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domenica 10 marzo 2013

IL VIGOROSO

L’uomo con il vestito grigio scrolla le spalle e scuote il capo. No, non c’è niente, dice senza parlare. Non ne ha più voglia, di aprire la bocca, di pronunciare parole inutili. Tanto la risposta è sempre la stessa: non c’è lavoro. È stanco, e rassegnato tanto quanto i suoi abituali interlocutori. Spesso gli capita di avere paura. Non è raro che qualcuno si produca in escandescenze, dando così sfogo a rabbia e frustrazione repressi troppo a lungo.. Più di una volta ha temuto per la sua incolumità. Il giovane che gli sta di fronte però non sembra animato da cattive intenzioni. Il suo sguardo è malinconico, è quello di una persona che ormai si è arresa, che da tempo ha smesso di lottare. Nemmeno la collera o il rancore riescono più a farsi strada, a scuotere quel corpo avvilito.
Dario annuisce all’impiegato, poi esce dai locali del Centro per l’impiego, dove ancora sostano in vana attesa tanti disperati come lui. Il ragazzo cammina senza meta per le strade di quella città che gli appare sempre più ostile. Come sempre lo aspetta una giornata vuota, da riempire in qualche modo. Con le mani in tasca, con gli occhi che guardano tutto ma non vedono nulla, si dirige verso i giardinetti. Dove troverà pensionati, giovane mamme con bambini e tanti cani. Lui sarà l’unico corpo estraneo in quell’ambiente, la sola nota stonata.
Dario si ferma a osservare il contenuto di un cestino dei rifiuti. Da un po’ di tempo è preda di quella detestabile debolezza. Non riesce proprio a evitarla. Ovviamente si limita a dare un’occhiata di sfuggita, non tocca mai niente. Oggi decide di fare un’eccezione. Ha visto un quotidiano in buone condizioni spuntare dal contenitore ammaccato e arrugginito. Con due dita lo sfila e se ne impossessa, poi si dirige verso una vicina panchina. Si siede e sfoglia il giornale. In terza pagina un titolo ben evidenziato lo colpisce come una stilettata: “Il tasso di disoccupazione giovanile tocca il 39%.” E ancora: “Quadruplicata la cassa integrazione, dimezzata la domanda di lavoro, peggiorata la qualità dei contratti per i (pochi) nuovi assunti.”
Dario è sempre più abbattuto e depresso. Vorrebbe piangere, ma non ci riesce più. Tutto in lui è arido.
Volta la pagina con un gesto brusco.
“Tra due giorni avrà inizio il Conclave” dice il titolo.

                                                °°°
Alla Taverna de’ Mercanti, in pieno Trastevere, come tutte le sere c’è una grande confusione.
I due cardinali, facendosi largo tra la folla di turisti in attesa di un posto libero per cenare, raggiungono il tavolo che, con l’oculatezza che li contraddistingue, hanno prenotato fin dal giorno precedente.
Si accomodano ed entrambe le sedie scricchiolano e gemono. Poi srotolano i candidi tovaglioli e li fissano sotto gli abbondanti e morbidi doppi menti. Ecco, adesso sono pronti. In giornate scandite da innumerevoli atti cerimoniali, l’ultimo rito quotidiano è stato portato a termine. Ora si mangia. I porporati ritrovano la loro abituale loquacità soltanto dopo aver spazzolato un enorme piatto di bruschette miste, debitamente innaffiate con un fresco vino dei Castelli.
“Allora, Giovanni?” dice il cardinal Scala, ingoiando l’ultimo boccone.
“Eh?” risponde Malvasi, disattento, impegnato a servirsi da bere.
L’altro schiocca le labbra, dirige lo sguardo al soffitto.
“Tutte queste Congregazioni! Tutte quelle discussioni! Alla fine, che cosa abbiamo concluso?”
“Boh!” risponde Malvasi, che cerca di attirare l’attenzione del cameriere.
“È meglio un Papa incline al confronto e dotato di una spiccata vocazione missionaria oppure uno con forte spirito manageriale che possa rivedere quella catena di comando che, negli ultimi tempi, è apparsa così debole? Che ne dici?”
“Eh? Cameriere! Cameriere!”
“In ogni caso la Curia Romana dovrà essere sottoposta a una profonda riforma. Soltanto così la Chiesa sarà in grado di affrontare le sfide che la attendono nei prossimi anni. Saranno sempre più in primo piano i temi internazionali e le questioni geo-politiche, senza dimenticare la crescente crisi di vocazioni, per quale si dovrà trovare un rimedio, e gli strascichi legati agli scandali…”
Arriva finalmente il cameriere.
“Scusa se ti interrompo, Ludovico. Per me lombatina di vitello, tu che prendi?”
“Mmm… quaglie alla diavola!” dice Scala, compiaciuto, strizzando un occhio al collega. Il cameriere si allontana.
“Stavi dicendo?” domanda Malvasi.
“In realtà stavo elencando i temi che avremmo dovuto affrontare nel corso degli scambi di idee con gli altri cardinali ma che invece non abbiamo toccato.”
“Già. Ciò è sorprendente ma non del tutto.”
“Ti riferisci a quell’unica questione che è emersa?” chiede Scala.
“Diciamo pure che è prevalsa” risponde il collega, dolente.
“La teoria del Papa Vigoroso! L’unico in grado di riformare la Chiesa, a detta di quasi tutti.”
“Ho avuto l’impressione che noi due fossimo gli unici a non essere d’accordo.”
“La tua valutazione è corretta. Siamo in netta minoranza.”
Arrivano i piatti, ai quali i due porporati si dedicano in religioso silenzio. Poi riprende la conversazione. Scala e Malvasi sono paonazzi in viso, le povere sedie stridono sempre più.
“È come se tutti fossero rimasti annichiliti e annientati dall’inaspettata decisione di Joseph” dice Malvasi.
Scala sospira a lungo prima di rispondere.
“Sai che negli ultimi tempi gli sono stato molto vicino…”
“Allora? Avevi intuito qualcosa?”
“Forse sì, anche se non avevo dato troppa importanza ad alcuni particolari.”
“Vale a dire? Ehi! Cameriere!”
“Spesso mi diceva di essere stanco. Una fiacchezza dello spirito ma soprattutto una enorme spossatezza fisica. Pensa che una volta l’ho sorpreso a sfogliare un vecchio album di fotografie.”
“Cioè?”
“Ritraevano Karol sugli sci, in piscina. E sui sentieri di montagna.”
“Eh! Il vecchio Karol! Cameriere! Ci può portare il dolce? Tozzetti con vin santo per entrambi! Dico bene, Ludovico? ” L’altro conferma.
“Ci dobbiamo rassegnare. Anche se non voteremo per lui, il cardinale Salinas sarà comunque eletto Papa. Tu lo conosci bene?”
“Per niente. Non ho mai avuto alcun contatto con lui.”
“È anche tanto giovane.”
“Troppo. Che ne dici di incontrarlo in privato?”
“Quando?” dice Malvasi, intingendo un biscottino nel vino.
“Non ci rimane molto tempo. Domani.”
Il collega approva, poi afferra un altro dolcetto. Si lecca le labbra e lo tuffa nel bicchiere.

                                                °°°
Tutto è grigio. Il cielo, il selciato, i grandi e anonimi palazzi di quella squallida periferia. È grigia la sua anima.
Dario si avvicina a un portone dalla vernice scrostata. Preme un campanello, uno dei pochi rimasti intatti. Dal balcone del secondo piano si affaccia una ragazza. Bionda, minuta, indossa una tuta sportiva stinta.
“Aspetta, scendo un attimo” dice, con una voce dal timbro acuto. Dopo pochi minuti è di fronte al suo ragazzo.
“Non volevo disturbarti” dice Dario, dopo aver scambiato con lei un frettoloso bacio.
“Non importa. Che cosa vuoi?”
“Niente, passavo di qua e ho pensato di salutarti.”
“Per quale motivo passavi di qua?” lo incalza la ragazza.
Dario alza le spalle. Non sa che rispondere.
“Ti volevo chiedere se stasera usciamo” dice infine.
“Non mi potevi telefonare?”
“Perché sprecare denaro quando si dispone di tanto tempo?”
“Già. Il fatto è che io di tempo ne ho molto meno. Dove mi vorresti portare?”
“Portare? Perché ti esprimi in questo modo? Io non porto nessuno! Al limite ci andiamo insieme.”
“Dario, falla finita! Allora, dove andiamo stasera? Cinema, teatro? Qualche festa?”
“Uh? No, avevo pensato a una passeggiata in centro. Sai, i soldi…”
“Dario, adesso devo proprio andare. Mia zia mi aspetta per finire il lavoro. Perché non ci rivediamo tra qualche giorno? O tra qualche mese… Forse nel frattempo avrai trovato un’occupazione, e saremo entrambi più sereni.”
“Giulia, aspetta! Vuoi dire che tra di noi è tutto finito?”
“Ne discuteremo la prossima volta. Sono davvero in ritardo. Ciao Dario!”
La ragazza rientra nel palazzo. Il giovane rimane immobile di fronte all’androne, a bocca aperta. Incapace di reagire, colto da un gran senso di nausea. Si volta e si allontana, trascinando i piedi.
Tutto è sempre più grigio.

                                               °°°
L’albergo, all’esterno, appare piuttosto fatiscente. All’interno, alquanto equivoco.
"Salinas non ha voluto gravare troppo sulle finanze del Vaticano" dice Scala.
"Già" risponde Malvasi guardandosi attorno disgustato.
I due cardinali attraversano circospetti l’atrio polveroso e si avvicinano al banco. Un uomo li riceve con un cenno di saluto tutt’altro che amichevole.
“Prego?” sibila.
“Dovremmo parlare con l’arcivescovo Salinas” esordisce Scala, un po’ intimidito dall’ambiente.
“Il signor Salinas non desidera essere importunato. Ho già dovuto cacciare un sacco di giornalisti e altri ficcanaso.”
Malvasi sospira a lungo, poi decide di prendere in mano la situazione.
“Mi ascolti bene, signore. Noi siamo colleghi del cardinale Salinas. Abbiamo un appuntamento con lui, capito? Lui intende riceverci. Sono stato chiaro?”
L’altro lo guarda in malo modo, poi acconsente.
“Vi faccio accompagnare da lui. Ambra! Ambra! Vieni subito qui!”
Arriva una donna, vestita in maniera molto appariscente. Indossa una camicetta attillata, senza maniche, e una gonna molto corta che mette in evidenza le lunghe gambe, nude.
“Porta questi due signori dal loro collega Salinas” ordina il portiere.
“Da Pedro? Davvero lavorate con lui? Di che cosa vi occupate?” civetta la donna.
“Siamo pastori” dice Scala.
“Pastori?” domanda la donna, incredula.
“Di anime” aggiunge Malvasi.
“Ah! Seguitemi, Pedro è di sotto.”
Il terzetto percorre lunghi corridoi puzzolenti. Poi, con un traballante ascensore, scendono nell’interrato.
“Pedro è nello spazio benessere” spiega la donna ai due porporati. I quali annuiscono senza comprendere. Sono completamente frastornati.
“Ecco, siete arrivati. Pedro è laggiù” dice la donna, prima di congedarsi scuotendo i fianchi.
Nel locale c’è poca luce, il soffitto è basso e l’aria è viziata. Nella penombra i due cardinali intravedono un uomo robusto disteso su una panca ginnica. Sta eseguendo dei sollevamenti con un pesante bilanciere. Indossa una maglietta e dei pantaloncini. I muscoli delle sue braccia sono ingrossati per lo sforzo, e fanno risaltare la pelle bruna ricoperta da minuscole gocce di sudore.
“Il Papa Vigoroso!” sussurra Scala, non riuscendo a nascondere il suo stupore.
“Ludovico, andiamocene via. Qui non abbiamo niente da fare. E nulla da dire.”

                                                  °°°

Ancora un giorno trascorso a girovagare per la città. Quella città che lo respinge, che non ha un posto per lui.
Dario è stanco, deluso e sempre più amareggiato. Rientra a casa e si butta sul vecchio divano sfondato. La televisione è accesa, sua madre sta assistendo all’esito della prima votazione del Conclave. Le telecamere indugiano sul camino, dal quale dovrebbe uscire a breve la fumata. Piazza S. Pietro è gremita, la folla è in febbrile attesa. Da giorni si ipotizza un Conclave di breve durata, tuttavia è difficile che il nuovo Pontefice sia scelto già al primo voto. Squilla il telefono.
“Rispondo io” dice la donna, e si dirige nell’ingresso.
Dario annuisce, riconoscente. In ogni caso non avrebbe avuto la forza per alzarsi. Continua a fissare lo schermo, come ipnotizzato. All’improvviso l’inquadratura si stringe proprio sul camino, dal quale esce un sottile filo di fumo. Bianco.
“Mamma! Fumata Bianca! Hanno eletto il Papa!” esclama Dario. Lui stesso non sa spiegarsi questo suo sorprendente entusiasmo. Del Papa non gli è mai importato nulla.
“Vieni a vedere! Mamma!”
“Un attimo. Sono al telefono!”
Trascorrono alcuni minuti. Poi il nuovo Pontefice finalmente si affaccia. Sembra giovane, e sicuro di sé.
“Mamma, sbrigati!”
“Un momento! Arrivo!”
La donna entra nel soggiorno mentre il cardinale Salinas, ora divenuto Sua Santità Pio XIII, pronuncia le sue prime parole.
“Mamma, che fai? Stai piangendo? Piangi perché hanno eletto il nuovo Papa?” chiede Dario, turbato.
Sua madre scuote il capo.
“Al telefono era Ghisleri. Mi ha detto che ti assumeranno. Dario, hai un lavoro!”
Il ragazzo si volta verso lo schermo televisivo. Anche i suoi occhi sono diventati lucidi. Vuole nascondere la sua fragilità, attendere che si trasformi in gioia prima di incrociare di nuovo lo sguardo di sua madre. Scorge il nuovo Papa nell’atto di benedire. Un gesto che sembra rivolto esclusivamente a lui. Dario riesce a ritrovare il sorriso quando scorge i pettorali magnificamente scolpiti del Pontefice che gonfiano la talare immacolata fin quasi a lacerarla.


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