Powered By Blogger

sabato 28 novembre 2015

IN TAVOLA ARRIVANO I PISELLI


E poi in tavola arrivano i piselli.
 “I piselli! I piselli!” urla mentre nessuno bada a lui. I piccoli grumi verdastri portati alla bocca uno a uno, le pellicine sottili trafitte dai denti e la sostanza farinosa disgustosa che si appiccica al palato. Si volta. Il venditore d’auto viene incontro con il suo abito blu da agenzia di pompe funebri, con il garofano rosso all’occhiello e i capelli lisciati all’indietro con la brillantina.
“Se mi cede la sua carretta in cambio le offro due automobili nuove. Guardi come si somigliano, sono praticamente identiche, sono gemelle. Non vuole? Dice che è affezionato al suo rottame? Non vuole o non può? Se è tale l’affetto che prova per quel mucchio di lamiere perché non la porta alla casa di riposo?”
La casa è d’epoca. Suona il campanello dorato sente uno scatto metallico entra. La portineria è un salone con al centro una grande scrivania di mogano seduta dietro una donna molto grassa con i riccioli neri e unti che stillano grasso le gocce cadono sul piano lucido e lo incerano e lo rendono splendido splendente e l’avvocato è lungo il corridoio a destra poi a sinistra poi di nuovo a destra con le scarpe impolverate e stanche che finalmente provano sollievo nel camminare affondare sul morbido tappeto con motivi psichedelici.
Sulla porta con avv. Tal dei Tali c’è un campanaccio che scuote sbatte percuote finché non appare una testa ornata da una parrucca di piume. Buonasera signor avvocato buonasera come sta? Entri pure si accomodi si distenda sulla sedia a sdraio è più comoda come vede non sono solo c’è anche la giudice è mia ospite così  le potrà illustrare direttamente la questione parli pure con lei che io ho bisogno di una doccia, si sa, le udienze sporcano. La giudice smette di sferruzzare lo scruta con occhi di civetta, con pochi abili colpi di forbice si scuce la bocca e gli porge qualcosa.
“Vada a prendere il latte!” ordina sentenzia con voce maschile poi picchia sul tavolo con una mazza e lo rompe in due. Giustizia è fatta.
La stradina di campagna è ricoperta di ghiaia sottile che scricchiola sotto i sandaletti blu. Il baracchino del latte è bianco a forma di anfora e lui toglie il coperchio che é legato al manico con una cordicella e poi annusa l’interno e l’odore di plastica calda è rivoltante subito richiude tappa sigilla. Apre la porticina di metallo si ritrova sull’ampia aia polli tacchini anatre cani lerci che abbaiano che tentano di mordere che rizzano il pelo.
“Non dicono niente” dice il fattore con gli stivali di gomma la grossa pancia che deborda con il bastone in mano che sventaglia davanti a sé si fa strada tra i pennuti come se fosse cieco con i cani fedeli alle calcagna che mi guardano male che pensano se potessimo affondare i denti nei tuoi polpacci teneri.
La lattaia esce dalla stalla con l’odore di merda vaccina che si spande in tutta corte regge il pesante secchio sbuffa con le due mani lo appoggia su un tavolino che traballa sotto il sole delle cinque della tarde. E il toro rinchiuso legato che mai vide luce emette suoni lugubri non pensa all’arena pensa alle vacche pezzate quelle dei suoi sogni proibiti. La superficie del latte nel secchio è ricoperta da mosche alcune morte altre che si agitano in preda ai primi sintomi di annegamento il colo le sposta le allarga si fa strada tra di loro poi il mestolo che accoglie il liquido giallognolo grasso e tiepido e lo introduce nel contenitore dove subito si acquieta e lui che fruga nelle tasche alla ricerca delle monete le afferra le conta le appoggia sul palmo calloso poco femminile poco curato senza traccia di manicure invece grande nodoso e sudicio. E poi scappa di corsa ma attenzione il latte non si deve versare il baracchino non deve cadere altrimenti chi la sente la nonna e se accade poi lo rimanderà alla cascina e tutto ricomincerà da capo, per sempre, prendendo una brutta piega.
“Guardami, sono tutta una piega” piagnucola la tovaglia. Non ti preoccupare, non vedi? Il ferro è già caldo appoggia la lingua sulla piastra rovente la lingua si incolla la stacca a fatica poi inizia tra sbuffi enormi di vapore che raggiungono il soffitto a massaggiare a passare e ripassare sull’asse finché lei si rilassa si spiana ritrova la sua dignità dopo il trauma del lavaggio la vergogna dell’asciugatura così esposta a tutti con la pelle che si secca con le rughe che diventano sempre più marcate il momento dove ognuno dimostra la sua vera età.
Passa e ripassa, con movimenti circolari, premendo schiacciando prima una piastrella poi un’altra fino a che diventano lucide. Ma non troppo! Se il lucido è eccessivo poi si scivola non va bene devi imparare a disciplinarti dice la madre puntando l’indice e lui sfrega e sfrega con la mano destra che poi si stanca con la mano sinistra con le ginocchia sul marmo freddo le ginocchia magre con le rotule appuntite che dolgono premute sulla superficie dura spietata indifferente. Non si va a tavola fino a quando non avrai finito ancora la genitrice a Cenerentolo con sguardo arcigno, già non hai raccolto i fiori di malva, aggiunge, oggi toccava a te.
E poi in tavola arrivano i piselli.
“I piselli! I piselli!” urla mentre nessuno bada a lui. Minuscoli granelli verdastri accompagnati alla bocca con cautela prudenza circospezione schiacciati tra le fauci sprizzano materia farinosa mentre gli occhi sono umidi di pianto.




Nessun commento:

Posta un commento