Che stupidi! Per lungo
tempo abbiamo rincorso le complicate evoluzioni dello spread, le sue improvvise
e preoccupanti impennate, come accaduto un anno fa, e poi la sua lenta e tranquillizzante
ridiscesa. Salvo poi osservarne, con rinnovato allarme, la sua risalita
avvenuta a partire dal giorno infausto in cui Silvio Berlusconi ha annunciato l’ennesima
discesa in campo.
Che stolti! Certo,
perché proprio oggi la Mummia (definizione di Libération) ha proclamato, nel
suo miglior tono garrulo la frase che ha caratterizzato l’odierna giornata
politica: “Che c’importa dello spread?”
D’accordo, con lo
spread non si mangia. E la gente che ha fatto ormai grandi sacrifici, le
persone che hanno perso il lavoro, chi non lo trova, tutti quelli che si
trovano in una condizione di estrema difficoltà hanno ben altre cose a cui
pensare che occuparsi degli ondeggiamenti del valore differenziale tra titoli di
Stato italiani e bund tedeschi.
In ogni caso la frase
pronunciata dal “buffone d’Europa” (Economist) è emblematica in quanto esprime
tutta l’irresponsabilità, il livello di demenza nonché il bieco populismo di
Berlusconi, appunto.
Le sue parole, naturalmente,
hanno provocato inquietudine in tutta Europa. Perché, tra l’altro, il vecchio
Silvio non si è limitato a un solo slogan, ma lo ha rinforzato e condito con parole
aspre nei confronti della Germania e del Primo Ministro Mario Monti, al quale
ha rivolto accuse del tutto inconsistenti. Chi conserva buona memoria sa bene a
chi, eventualmente, debbano essere attribuite determinate colpe. A lui, tutte a
lui, all’uomo che ha condotto il suo Paese sull’orlo della bancarotta e che adesso,
con gran faccia di bronzo osa riproporsi in veste di salvatore.
I tedeschi, da parte
loro, hanno reagito prontamente. Non ci stanno ad essere il bersaglio di una
campagna elettorale avvelenata e demagogica. La replica è stata dura e immediata:
è stato manifestato l’auspicio che gli elettori italiani sappiano scegliere in
maniera saggia i loro futuri governati, anche se non sempre in passato ciò è
avvenuto, ci permettiamo di aggiungere. Così come è stato espresso sconforto da
parte di (quasi) tutte le altre forze politiche, e anche dalla Confindustria.
Con affermazioni
roboanti e ottuse non si aiuta l’Italia, ma si contribuisce al suo definitivo
declino.
Un valore di spread alto
significa semplicemente (insieme ad altri indicatori) che i nostri titoli
pubblici, per essere appetibili ed essere venduti, devono essere retribuiti con
un maggiore tasso di interesse, e ciò per tutta la durata dell’emissione.
Insomma, ciò rappresenta un ulteriore aggravio per il debito pubblico, che già
è stratosferico. Un carico pesante che, ancora una volta, sarà ribaltato sulle
prossime generazioni.
Questo piccolo particolare,
tutt’altro che insignificante, sembra tuttavia non rivestire alcuna importanza
per chi, come sempre, pensa soltanto ai propri sporchi e immediati interessi
personali.
Alla Mummia, insomma.
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