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domenica 24 marzo 2013

LA CENA




“Su, entriamo.”
“Hai chiuso bene la macchina?”
“Sì, stai tranquilla. Andiamo.”
“Bello, però è già pieno.”
“Non preoccuparti, ho prenotato. Buonasera!”
“Come? Sì, ho riservato per due. Mancini.”
“Grazie.”
“Vieni, è quello in fondo.”
“Meno male, è in un angolo tranquillo.”
“Grazie.”
“Dove preferisci stare? Di là? Va bene, per me va bene. Ti appendo il giaccone? Come dici?”
“Ho detto di no. Lo sistemo dietro la sedia.”
“Farò anch’io così.”
“Il locale è grazioso, come fai a conoscerlo?”
“Sono venuto un paio di volte a pranzo.”
“A pranzo?”
“Sì, a pranzo. Perché?”
“Niente, così. Non me l’avevi detto.”
“Che cosa non ti avevo detto? Guarda che a pranzo ci vado tutti i giorni. Tu no?”
“Lo so che ci vai tutti i giorni. Soltanto non pensavo fossi mai venuto qua.”
“Perché?”
“Cosa?”
“Per quale motivo non posso venire qua?”
“Non ho detto questo. A proposito, con chi ci sei venuto?”
“Boh… con Rizzi, mi pare.”
“Solo voi due?”
“Credo di sì. Forse una volta c’era pure la Violante, se ricordo bene.”
“La Violante? La tua collega? Quella bionda e antipatica? Per non dire altro…”
“Che ti ha fatto? In fondo non è poi così antipatica, e poi l’hai vista solo una volta, non puoi giudicare.”
“Con tipi del genere una volta è più che sufficiente.”
“Smettila, per favore.”
“Grazie.”
“Grazie. No, niente aperitivo. Eh? La carta dei vini? Sì, grazie.”
“Non è che siete venuti solo voi due? Da soli, intendo dire.”
“Chi?”
“Tu e la tua collega.”
“Ancora! Basta, Silvia.”
“Perché ti indisponi così tanto? Hai forse qualcosa da nascondere?”
“Sei ossessiva, ecco perché! Hai deciso di rovinarmi il compleanno?”
“Non fare la vittima. Ti ho soltanto fatto una domanda.”
“Non mi pare. Sei gelosa, per caso?”
“Di quella?”
“È una bella donna, dopotutto.”
“I tuoi criteri di valutazione estetica sono alquanto discutibili.”
“Miseria, che acidità! E poi l’aspetto fisico, in una persona, non è tutto.”
“Ti riferisci a me?”
“No, non stavo parlando di te, il mio era un discorso generale. Mi dispiace, ma non sei al centro del mondo.”
“Sei un cretino.”
“E tu non hai il minimo senso dell’umorismo. Non devi… sta arrivando il cameriere, hai scelto?”
“No, non ancora. Ordina il vino.”
“Quale?”
“Fai tu. Che sia rosso, però.”
“Questo, grazie. No, può tornare tra qualche minuto? Grazie.”
“E adesso perché non parli?”
“Uh? No, stavo pensando…”
“A cosa?”
“Niente di particolare.”
“Sai Vilma, la mia collega?”
“Quella del centralino?”
“No, quella è Clara. Vilma, quella che è con me in ufficio. Quella un po’ grassottella…”
“Un po’ tanto…”
“Adesso è dimagrita.”
“Allora?”
“Ha l’amante.”
“Ma no! Non ci credo!”
“Invece è vero.”
“E tu come lo sai?”
“Come lo so? Me l’ha detto lei. Siamo amiche. E poi la copro sempre.”
“Tu?”
“Sì. Tu non lo faresti, con un tuo amico?”
“Aspetta, e chi sarebbe quest’amante?”
“So che si chiama Armando. Qualche volta ho parlato con lui, al telefono. Si sono conosciuti quest’estate, in vacanza, e da allora si sono frequentati, a volte da soli e a volte con le rispettive famiglie.”
“Con le famiglie? Addirittura?”
“Sì, il marito di Vilma e questo Armando sono diventati amici. Naturalmente lui, Bruno voglio dire, non sospetta nulla.”
“Che squallore! E che bell’amico!”
“Non fare il moralista, queste faccende sono sempre più complesse di quanto sembra.”
“A me pare una semplice porcheria. E basta.”
“Sì, abbiamo scelto. Spaghetti allo scoglio per entrambi. Poi vedremo. Silvia, vuoi assaggiare tu il vino?”
“No, fallo tu.”
“D’accordo. Sì, va benissimo, grazie.”
“E dove si incontrano?”
“Eh?”
“I due amanti, la tua collega e quell’altro, dove si incontrano?”
“Lui ha un negozio di abbigliamento.”
“E che cosa c’entra? Che fanno? Si accoppiano tra un cliente e l’altro?”
“Scemo. Si vedono nella pausa.”
“Si vedessero soltanto…”
“Carlo, falla finita! Sembri mio nonno! Se l’avessi saputo non avrei parlato.”
“E che cambiava? Quelli sarebbero ugualmente due maiali.”
“A volte sei proprio sgradevole. Chissà come reagiresti se ti dicessi che l’amante ce l’ho io, invece.”
“Ah! È così?”
“Carlo! E poi sarei io quella priva di senso dell’umorismo!”
“Il fatto è che… grazie.”
“Grazie.”
“Sembrano invitanti.”
“Speriamo che pesci e crostacei siano freschi.”
“Zitta, che ti sentono!”
“Con questo casino? Figurati!”
“Allora, come sono?”
“Buoni.”
“Te l’avevo detto.”
“Guarda quel cameriere.”
“Quale?”
“Non quello che ha servito noi. L’altro.”
“Beh?”
“Guarda come cammina, e come sculetta.”
“Che vorresti dire? Quel poveraccio ha i piedi piatti. E deve stare in piedi tutto il giorno.”
“Sembra un papero.”
“Mangia, per favore.”
“Smettila di dirmi che cosa devo fare!”
“Scusa.”
“Basta così.”
“Eh? Non li finisci?”
“Sono troppi.”
“Dai, passami il piatto.”
“Carlo!”
“Tieni il mio.”
“Carlo!”
“Sono ottimi, è un vero peccato lasciarli.”
“Perché non mi guardi?”
“Chi?”
“Tu! Perché quando mi parli non mi guardi negli occhi? Ti volti di continuo a destra e a sinistra, non stai mai fermo, sembri una gallina.”
“Non è vero, ti stavo guardando.”
“Bugiardo.”
“La verità è che non ti interesso molto. Non più.”
“Che dici? Non è vero.”
“Sai dire soltanto che non è vero e nient’altro.”
“E cosa dovrei dire? Di cosa dovrei parlare? Guarda che anche i tuoi discorsi non sono molto interessanti. Cose banali… l’amante della collega… il cameriere gay…”
“Del mio lavoro non ti importa nulla, né ti importa qualcosa di ciò che faccio nel tempo libero. La verità è che non facciamo mai nulla insieme e che non abbiamo interessi o argomenti in comune.”
“Adesso stiamo cenando. Insieme.”
“Questa è un’eccezione e lo sai benissimo. E comunque sono sicura che in questo momento vorresti essere da qualche altra parte.”
“Non dire sciocchezze. Non c’è nulla di male se abbiamo interessi diversi. Mi spiace, ma proprio non mi vedo fare quel pilates o come diavolo si chiama. Quello che fai tu in palestra, tanto per intenderci…”
“Non faccio soltanto quello…”
“E del corso di pittura su ceramica me ne frega un…”
“Carlo!”
“Scusa. Volevo semplicemente dire che, anche se non facciamo le stesse cose… il secondo? Silvia, cosa prendi per secondo?”
“Mmm… le scaloppe, quelle al limone.”
“Per me il brasato, grazie.”
“Che stavi dicendo?”
“Non mi ricordo più.”
“Ti sei macchiato?”
“Eh?”
“Lì sulla camicia. Vicino al colletto.”
“Forse.”
“Perché non ti compri qualcosa?”
“Cosa?”
“Vestiti. Hai sempre gli stessi vestiti. Da quanti anni non ti compri qualcosa di nuovo?”
“Guarda che questa giacca non è male, e poi mi piace.”
“È lisa sui gomiti! Una volta non eri così trasandato. E sul lavoro che cosa dicono? Guarda che così non fai bella figura con la tua collega…”
“E smettila con questa storia! Sai che odio andare nei negozi, lo considero tempo sprecato.”
“Allora vattene pure in giro nudo, ma stai lontano da me.”
“Sei la solita esagerata. Non credere che… grazie.”
“Grazie.”
“Mmm… qui il brasato è eccezionale!”
“Il mio piatto è enorme!”
“Cos’è che hai preso?”
“Le scaloppe, non le riconosci?”
“Sì. Scusa, ero distratto.”
“Come sempre quando sei con me.”
“Basta, per favore.”
“Versami un po’ di vino.”
“Certo.”
“Stai forse perdendo la memoria?”
“Perché?”
“Così… com’è il tuo brasato?”
“Ottimo, te l’ho detto. Che cosa c’entra la mia memoria?”
“Sai, a volte capita anche a me, non mi ricordo più ciò che ho fatto il giorno prima, mi sfuggono i nomi…”
“A me non capita.”
“Ma se non ti ricordi mai dove metti le chiavi dell’auto!”
“Mi succedeva anche da giovane. Comunque, che cosa vorresti sostenere? Che stiamo invecchiando? Consolati, dal momento che accade a tutti.”
“E tu non hai paura?”
“Paura? E di cosa?”
“Della vecchiaia.”
“Stai scherzando? No, non temo per nulla la vecchiaia. Anzi, mi auguro che arrivi in fretta, così potrò finalmente dire tutto ciò che mi passa per la testa! Come fanno i bambini, e nessuno si permette di giudicarli.”
“E non pensi al decadimento fisico? Non ci pensi mai?”
“Certo che ci penso! E ben venga questo temuto decadimento fisico! È il benvenuto! Ed è ciò che mi aiuterà a morire! O no?”
“Questi discorsi mi fanno rabbrividire.”
“Chi ha paura della morte rischia di morire di paura! Ogni giorno!”
“Falla finita con il tuo umorismo macabro. Una volta non eri così.”
“Una volta ero giovane. Eravamo giovani.”
“Smettila.”
“Non mangi più?”
“Sono sazia, e poi tu hai contribuito, con i tuoi discorsi, ad annullare quel poco appetito residuo. Comunque, se vuoi serviti pure, tanto sei una vera fogna.”
“Mi spiace che il cibo vada sprecato…”
“…con tutti quelli che muoiono di fame, giusto? Il fatto è che tu ti stai rimpinzando come un porco mentre quegli altri, quelli che ti fanno compassione solo in questo momento, continueranno a morire di fame. Le mie scaloppe te le stai sbafando tu, non loro!”
“Non riuscirai a farmi sentire in colpa. Mmm… veramente buone!”
“Vai piano con il vino, devi guidare.”
“Stai tranquilla.”
“Paola ti ha detto qualcosa?”
“Come?”
“Per Capodanno.”
“No.”
“Vuole andare in montagna.”
“Dove?”
“Con quel ragazzo.”
“Quale ragazzo?”
“Non dirmi che ignori che tua figlia, da parecchi mesi ormai, frequenta un ragazzo.”
“Non ne so nulla.”
“Ma se l’hai pure conosciuto! Guido, non ti ricordi?”
“Non è un compagno di classe?”
“È anche un compagno di classe.”
“E vorrebbero andare da soli? Loro due, intendo.”
“Sì, e non ci vedo nulla di male. Lui mi sembra un ragazzo serio.”
“Non se ne parla neanche.”
“Come?”
“Ho detto che la mia risposta è no!”
“Adesso capisco perché non ti ha detto nulla.”
“È stata saggia. Evidentemente conosce bene il proprio padre.”
“Tanto ci andrà lo stesso.”
“Ti sbagli.”
“Guarda che Paola ha diciotto anni.”
“Che vuol dire? Finché vivrà sotto il nostro tetto dovrà fare ciò che diremo noi!”
“Io le ho detto di sì. Non puoi contraddirmi.”
“Scusa Silvia, ma tu da che parte stai?”
“Dalla parte di mia figlia.”
“Tua figlia? Guarda che è anche mia!”
“Non essere infantile.”
“Voi due tramate alle mie spalle e poi sarei io quello infantile?”
“Allora?”
“Allora faccia come crede, ma se si mette nei guai che poi non venga a piangere sulla spalla del suo paparino!”
“Quali guai?”
“Lasciamo stare! Come? Sì, siamo a posto, grazie.
“Grazie.”
“Un dolce? Silvia, ti va un dolce?”
“Sto scoppiando….”
“Io prendo la mousse al cioccolato, e tu?”
“No, non ce la faccio proprio.”
“Grazie.”
“Perché non hai preso il dolce? In fondo hai mangiato poco…”
“La dieta, ti ricordi la mia dieta? Oppure hai dimenticato anche quella?”
“Sì che me la ricordo, però pensavo che almeno oggi potessi fare un’eccezione.”
“L’ho già fatta. A proposito, buon compleanno Carlo.”
“Grazie.”
“Sai una cosa? In fondo potevamo invitarla, è sempre così sola.”
“Chi?”
“Mia madre.”
“Tu sei pazza!”
“Perché?”
“Ma come? Ce la ritroviamo tra i piedi tutti i giorni e tu l’avresti voluta pure qui? Avrebbe di sicuro rovinato il mio compleanno.”
“Come sei crudele. In realtà lei ti vuole bene.”
“La sua è una realtà del tutto particolare.”
“Ma se ti ha pure fatto il regalo!”
“Ti riferisci a quell’orrenda cravatta? Comunque, io l’ho ringraziata.”
“Una volta non eri così.”
“Me l’hai già detto.”
“È bene ripeterlo.”
“Posso finire il vino?”
“Sì.”
“Vuoi il caffè?”
“Sì. Carlo?”
“Dimmi.”
“Poi chiedi il conto?”
“Sì.”

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