Le primarie del
centrosinistra (caratterizzate da grande partecipazione popolare) hanno
individuato in Pierluigi Bersani, senza ombra di dubbio, il candidato premier
della coalizione alle imminenti elezioni politiche. Onore delle armi, comunque,
allo sconfitto Matteo Renzi che, proprio nel momento dolente dell’insuccesso,
ha dimostrato doti quasi inaspettate di matura consapevolezza, assumendo su di sé
l’intera responsabilità della mancata affermazione, manifestando piena lealtà
al partito in cui milita ed esprimendo l’intenzione di dare una mano, sebbene
come semplice attivista (non tutti i militanti sono uguali però…) nella
prossima campagna elettorale. Un comportamento non certamente da “ragazzotto”
(come era stato definito dai suoi critici più spietati) ma da autentico e compiuto
uomo politico. Una risorsa in più, insomma, tutt’altro che trascurabile, che
sarà opportuno utilizzare nel modo migliore.
Toccherà a Bersani,
dunque, il compito di non disperdere le energie positive che il sindaco di
Firenze è riuscito a mobilitare. Un’incombenza difficile, ma non impossibile,
in considerazione del fatto che nell’elettorato di centrosinistra si è
risvegliato un entusiasmo che appariva ormai sopito.
Sul fronte di
centrodestra invece tutto è rimasto come prima. Tutti sono ancora in attesa di
un pronunciamento del padrone, di Silvio Berlusconi, il quale sembra incerto e
confuso come non mai, ormai rassegnato alla sicura disfatta ma ancora intento nella
ricerca della scappatoia che possa permettere di limitare i danni. E di contare
ancora, benché in misura minima. La voragine da riempire, su quel lato, è enorme.
Si tratta di milioni di elettori indecisi, che rischiano di non sentirsi
rappresentati, una sorta di vulnus
per l’equilibrio del sistema democratico.
La legislatura, in ogni
caso, è agli sgoccioli. Al momento attuale non si sa con esattezza quando gli
italiani saranno chiamati alle urne. La scadenza naturale è sempre più
improbabile ma, allo stesso modo, è improponibile (oltre che tecnicamente
impossibile) un anticipo del voto a febbraio, come suggerito proprio dallo
schieramento che fa capo al PDL. Prima di chiudere i battenti questo
disgraziato Parlamento deve ancora provvedere all’approvazione definitiva della
legge di stabilità. Andare a votare in esercizio provvisorio sarebbe un atto
altamente irresponsabile nonché deleterio per il nostro Paese, per niente al
riparo da nuovi attacchi speculativi che, in una evenienza del genere,
troverebbero grande alimento.
L’altra questione
ancora sul tavolo è la riforma della legge elettorale, per la quale anche in
questi giorni il Presidente della Repubblica si sta spendendo, abbastanza
inascoltato per la verità. Napolitano, comunque, sbaglia. Non è possibile,
infatti, cambiare il sistema di voto a pochi mesi (due o tre) dalla
consultazione. È un atto irragionevole, non degno di una moderna democrazia. Un’azione
che sarebbe stigmatizzata anche dai vertici europei, che già si sono
pronunciati in merito. Ancora una volta si dovrà utilizzare il vituperato “Porcellum”,
e ci si augura che sia davvero l’ultima. Per superare il più grave limite di
tale legge elettorale, le liste bloccate e le conseguenti “nomine” dei
candidati (e quindi degli eletti) fatte direttamente dai partiti, sarà
sufficiente istituire a livello territoriale delle consultazioni primarie per
la scelta degli eleggibili, strumento che si è rivelato essere assai gradito
dai cittadini-elettori. Le forze politiche che riterranno di non attuarlo ne
dovranno subire le conseguenze in termini di impopolarità e contribuiranno una
volta di più a fomentare l’antipolitica (nei loro confronti).
È scontato che, nel
corso del primo anno della futura legislatura, si dovrà a tutti i costi
rimettere mano alla legge elettorale, approvando finalmente una norma che
consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, senza tuttavia
perdere di vista l’elemento fondamentale della governabilità. Il sistema migliore
e più collaudato, naturalmente, è quello totalmente maggioritario con i collegi
e il doppio turno. Ed è pure il più limpido e semplice. Forse troppo, per la
nostra politica contorta…
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