Com’era facilmente prevedibile
è nato il governo Letta. O meglio, l’esecutivo Letta-Alfano. Anzi, per dirla
tutta ha preso avvio il quinto governo Berlusconi. Insomma, tutto è avvenuto
all’insegna dell’inciucio. Che brutta
parola, questa! Usata ed abusata negli ultimi tempi. Eppure, nella sua povertà
estetica, tale termine indica con chiarezza un pasticcio, un imbroglio, un vero
e proprio inganno. Sì, perché si tratta di un vero e proprio raggiro perpetrato
nei confronti degli elettori. Sia verso gli elettori del Centro-destra, i quali
hanno però dimostrato in passato di essere in grado di digerire qualsiasi cosa
- l’importante è che il dettato provenga direttamente dal Capo – ma, soprattutto,
nei confronti di chi ha votato per il Centrosinistra. È proprio in questo
ultimo ambito che la situazione si presenta come assai delicata. Il Partito
Democratico, con le sue sciagurate scelte, prima in occasione dell’elezione del
Presidente della Repubblica, e dopo con l’accordo sul nuovo esecutivo, rischia
di pagare un prezzo molto alto. Esiste un concreto pericolo di spaccatura del
partito, di scissione dello stesso in più tronconi, anche se i conti saranno
regolati per davvero al momento del prossimo e ormai imminente congresso. Il
passaggio parlamentare per la concessione della fiducia al governo Letta non
costituirà più di tanto terreno di scontro. Al di là della manifestazione di
qualche dissenso e di qualche mugugno (Civati in primis) la maggior parte dei
coltelli rimarranno nel fodero, in attesa di essere estratti e impugnati al
momento opportuno.
Quale giudizio può
essere espresso sul nuovo governo? Innanzitutto, la composizione. Tralasciando
il fatto che la consistenza numerica appare eccessiva (quando saranno nominati
vice-ministri e sottosegretari si arriverà a quasi cento persone) in tempi nei
quali sarebbe opportuno dimostrare maggiore sobrietà e snellezza, occorre dire
che alcuni nomi sono di sicuro prestigio (Bonino, Saccomanni, Carrozza), altri
rappresentano una novità assoluta (Idem, Kyenge), altri ancora non sono altro
che la lunga mano di Berlusconi sul governo (Alfano, Lupi, Quagliariello),
altri imposti sempre da lui al di là delle loro capacità e competenze (che c’entrano
Lorenzin e Di Girolamo con Salute e Politiche Agricole?) mentre invece la
compagine del Partito Democratico appare di basso profilo e comunque formata da
elementi che possono essere definiti più che altro post-democristiani.
Il vero problema
tuttavia non è tanto la composizione del governo, che potenzialmente potrebbe
anche fare bene, quanto la maggioranza che lo sostiene. Quella dell’inciucio, appunto. Un qualcosa di
improponibile, di impresentabile, contro natura. Una formula che suscita molta
amarezza, che intristisce, che annienta tutte le speranze e tutte le illusioni.
Che seppellisce in maniera definitiva il sogno del vero cambiamento. Già, il
cambiamento. Un’autentica utopia, nel Paese dei Gattopardi.
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