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domenica 22 novembre 2015

CONDOMINIUM


Il grande complesso residenziale, quando sarà ultimato, potrà ospitare più di cinquantamila famiglie. L’intera area che lo ospita, alla quale è possibile accedere attraverso decine di porte sorvegliate, è circondata da un alto muro di cemento. Esibisco il mio pass a un guardiano dall’aria annoiata ed entro. Gli edifici sono tutti collegati tra loro, una specie di serpente in muratura del quale non si intravede la fine. Il cantiere è ancora in piena attività: brulichio di operai affaccendati, urla, enormi gru che si innalzano verso il cielo. Inizio a percorrere gli interminabili portici. Sono bui, le armature impediscono quasi del tutto alla luce di filtrare. A terra scorgo macerie di ogni tipo, pezzi di ferro, cartacce, bottiglie di plastica. Noto con stupore che alcuni negozi sono già aperti, vendono abbigliamento, scarpe, materiale informatico. Ci sono dei bar e dei ristoranti, farmacie. Deduco che molte persone già risiedano nel mega condominio. Imbocco una scala che scende nelle viscere di quello che è chiamato Blocco 1. Dopo un po’ i gradini spariscono per far posto a uno scivolo elicoidale sul quale lascio scivolare le lisce suole delle mie scarpe. Poi mi arresto, quando non riesco più a vedere nulla. Non ci sono più luci. Sento un ansito, qualcuno sta risalendo lo scivolo. Si tratta di un’anziana donna, che reca con sé due sporte colme. Si ferma, mi guarda, cerca di riprendere fiato.
“Le scale sono le scale” dice, con un sospiro. Poi riprende la faticosa salita.
Subito dopo, dall’oscurità, spunta un uomo. È vestito in modo elegante, con giacca, cravatta e uno sgargiante panciotto, illuminato dalla torcia che tiene in mano.
“Torni indietro” dice, con un sorriso.
“Che cosa c’è lì sotto?” domando.
“Oh, nulla. La profondità” risponde.
Torniamo in superficie. Sempre seguito da quello strano individuo, mi avventuro su un graticcio di legno.
“Attenzione!” mi urla.
Il fragile telaio scricchiola sotto il mio peso. Sento abbaiare dei cani, li intravedo attraverso le fessure. Sono due pastori alsaziani con la bava alla bocca. Mi immobilizzo, ho paura di cadere tra le loro fauci.
“Sono i cani del custode del blocco” dice l’uomo.
“Mi aiuti” sussurro in prede al terrore.
Lui butta sul graticcio una spessa asse sulla quale cammino con attenzione. Quando sono ormai salvo sento un rumore che proviene da un ampio spiazzo. Un enorme escavatore, che sembra impazzito, ruota su se stesso finché non si rovescia a terra e prende fuoco. Poi, un’esplosione.
“Stanno girando un film” dice l’uomo. “Venga, l’accompagno in un luogo più tranquillo” aggiunge.
Senza badare se lo seguo o meno, si incammina di buon passo, tanto che fatico a tenere il suo passo. Marciamo per più di venti minuti, finché non arriviamo in prossimità dell’ultima parte del condominio.
Oltre, ci sono soltanto prati.
“Guardi” mi dice. “Non è bello? È il parco giochi”.
Schermandomi gli occhi dal sole con una mano, osservo con attenzione. Vedo centinaia e centinaia di altalene, blu e rosse, disposte su più file, perfettamente allineate. Sono tutte vuote, i loro seggiolini ondeggiano lentamente per effetto del vento.

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