L’uomo con il vestito
grigio scrolla le spalle e scuote il capo. No, non c’è niente, dice senza
parlare. Non ne ha più voglia, di aprire la bocca, di pronunciare parole
inutili. Tanto la risposta è sempre la stessa: non c’è lavoro. È stanco, e
rassegnato tanto quanto i suoi abituali interlocutori. Spesso gli capita di
avere paura. Non è raro che qualcuno si produca in escandescenze, dando così
sfogo a rabbia e frustrazione repressi troppo a lungo.. Più di una volta ha
temuto per la sua incolumità. Il giovane che gli sta di fronte però non sembra
animato da cattive intenzioni. Il suo sguardo è malinconico, è quello di una
persona che ormai si è arresa, che da tempo ha smesso di lottare. Nemmeno la
collera o il rancore riescono più a farsi strada, a scuotere quel corpo
avvilito.
Dario annuisce
all’impiegato, poi esce dai locali del Centro per l’impiego, dove ancora
sostano in vana attesa tanti disperati come lui. Il ragazzo cammina senza meta
per le strade di quella città che gli appare sempre più ostile. Come sempre lo
aspetta una giornata vuota, da riempire in qualche modo. Con le mani in tasca,
con gli occhi che guardano tutto ma non vedono nulla, si dirige verso i
giardinetti. Dove troverà pensionati, giovane mamme con bambini e tanti cani.
Lui sarà l’unico corpo estraneo in quell’ambiente, la sola nota stonata.
Dario si ferma a
osservare il contenuto di un cestino dei rifiuti. Da un po’ di tempo è preda di
quella detestabile debolezza. Non riesce proprio a evitarla. Ovviamente si
limita a dare un’occhiata di sfuggita, non tocca mai niente. Oggi decide di
fare un’eccezione. Ha visto un quotidiano in buone condizioni spuntare dal
contenitore ammaccato e arrugginito. Con due dita lo sfila e se ne impossessa,
poi si dirige verso una vicina panchina. Si siede e sfoglia il giornale. In
terza pagina un titolo ben evidenziato lo colpisce come una stilettata: “Il
tasso di disoccupazione giovanile tocca il 39%.” E ancora: “Quadruplicata la
cassa integrazione, dimezzata la domanda di lavoro, peggiorata la qualità dei
contratti per i (pochi) nuovi assunti.”
Dario è sempre più
abbattuto e depresso. Vorrebbe piangere, ma non ci riesce più. Tutto in lui è
arido.
Volta la pagina con un
gesto brusco.
“Tra due giorni avrà
inizio il Conclave” dice il titolo.
°°°
Alla Taverna de’
Mercanti, in pieno Trastevere, come tutte le sere c’è una grande confusione.
I due cardinali,
facendosi largo tra la folla di turisti in attesa di un posto libero per
cenare, raggiungono il tavolo che, con l’oculatezza che li contraddistingue,
hanno prenotato fin dal giorno precedente.
Si accomodano ed
entrambe le sedie scricchiolano e gemono. Poi srotolano i candidi tovaglioli e
li fissano sotto gli abbondanti e morbidi doppi menti. Ecco, adesso sono
pronti. In giornate scandite da innumerevoli atti cerimoniali, l’ultimo rito
quotidiano è stato portato a termine. Ora si mangia. I porporati ritrovano la
loro abituale loquacità soltanto dopo aver spazzolato un enorme piatto di
bruschette miste, debitamente innaffiate con un fresco vino dei Castelli.
“Allora, Giovanni?”
dice il cardinal Scala, ingoiando l’ultimo boccone.
“Eh?” risponde Malvasi,
disattento, impegnato a servirsi da bere.
L’altro schiocca le
labbra, dirige lo sguardo al soffitto.
“Tutte queste
Congregazioni! Tutte quelle discussioni! Alla fine, che cosa abbiamo concluso?”
“Boh!” risponde
Malvasi, che cerca di attirare l’attenzione del cameriere.
“È meglio un Papa
incline al confronto e dotato di una spiccata vocazione missionaria oppure uno
con forte spirito manageriale che possa rivedere quella catena di comando che,
negli ultimi tempi, è apparsa così debole? Che ne dici?”
“Eh? Cameriere!
Cameriere!”
“In ogni caso la Curia
Romana dovrà essere sottoposta a una profonda riforma. Soltanto così la Chiesa
sarà in grado di affrontare le sfide che la attendono nei prossimi anni.
Saranno sempre più in primo piano i temi internazionali e le questioni
geo-politiche, senza dimenticare la crescente crisi di vocazioni, per quale si
dovrà trovare un rimedio, e gli strascichi legati agli scandali…”
Arriva finalmente il
cameriere.
“Scusa se ti
interrompo, Ludovico. Per me lombatina di vitello, tu che prendi?”
“Mmm… quaglie alla
diavola!” dice Scala, compiaciuto, strizzando un occhio al collega. Il
cameriere si allontana.
“Stavi dicendo?”
domanda Malvasi.
“In realtà stavo
elencando i temi che avremmo dovuto affrontare nel corso degli scambi di idee
con gli altri cardinali ma che invece non abbiamo toccato.”
“Già. Ciò è sorprendente
ma non del tutto.”
“Ti riferisci a
quell’unica questione che è emersa?” chiede Scala.
“Diciamo pure che è
prevalsa” risponde il collega, dolente.
“La teoria del Papa
Vigoroso! L’unico in grado di riformare la Chiesa, a detta di quasi tutti.”
“Ho avuto l’impressione
che noi due fossimo gli unici a non essere d’accordo.”
“La tua valutazione è
corretta. Siamo in netta minoranza.”
Arrivano i piatti, ai
quali i due porporati si dedicano in religioso silenzio. Poi riprende la
conversazione. Scala e Malvasi sono paonazzi in viso, le povere sedie stridono
sempre più.
“È come se tutti
fossero rimasti annichiliti e annientati dall’inaspettata decisione di Joseph”
dice Malvasi.
Scala sospira a lungo
prima di rispondere.
“Sai che negli ultimi
tempi gli sono stato molto vicino…”
“Allora? Avevi intuito
qualcosa?”
“Forse sì, anche se non
avevo dato troppa importanza ad alcuni particolari.”
“Vale a dire? Ehi!
Cameriere!”
“Spesso mi diceva di
essere stanco. Una fiacchezza dello spirito ma soprattutto una enorme
spossatezza fisica. Pensa che una volta l’ho sorpreso a sfogliare un vecchio
album di fotografie.”
“Cioè?”
“Ritraevano Karol sugli
sci, in piscina. E sui sentieri di montagna.”
“Eh! Il vecchio Karol!
Cameriere! Ci può portare il dolce? Tozzetti con vin santo per entrambi! Dico
bene, Ludovico? ” L’altro conferma.
“Ci dobbiamo
rassegnare. Anche se non voteremo per lui, il cardinale Salinas sarà comunque
eletto Papa. Tu lo conosci bene?”
“Per niente. Non ho mai
avuto alcun contatto con lui.”
“È anche tanto
giovane.”
“Troppo. Che ne dici di
incontrarlo in privato?”
“Quando?” dice Malvasi,
intingendo un biscottino nel vino.
“Non ci rimane molto
tempo. Domani.”
Il collega approva, poi
afferra un altro dolcetto. Si lecca le labbra e lo tuffa nel bicchiere.
°°°
Tutto è grigio. Il
cielo, il selciato, i grandi e anonimi palazzi di quella squallida periferia. È
grigia la sua anima.
Dario si avvicina a un
portone dalla vernice scrostata. Preme un campanello, uno dei pochi rimasti
intatti. Dal balcone del secondo piano si affaccia una ragazza. Bionda, minuta,
indossa una tuta sportiva stinta.
“Aspetta, scendo un
attimo” dice, con una voce dal timbro acuto. Dopo pochi minuti è di fronte al
suo ragazzo.
“Non volevo disturbarti”
dice Dario, dopo aver scambiato con lei un frettoloso bacio.
“Non importa. Che cosa
vuoi?”
“Niente, passavo di qua
e ho pensato di salutarti.”
“Per quale motivo
passavi di qua?” lo incalza la ragazza.
Dario alza le spalle.
Non sa che rispondere.
“Ti volevo chiedere se
stasera usciamo” dice infine.
“Non mi potevi
telefonare?”
“Perché sprecare denaro
quando si dispone di tanto tempo?”
“Già. Il fatto è che io
di tempo ne ho molto meno. Dove mi vorresti portare?”
“Portare? Perché ti
esprimi in questo modo? Io non porto nessuno! Al limite ci andiamo insieme.”
“Dario, falla finita!
Allora, dove andiamo stasera? Cinema, teatro? Qualche festa?”
“Uh? No, avevo pensato
a una passeggiata in centro. Sai, i soldi…”
“Dario, adesso devo proprio
andare. Mia zia mi aspetta per finire il lavoro. Perché non ci rivediamo tra
qualche giorno? O tra qualche mese… Forse nel frattempo avrai trovato un’occupazione,
e saremo entrambi più sereni.”
“Giulia, aspetta! Vuoi
dire che tra di noi è tutto finito?”
“Ne discuteremo la
prossima volta. Sono davvero in ritardo. Ciao Dario!”
La ragazza rientra nel
palazzo. Il giovane rimane immobile di fronte all’androne, a bocca aperta.
Incapace di reagire, colto da un gran senso di nausea. Si volta e si allontana,
trascinando i piedi.
Tutto è sempre più
grigio.
°°°
L’albergo, all’esterno,
appare piuttosto fatiscente. All’interno, alquanto equivoco.
"Salinas non ha voluto gravare troppo sulle finanze del Vaticano" dice Scala.
"Già" risponde Malvasi guardandosi attorno disgustato.
"Salinas non ha voluto gravare troppo sulle finanze del Vaticano" dice Scala.
"Già" risponde Malvasi guardandosi attorno disgustato.
I due cardinali attraversano
circospetti l’atrio polveroso e si avvicinano al banco. Un uomo li riceve con
un cenno di saluto tutt’altro che amichevole.
“Prego?” sibila.
“Dovremmo parlare con l’arcivescovo
Salinas” esordisce Scala, un po’ intimidito dall’ambiente.
“Il signor Salinas non
desidera essere importunato. Ho già dovuto cacciare un sacco di giornalisti e
altri ficcanaso.”
Malvasi sospira a
lungo, poi decide di prendere in mano la situazione.
“Mi ascolti bene,
signore. Noi siamo colleghi del cardinale Salinas. Abbiamo un appuntamento con
lui, capito? Lui intende riceverci. Sono stato chiaro?”
L’altro lo guarda in
malo modo, poi acconsente.
“Vi faccio accompagnare
da lui. Ambra! Ambra! Vieni subito qui!”
Arriva una donna,
vestita in maniera molto appariscente. Indossa una camicetta attillata, senza
maniche, e una gonna molto corta che mette in evidenza le lunghe gambe, nude.
“Porta questi due
signori dal loro collega Salinas” ordina il portiere.
“Da Pedro? Davvero
lavorate con lui? Di che cosa vi occupate?” civetta la donna.
“Siamo pastori” dice
Scala.
“Pastori?” domanda la
donna, incredula.
“Di anime” aggiunge Malvasi.
“Ah! Seguitemi, Pedro è
di sotto.”
Il terzetto percorre
lunghi corridoi puzzolenti. Poi, con un traballante ascensore, scendono nell’interrato.
“Pedro è nello spazio
benessere” spiega la donna ai due porporati. I quali annuiscono senza
comprendere. Sono completamente frastornati.
“Ecco, siete arrivati.
Pedro è laggiù” dice la donna, prima di congedarsi scuotendo i fianchi.
Nel locale c’è poca
luce, il soffitto è basso e l’aria è viziata. Nella penombra i due cardinali
intravedono un uomo robusto disteso su una panca ginnica. Sta eseguendo dei
sollevamenti con un pesante bilanciere. Indossa una maglietta e dei
pantaloncini. I muscoli delle sue braccia sono ingrossati per lo sforzo, e
fanno risaltare la pelle bruna ricoperta da minuscole gocce di sudore.
“Il Papa Vigoroso!”
sussurra Scala, non riuscendo a nascondere il suo stupore.
“Ludovico, andiamocene
via. Qui non abbiamo niente da fare. E nulla da dire.”
°°°
Ancora un giorno
trascorso a girovagare per la città. Quella città che lo respinge, che non ha
un posto per lui.
Dario è stanco, deluso
e sempre più amareggiato. Rientra a casa e si butta sul vecchio divano
sfondato. La televisione è accesa, sua madre sta assistendo all’esito della
prima votazione del Conclave. Le telecamere indugiano sul camino, dal quale
dovrebbe uscire a breve la fumata. Piazza S. Pietro è gremita, la folla è in
febbrile attesa. Da giorni si ipotizza un Conclave di breve durata, tuttavia è
difficile che il nuovo Pontefice sia scelto già al primo voto. Squilla il
telefono.
“Rispondo io” dice la
donna, e si dirige nell’ingresso.
Dario annuisce,
riconoscente. In ogni caso non avrebbe avuto la forza per alzarsi. Continua a
fissare lo schermo, come ipnotizzato. All’improvviso l’inquadratura si stringe
proprio sul camino, dal quale esce un sottile filo di fumo. Bianco.
“Mamma! Fumata Bianca! Hanno
eletto il Papa!” esclama Dario. Lui stesso non sa spiegarsi questo suo
sorprendente entusiasmo. Del Papa non gli è mai importato nulla.
“Vieni a vedere! Mamma!”
“Un attimo. Sono al
telefono!”
Trascorrono alcuni
minuti. Poi il nuovo Pontefice finalmente si affaccia. Sembra giovane, e sicuro
di sé.
“Mamma, sbrigati!”
“Un momento! Arrivo!”
La donna entra nel soggiorno
mentre il cardinale Salinas, ora divenuto Sua Santità Pio XIII, pronuncia le
sue prime parole.
“Mamma, che fai? Stai
piangendo? Piangi perché hanno eletto il nuovo Papa?” chiede Dario, turbato.
Sua madre scuote il
capo.
“Al telefono era Ghisleri.
Mi ha detto che ti assumeranno. Dario, hai un lavoro!”
Il ragazzo si volta
verso lo schermo televisivo. Anche i suoi occhi sono diventati lucidi. Vuole
nascondere la sua fragilità, attendere che si trasformi in gioia prima di
incrociare di nuovo lo sguardo di sua madre. Scorge il nuovo Papa nell’atto di
benedire. Un gesto che sembra rivolto esclusivamente a lui. Dario riesce a
ritrovare il sorriso quando scorge i pettorali magnificamente scolpiti del Pontefice
che gonfiano la talare immacolata fin quasi a lacerarla.
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