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domenica 2 ottobre 2011

IL CLOWN TRISTE



Il clown cammina in circolo sulla pista. Dietro di lui, un ragazzino armato di secchio e paletta raccoglie gli escrementi depositati dai cavalli nel corso del numero precedente. La scena è triste e malinconica, i pochi spettatori lo percepiscono e appaiono disorientati. Quello sgangherato circo si è rivelato ben al di sotto delle loro già scarse aspettative.
“Sapete? Io di proposte di lavoro ne ricevo a bizzeffe” dice il pagliaccio gridando per farsi sentire da tutti. “Posso scegliere se fare il clown in un circo oppure se darmi alla politica. Prima di decidere, però, voglio capire che differenza c’è!” Nessuno ride.
Allora il clown si esibisce in alcune capriole. Finge di sbagliare,  ruzzola a terra pesantemente. Poi si spruzza dell’acqua colorata addosso, si prende a martellate in testa, cammina a quattro zampe. Niente, ancora nessuna risata. Simulando di inciampare negli ingombranti pantaloni, finalmente esce dalla pista tra il sollievo dei presenti. Scosso, turbato, l’ometto raggiunge il suo camerino, dove ad attenderlo c’è una giovane donna.
“Vanessa!”
“Ciao Geppo. Allora, com’è andata stasera?” domanda la ragazza con indifferenza, anche se conosce bene la risposta.
“Male, molto male. Di questo passo tuo padre sarà costretto a licenziarmi.”
“Che dici? Non lo farà mai! Vedrai, appena ti riprenderai tutto andrà di nuovo bene.”
“Ti ringrazio per l’incoraggiamento, Vanessa. Ma è inutile, sarò licenziato. D’altra parte, me lo merito. Chi vuole un pagliaccio che non riesce a far divertire la gente?”
La giovane sospira.
“Bè, anch’io non sono andata molto bene. Hai visto come si è comportato Pato? Non se ne stava mai allineato con gli altri, faceva ciò che voleva! Quel cavallo è proprio un gran testone!”
“Dovresti addestrarlo in maniera diversa…”
“No! Non ricorrerò mai alla violenza per ammaestrare i miei animali!”
“Tuo padre cancellerà il numero, dal momento che non può cacciarti…”
“Non importa, vuol dire che farò soltanto il resto. Ma guai a chi tocca Pato!”
Geppo, il clown, annuisce. Pure lui avversa chi maltratta gli animali, anche se gli è toccato assistere a tali scene tante volte. Per ciò è molto affezionato a Vanessa. Per lei prova attaccamento e ammirazione. La ragazza, oltre che domatrice, nel piccolo circo è pure giocoliera, acrobata e contorsionista. Anche se i suoi numeri non sempre riescono alla perfezione, ottiene comunque sempre l’applauso del pubblico. Soprattutto da quello di parte maschile. Oggetto di ammirazione quasi mai sono i suoi cavalli o le altre sue esibizioni, bensì i suoi capelli biondi, l’ovale perfetto del suo viso o le sue lunghe e bellissime gambe affusolate. Quegli spettatori, da lontano, non notano il suo trucco pesante e approssimativo, la sua calzamaglia rattoppata e sbiadita dai troppi lavaggi. Per loro è sufficiente vederla muoversi sinuosa sulla pista e cercare di indovinare, sotto lo striminzito abbigliamento, le sue forme armoniose.
“Geppo, che cosa ti succede?” chiede Vanessa.
Lui la guarda a lungo e poi scoppia a piangere.
“Non lo so” dice tra i singulti. “Sono sempre triste e malinconico. Più penso di dover divertire gli altri e più mi assale la disperazione. Le mie notti sono insonni, colme di mestizia e infelicità.”
“Coraggio, Geppo, vedrai che ti passerà. Nel frattempo, parlerò a mio padre, lo convincerò a metterti ancora alla prova. Sai, mi ricordo che, quando ero ancora bambina, tu eri l’unico pagliaccio in grado di farmi veramente divertire. Il più bravo di tutti, il clown conteso da tutti i circhi più famosi!”
“Già” acconsente Geppo. Per un attimo, sulle sue labbra affiora un fugace sorriso che però si trasforma subito in una smorfia amara. E di nuovo riprendono a scendere copiose le lacrime.
“Adesso invece sono un povero clown triste, che riesce soltanto a trasmettere la propria infelicità” aggiunge singhiozzando.
“E che è finito in uno scalcinato circo sempre sull’orlo del fallimento… Geppo, guarda che puoi dirlo, non la ritengo un’offesa. Io non ho perso il contatto con la realtà come è invece capitato a mio padre.”
“Se non fossi venuto a lavorare nel vostro circo sarei diventato un vagabondo. E poi, non avrei conosciuto te.”
“Geppo, adesso devo andare. È il momento del trapezio. Non scoraggiarti, non commiserarti, cerca di vedere gli aspetti positivi della vita e del tuo lavoro. Sono convinta che domani la tua esibizione sarà eccezionale, come ai vecchi tempi.”
“Ormai è tutto vano, tutto senza senso…”
La ragazza si allontana. Dopo qualche istante,  il pagliaccio sente scrosciare gli applausi. Il suo pianto si fa disperato, il suo trucco di scena è completamente disfatto e cola sulle sue guance scarne. Geppo si sfila il grosso naso finto, di colore rosso, e lo scaglia lontano con rabbia.
Dopo l’ennesima notte agitata e praticamente insonne, il giorno appresso Geppo è di nuovo nel suo camerino. Tra un po’ tocca a lui. Poco prima, quando si è affacciato sulla pista, senza farsi vedere, ha notato con stupore che oggi il pubblico è più numeroso del solito. Il tendone, seppure piccolo, è comunque pieno. Tale constatazione lo rende ancora più triste e depresso. Deluderà ancora più persone di quanto non faccia abitualmente. E, quasi di certo, quella sarà la sua ultima esibizione. Nonostante l’intercessione di Vanessa, il proprietario del circo è stato chiaro: quella è la sua ultima possibilità. Per la prima volta nella sua lunga carriera, Geppo è attanagliato dalla paura del palcoscenico. I battiti del suo cuore sono accelerati, l’ansia lo soffoca, il panico lo assale sempre più. Pensa di rinunciare, di scappare, di nascondersi, di sparire per sempre. Invece rimane immobile, poi inizia a truccarsi, ma persino le sue dita sono rigide e non obbediscono ai suoi ordini. A quel punto, non riesce più a frenare il pianto.
Vanessa entra di corsa nel camerino.
“Geppo! Hai visto quanta gente c’è? Sbrigati, che tra dieci minuti tocca a te!”
Poi lo vede. Geppo sembra ancor più minuto di quanto non sia. È raggomitolato sulla sedia, di fronte allo specchio, e il suo corpo è scosso da violenti sussulti.
Vanessa è sgomenta. Poi, all’improvviso, le viene un’idea.
“Geppo, lascia che sia io a truccarti” dice, dolcemente.
Lui, ormai ridotto a un automa, arrendevole la lascia fare.
La ragazza stende sul viso del clown una maschera bianca di cerone, gli sottolinea in nero il contorno degli occhi, non gli applica il naso finto. Poi lo aiuta a indossare un costume diverso dal solito, interamente bianco. Alla fine, lo sospinge con forza oltre la tenda, e lo catapulta direttamente sulla pista. Vanessa rimane nel camerino, non ha il coraggio di guardare, si limita a rimanere in ascolto. Dopo poco tempo sente i primi applausi, ai quali ben presto ne seguono altri.
Allora si affaccia e vede Geppo che ringrazia il pubblico. Dai suoi occhi continuano a scendere grosse lacrime. Ma la gente continua ad applaudire, ad applaudire e piangere nello stesso tempo. Ad applaudire e singhiozzare. A quel punto, anche lei è vinta dal pianto. Un pianto liberatorio, di gioia.  

  

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