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sabato 12 gennaio 2013

IL PONTE



Scelgo il mio abito più elegante. Lo allargo sul letto e lo osservo. Sì, può andare bene, anche se si rovinerà. Indosso la biancheria, proprio quel completo color malva che a lui piace tanto. Poi vado in bagno, dove finisco di truccarmi. Un maquillage leggero. Appena un po’ di fondo tinta, per ravvivare le mie guance pallide, una passata di matita e, infine, l’irrinunciabile rossetto. Torno in camera, dove mi infilo il vestito. Niente collant, tanto fa caldo. Calzo dei comodi sandali e sono pronta.
Prendo la borsetta e la metto a tracolla. Poi ci ripenso. È pesante, a che cosa mi serve tutta questa roba? Allora la svuoto. Tolgo cellulare fazzoletti di carta bigliettini da visita vari spazzola porta-trucchi assorbenti chiavi di casa e della macchina ricevuta della tintoria scontrini penna agendina libro custodia degli occhiali sporta di stoffa per la spesa calcolatrice tascabile (?) blister con analgesici portafoglio tubetto di crema per le mani sigarette accendino ombrello portadocumenti caramelle carica-batteria e fermacapelli di plastica. Rimetto la borsetta ormai sgonfia sulla spalla ed esco tirandomi dietro la porta. Chiudere a chiave non ha alcun senso.
Sul pianerottolo incontro la mia vicina, la signora Neirotti. Per una volta la saluto con un sorriso. Lei rimane a bocca aperta per la sorpresa e non risponde. Che importa?
Scendo con l’ascensore e finalmente sono in strada. Ho deciso di andare in quel posto a piedi e mi incammino con passo veloce. La tiepida e lieve brezza primaverile mi accarezza il viso e le spalle nude. Socchiudo gli occhi e immagino che questi piccoli tocchi sulla pelle siano quelli delle sue dita delicate. Ho i brividi. E sono fremiti di puro piacere, che mi scombussolano tutta. Al pensiero potrei sciogliermi in un istante. Con fatica ritorno alla realtà. Attraverso con prudenza l’ampio corso molto trafficato. C’è sempre qualche delinquente che non rispetta i semafori. Oltrepasso, quasi senza guardare, il giardino dove ci siamo incontrati tante volte. Dove siamo rimasti per ore a parlare oppure semplicemente a scrutarci negli occhi. Mi sfugge un lungo sospiro. Adesso mi dirigo verso la stazione. C’è una gran confusione: gente frettolosa di ritorno dal lavoro tram bus taxi automobili venditori ambulanti tipi equivoci tossici con lo sguardo vuoto due giovani che si baciano incuranti di tutto ciò che li circonda. Che bello, penso. Poi proseguo. Non mi resta che andare sempre nella stessa direzione, perché ormai sono quasi arrivata a destinazione. Ecco, adesso ci sono.
Mi è sempre piaciuto questo antico ponte. Mi affaccio prima da un lato e dopo dall’altro. Scelgo quest’ultimo, poiché la vista sulla città è più bella, più ariosa. Appoggio le mani sulla spalletta di pietra e inspiro profondamente. Poi guardo in basso, fisso l’acqua marrone che sembra quasi non scorrere, tanto è pigra. Sollevo il capo e guardo il cielo, una folata di vento mi scompiglia i capelli.
“Signorina, tutto bene?”
E questo chi è? Completamente assorta, non l’ho sentito arrivare. È un giovane, carino e dall’aria gentile. Il tono della sua voce è preoccupato. La sua apprensione è rivolta a me.
“Tutto a posto?” ribadisce, inquieto.
Mi volto e gli sorrido. Pochi uomini riescono a resistere al mio sorriso. Almeno, questo è ciò che mi ripete sempre lui.
Il ragazzo, di colpo, si rilassa. Adesso è tranquillo, forse anche un po’ in imbarazzo.
“Tutto a posto, davvero” dico, sempre continuando a sorridere.
Lui annuisce.
“Sa, avevo paura che…” balbetta.
Appoggio le mani sui fianchi.
“Che dici? Guardami. Non vedi quanto sono felice?” dico.
Il giovane ora appare un po’ perplesso. Le sue guance sono avvolte da un tenue rossore.
“Ah! Lei è felice?” domanda.
“Perché? Sei sorpreso? Tu non lo sei, forse?”
Lui fa una smorfia.
“Non tanto, per la verità…”
“Ce l’hai un amore?” domando.
“Eh?”
“Hai una ragazza? Sei innamorato?”
Non risponde. Mi osserva.
“Scusa, non volevo essere indiscreta. Il fatto è che non posso fare a meno di esternare la mia gioia. Ho incontrato un uomo stupendo, che mi ama. Dice che è pazzo di me, che pensa sempre a me, che sono una donna bellissima, meravigliosa. Dice che non può proprio fare a meno di me!”
“Sembrerebbe tutto perfetto…” azzarda il giovane, sempre più sbalordito dal mio atteggiamento.
“E lo è!” ribatto io con foga.
“Be’… se è così allora sono contento per lei.”
“Ti ringrazio. Vedi, in tutta la mia vita non sono mai stata così felice. È una sensazione indescrivibile, di gioia assoluta!”
“Mi scusi se l’ho disturbata. Per un attimo avevo temuto che…”
“Non preoccuparti, sei stato veramente gentile e ti ringrazio” dico, e nello stesso tempo gli mando un bacio.
Lui, a disagio, china il capo e si allontana.
Adesso sono di nuovo sola, qui sul ponte. Posso di nuovo pensare a lui, al mio grande amore. No, davvero non sarò mai più così appagata, in una condizione di tale beatitudine. In pace con me stessa, con tutti.
Sollevo un po’ la gonna, per essere più libera nei movimenti. Scavalco il parapetto con entrambe le gambe. No, non avrò mai più la possibilità di morire contenta e innamorata. Mai più. Sorrido, beata. E mi butto.

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