Il
sole del mattino filtra pigro attraverso le persiane socchiuse e illumina la superficie
stropicciata delle lenzuola. Il letto, testimone muto di una notte di sonno e
sogni ora interrotti, conserva ancora l'impronta del corpo che lo ha lasciato appena
poche ore prima. Sul comodino un po' impolverato, un libro con la copertina
sgualcita giace a faccia in giù, un segnalibro di carta custodisce un punto di
lettura destinato a rimanere in sospeso.
Nella stanza vicina, il pigiama di flanella
forma un groviglio informe ai piedi di una poltrona. Sembra quasi un bozzolo abbandonato,
la traccia passeggera di un risveglio frettoloso, di gesti compiuti con la
mente già proiettata altrove.
Il bagno racconta una storia di
ordinaria quotidianità spezzata. Il tappetino di spugna è umido e un po'
spostato, un asciugamano pende storto dal termosifone. Sul lavabo, il tubetto
di dentifricio è rimasto aperto, il tappo appoggiato di traverso, lo spazzolino
umido nel bicchiere.
La
cucina, il cuore pulsante della casa, porta i segni di una sera trascorsa in
solitudine. La tovaglia a quadretti rossi e bianchi è ancora stesa sul tavolo,
ed è macchiata di vino rosso. Una bottiglia, per metà vuota, è accanto a un
bicchiere solitario. Briciole di pane sono sparse sulla superficie, frammenti
di un pasto consumato in silenzio.
Il frigorifero, colmo di provviste fresche,
vibra con un ronzio sommesso. All'interno, le confezioni colorate della spesa
fatta il giorno prima si allineano ordinate: verdure croccanti, formaggi
profumati, yogurt immacolati. Un promemoria di pasti da preparare, di una
normalità che il destino, e non solo, ha interrotto con brutalità.
Nel soggiorno, una lampada da terra con
il paralume di carta emana un chiarore caldo e inutile. È rimasta accesa, forse
dimenticata nella fretta di uscire, una luce solitaria in un'abitazione avvolta
nella quiete innaturale dell'assenza.
Sul davanzale della finestra, una
piccola pianticella di basilico china le sue foglie verdi, assetata. La terra
nel vaso è secca, implora la mano premurosa che di solito le offre ristoro.
Ogni
oggetto, nella sua tacita immobilità, parla di una vita interrotta, di
un'esistenza fatta di piccole abitudini, di gesti quotidiani ora sospesi nel
tempo. Il letto sfatto, il pigiama accartocciato, il bagno in disordine, la
tavola imbandita a metà, il libro aperto, il frigorifero pieno, la luce accesa,
la pianticella che soffre: testimonianze di un'assenza che pesa come un macigno
nell'aria immobile della casa. Sono le reliquie di un mattino come tanti, un
mattino che, senza alcun preavviso, si è trasformato nell'ultimo. È tutto ciò
che è rimasto.
(Nel 2024, in Italia, 1090 persone sono
uscite di casa al mattino per andare al lavoro e non sono più tornate).

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