltanto un povero disgraziato. E sai che cosa ho fatto durante l’intero
pomeriggio, e poi ancora? Mi sono scopato una puttana! Gratis! Hai capito,
stronzo? Gratis! Tu la puoi soltanto sognare una gnocca del genere. Beneficio
aggiuntivo, lo chiamano nel mio ambiente. Tieni, tieni i soldi e sparisci dalla
mia vista, brutto rotto in culo!”
Il ladruncolo era
sbigottito. Indietreggiò, sempre impugnando il coltello. Non si chinò a
raccogliere le banconote che quello squilibrato aveva gettato a terra. Raccolse
invece il tesserino, che nella foga era anch’esso finito a terra. Lo guardò
sotto la luce del lampione. Sembrava davvero autentico, e poi gli sembrava di
aver già sentito quel nome e visto quel volto, forse in televisione, in quegli
assurdi programmi nei quali ognuno cercava di sovrastare la voce degli altri e
alla fine non si capiva mai nulla. Glielo tirò addosso.
“Non li voglio! Non li
voglio i tuoi sporchi soldi!” gridò il ragazzo prima di allontanarsi di corsa.