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martedì 4 febbraio 2025

IL CACCIATORE DI TALPE

L'uomo avanza a fatica sul campo dissodato e spianato, pronto per essere seminato. Affonda, barcolla, ma continua ad andare avanti, claudicando. Non è più giovane, e soffre di una seria disabilità agli arti inferiori. I suoi piedi sono ruotati verso l'interno, lui si sforza di sollevarli, ma non sempre ci riesce e finisce per trascinarli. L'uomo suda e sbuffa, ma non demorde, si dirige risoluto verso un angolo del podere, dove un paio di giorni prima ha piazzato la trappola.

Le gambe dell'uomo non sono sempre state così malridotte. Un tempo erano sane e forti. Da giovane, quando sul finire della guerra è stato rastrellato dai fascisti e consegnato ai tedeschi, quando è stato deportato in un campo di lavoro in Germania, quando da quel luogo tremendo è riuscito ad andarsene dopo che i nazisti sono scappati,  quelle stesse gambe lo hanno riportato a casa. A piedi, dopo mesi di cammino, dopo aver attraversato mezza Europa.

Subito dopo il conflitto, ormai giovane uomo, è andato a lavorare in fabbrica. In quella fabbrica tossica che lo ha avvelenato e rovinato. Che gli ha distrutto le gambe. A quello che ormai era diventato un Grande Invalido, titolo che rivendica con amaro orgoglio, era stato dato per compassione un lavoro da uscire presso il municipio. Tutto il giorno seduto dietro a un tavolino in una buia anticamera, a dare informazioni inutili che nessuno ha mai avuto voglia di ascoltare. Poi finalmente la pensione. Da quel momento si è dedicato a quella che è diventata la sua unica occupazione, la sua ragione di vita, l'attività di cacciatore di talpe. È il migliore cacciatore del paese. Gli agricoltori si contendono i suoi servizi, non si fidano di nessun'altro. Lui esce al mattino con il vecchio motorino, visita tutti i poderi, sistema le sue trappole implacabili. Per le povere talpe non c'è scampo. Rientra soltanto la sera, dopo aver percorso tutto il giorno le stradine vicinali, un po' in sella al motorino, un po' a piedi aggrappato allo stesso per non cadere. 

L'uomo estrae la trappola. Anche stavolta ha fatto centro. La talpa è ormai morta. La prende, si avvicina con difficoltà a un piccolo albero, appende l'animale legandolo con una corda a un ramo basso. Poi se ne va, il suo lavoro è terminato. Domani passerà il contadino, conterà quanti corpi di talpa penzolano dalle fronde, e stabilirà il compenso per il cacciatore di talpe: cinque chili di grano o di granoturco per ogni bestia catturata.

 

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