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sabato 4 maggio 2013

PICCOLA STORIA IGNOBILE



ANTEFATTO
Le elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 non producono un risultato limpido. Alla Camera il Partito Democratico ottiene la maggioranza (grazie al premio) mentre al Senato nessuna forza politica ha numeri sufficienti per prevalere sulle altre. Inizia così per Pierluigi Bersani un cammino in salita. L’inizio delle sue pene. Il segretario del PD propone una alleanza al Movimento Cinque Stelle per formare il governo. La risposta è picche. Due sono gli errori di strategia di Bersani: il limitarsi a domandare semplicemente il sostegno senza che sia concordato un vero programma comune e l’insistere troppo sul suo nome per la guida dell’esecutivo. Proposte di collaborazione formulate in maniera differente avrebbero quasi di sicuro condotto al medesimo esito, tuttavia manca la controprova. Il risultato, in ogni caso, è quello di uno stallo totale. Tutto ciò avviene intanto che Berlusconi continua a invocare il governissimo, vale a dire l’intesa contro natura tra PDL e PD. Il presidente Napolitano, non in grado di dipanare l’intricata matassa, prende tempo, costituisce le commissioni dei Saggi e rimanda il tutto al suo successore, che sta per essere eletto.

FATTO
Ci si appresta a eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Il PD, in nome della più ampia condivisione possibile, come indicato dalla Costituzione, e dopo molte esitazioni, lancia il nome di Franco Marini. L’ex sindacalista viene impallinato di brutto nel corso della prima votazione proprio da chi l’ha proposto. Confusione. Caos. Che fare? Riproporre Marini fino alla quarta votazione, quando i voti necessari sono molti meno? Sembrerebbe una soluzione logica, ma non è perseguita. La candidatura Marini viene ritirata e, alla quarta votazione, viene presentato Romano Prodi, scelta di parte ma prestigiosa. Insomma, una virata netta, decisa. Berlusconi e i suoi sono inviperiti. Il PD non ha rispettato i patti! Preoccupazioni e timori che si rivelano del tutto inutili, dal momento che pure l’autorevole candidatura di Prodi viene brutalmente stroncata da ben 101 franchi tiratori del centro-sinistra. Prodi, indignato, rinuncia. A questo punto l’enorme pasticcio è completato. Il PD è in agonia. Pierluigi Bersani si dimette. Quasi tutti i partiti implorano Napolitano di acconsentire alla sua rielezione. Il vecchio presidente accetta ma, quale condizione imprescindibile, pena le dimissioni, impone il famigerato governissimo. In più, nel suo discorso di insediamento, sferza tutte le forze politiche, ne evidenzia mancanze, errori e incapacità. I parlamentari applaudono le parole del presidente con grande convinzione (sic!).

MISFATTO
Nasce il governo Letta, sostenuto da PDL, PD e Scelta Civica. L’esecutivo delle (quasi) larghe intese. Il suo programma è ambizioso, ma è fondato più sulle parole che sui numeri. Gli elettori berlusconiani accettano passivamente (perché così ha ordinato il Capo), quelli del PD hanno la bava alla bocca. Mai più al governo con Berlusconi, era stato detto dai dirigenti del loro partito fino a pochi giorni prima. Appunto. Un governo che comunque non potrà durare a lungo, e che non riuscirà a risolvere nessun problema. Si limiterà a tappare qualche buco, a operare qualche rattoppo. Un governo democristiano, del quale non c’era nessuna necessità. Il Paese aveva invece bisogno di ben altro. Di andare verso un vero cambiamento.Peccato che gli elettori, al momento del voto, non l’abbiano compreso. Comunque chiedo scusa per quest’ultima affermazione, perché gli elettori hanno sempre ragione, no?

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