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venerdì 7 dicembre 2012

INCUBO FINALE



I peggiori incubi si possono avverare, e così infatti è stato. Si pensava di essersi sbarazzati di lui per sempre, proprio un anno fa, e invece scopriamo che non è così. Perché lui è tornato, per davvero. Ed è ricomparso nella sua versione peggiore, quella incattivita e rancorosa, colma d’astio represso, la traduzione che meglio esprime quale sia veramente la natura di quell’essere immondo, che di umano non ha mai posseduto nulla. E subito i servi, gli schiavi e i leccaculo si sono precipitati ad adularlo, dopo che soltanto alcuni tra loro, pochi e beceri, ne avevano invocato il ritorno. Gli altri, i più, pur senza affermarlo in maniera esplicita, ne auspicavano la definitiva dipartita politica, lo speravano e lo desideravano. Appena il padrone è tornato a mugghiare tutti hanno però chinato il capo, hanno ripreso a strisciare come osceni serpenti. Alcuni tra loro, i più sconci, hanno addirittura già osato rialzare le pallide creste. Rinnovamento, facce nuove, primarie, democrazia interna, tutto è stato seppellito nel volgere di un battere di ciglia. Parole vuote, che ora appaiono ridicole, che suscitano grasse risate.
È tornato e in un amen ha spazzato via tutto, ed è così ripreso l’accanimento del mostro nei confronti del suo disgraziato Paese, dei suoi sciagurati e stolti cittadini.
Tutto è stato di nuovo rimesso in discussione: la credibilità dell’Italia, che pareva ormai del tutto smarrita e invece era stata in parte ritrovata, gli enormi sacrifici compiuti dalla gente comune per impedire il dissesto della nazione, immolazione che rischia di rivelarsi vana. Una cornice (non quanto stava al suo interno) che era stata ricomposta poco per volta e che adesso è stata spezzata all’improvviso.
E riprenderanno, nei nostri confronti, gli sberleffi degli altri Paesi, dell’intera comunità internazionale. Perché nessuno come noi italiani sa essere così ridicolo, così ottuso e sprovveduto. Così stupido.
E, come sempre, lui non si è ripresentato per fare il bene della sua nazione, bensì per perseguire i suoi soliti sporchi interessi. In realtà, non poteva non farlo. Le sue aziende sono in crisi (proprio come vent’anni fa), la morsa della giustizia lo sta stringendo sempre di più (una condanna alla fine è arrivata, alla quale presto ne potrebbe seguire una seconda), il terrore di non contare più nulla lo stava assalendo ogni giorno di più.
È tornato e si è divorato in un solo boccone il suo pavido segretario, che di nuovo ha ripreso l’antico ruolo di servo sciocco, di marionetta. Le sue prese di posizione, il suo tentativo di affrancarsi dall’ingombrante padre-padrone, sono durate lo spazio di un mattino. Ora Angelino è tornato a cuccia, pronto a essere ancora una volta, o sempre di più, obbediente e fedele. Orecchie basse e coda in rapido movimento.
Quelli che avevano un po’ rialzato la schiena sono adesso rincantucciati, timorosi e tremanti di paura. Gli idolatri hanno invece ripreso a sbavare senza alcun ritegno.
Il Presidente della Repubblica sembra sconcertato da tale impudicizia, da questa totale mancanza di responsabilità. E dire che quell’uomo anziano ne ha già viste tante. Così come è sbigottito Mario Monti, persona raffinata ed elegante, non assuefatto a tale elevato livello di rusticità, non abituato ai calci in faccia e alle coltellate alla schiena. Non avvezzo alla incredibile sguaiataggine.
È inutile, ci dobbiamo rassegnare a fronteggiare il mostro. Di nuovo, ma forse è meglio così. Se resa dei conti deve essere, è bene che questa avvenga una volta per tutte. In fondo la possibilità di abbattere in maniera risolutiva l’agghiacciante creatura esiste. Il momento propizio per poter ributtare quell’obbrobrio per sempre nell’inferno dal quale proviene è prossimo, si tratta soltanto di sfruttarlo, di non lasciarlo scappare. Ed è l’istante in cui saremo chiamati a esprimere un voto. Un piccolo, miserabile e, in apparenza, insignificante voto. Un meraviglioso voto, utile per evitare di sprofondare, tutti insieme, nell’abisso. 

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