La riconferma di
Giorgio Napolitano al Quirinale ha rappresentato la fine di uno psicodramma
collettivo che è durato per tre interi giorni. Se, da un lato, tale evento ha
dimostrato ancora una volta il grande spirito di servizio e di sacrificio che
anima l’anziano Presidente, dall’altro ha sancito la disastrosa disfatta di
quello che era l’unico vero partito presente nel nostro Paese, il Partito
Democratico. Il suicidio politico di una intera classe dirigente, e del suo
segretario. Tutti esponenti dell’unica forza politica non contaminata da spinte
populiste, la speranza di chi ancora nutriva qualche illusione riguardo al
cambiamento. In tutto ciò prevale, in ogni caso, una nota stonata. L’essere
stati costretti, in ultimo, a ricorrere ancora a Napolitano per porre termine a
una situazione che stava assumendo toni drammatici, sancisce la morte della
politica, mette fine alle aspettative di rinnovamento e conduce in una
direzione tutt’altro che auspicata ma divenuta ormai obbligata.
Continuiamo a ritenere
che Pierluigi Bersani sarebbe stato un ottimo Presidente del Consiglio. L’uomo
è onesto e capace, tenace e ostinato. Se avesse vinto ampiamente le elezioni,
se fosse stato sostenuto da una maggioranza omogenea e coesa, se non fosse
stato tradito dai suoi… Tutto questo però non si è verificato, e il segretario
è entrato suo malgrado in una zona buia. Sono emerse con crudezza le sue scarse
attitudini politiche, i suoi errori sono stati clamorosi, uno dietro l’altro,
uno più grave dell’altro. La catastrofe è stata così inevitabile, le sue
dimissioni un atto di correttezza, la sua fine politica definitiva. Sono
rimaste soltanto le macerie, le rovine dell’Italia.
Silvio Berlusconi, dal
canto suo, ha invece trionfato su tutti i fronti. È riuscito a stoppare l’elezione
al Colle di Romano Prodi, che sarebbe risultata per lui alquanto indigesta. Parteciperà,
pur essendo stato sconfitto alle elezioni politiche, al nuovo governo, e ne
detterà in gran parte la linea. Quando si tornerà al voto (tra un anno?) di
sicuro vincerà e riuscirà a imporre il nuovo Presidente della Repubblica (lui
stesso?) dal momento che il nuovo mandato di Napolitano sarà di sicuro a
termine. In grande difficoltà, Berlusconi è stato in pratica resuscitato dai
suoi stessi avversari, che hanno perseguito con tenacia e successo il solito
incomprensibile autolesionismo.
Anche il Movimento
Cinque Stelle risulta alla fine sconfitto. Per un attimo ha vagheggiato di
poter imporre il proprio orientamento a tutti gli altri attraverso la proposta
e il fermo sostegno della candidatura di Stefano Rodotà (personalità di
indiscusso prestigio) ma dimostrando poi l’abituale dilettantismo e l’usuale
scarsa elasticità di strategia quando non ha compreso che l’opzione Prodi
poteva risultare decisiva e vincente. Grillo comunque sarà ugualmente
soddisfatto. I suoi soldatini staranno all’opposizione (vanificando così il
voto di milioni di italiani che credevano nel cambiamento) e potranno
diligentemente dilettarsi nell’opera di pignoli guardiani. Il fatto è che i
controllori, pur diligenti, non contano nulla e non decidono nulla. Tutto ciò
lascia ancora più sconcertati.
Siamo di nuovo
precipitati nell’incubo. Un brutto sogno che sempre di più corrisponde alla
realtà.
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