I peggiori incubi si possono avverare, e così infatti è stato. Si pensava di essersi sbarazzati di
lui per sempre, proprio un anno fa, e invece scopriamo che non è così. Perché
lui è tornato, per davvero. Ed è ricomparso nella sua versione peggiore, quella
incattivita e rancorosa, colma d’astio represso, la traduzione che meglio
esprime quale sia veramente la natura di quell’essere immondo, che di umano non
ha mai posseduto nulla. E subito i servi, gli schiavi e i leccaculo si sono
precipitati ad adularlo, dopo che soltanto alcuni tra loro, pochi e beceri, ne avevano invocato
il ritorno. Gli altri, i più, pur senza affermarlo in maniera esplicita, ne
auspicavano la definitiva dipartita politica, lo speravano e lo desideravano.
Appena il padrone è tornato a mugghiare tutti hanno però chinato il capo, hanno
ripreso a strisciare come osceni serpenti. Alcuni tra loro, i più sconci, hanno addirittura già osato rialzare le pallide creste. Rinnovamento, facce nuove, primarie,
democrazia interna, tutto è stato seppellito nel volgere di un battere di
ciglia. Parole vuote, che ora appaiono ridicole, che suscitano grasse risate.
È tornato e in un amen
ha spazzato via tutto, ed è così ripreso l’accanimento del mostro nei confronti
del suo disgraziato Paese, dei suoi sciagurati e stolti cittadini.
Tutto è stato di nuovo
rimesso in discussione: la credibilità dell’Italia, che pareva ormai del tutto
smarrita e invece era stata in parte ritrovata, gli enormi sacrifici compiuti
dalla gente comune per impedire il dissesto della nazione, immolazione che
rischia di rivelarsi vana. Una cornice (non quanto stava al suo interno) che
era stata ricomposta poco per volta e che adesso è stata spezzata
all’improvviso.
E riprenderanno, nei
nostri confronti, gli sberleffi degli altri Paesi, dell’intera comunità
internazionale. Perché nessuno come noi italiani sa essere così ridicolo, così
ottuso e sprovveduto. Così stupido.
E, come sempre, lui non
si è ripresentato per fare il bene della sua nazione, bensì per perseguire i
suoi soliti sporchi interessi. In realtà, non poteva non farlo. Le sue aziende
sono in crisi (proprio come vent’anni fa), la morsa della giustizia lo sta
stringendo sempre di più (una condanna alla fine è arrivata, alla quale presto
ne potrebbe seguire una seconda), il terrore di non contare più nulla lo stava
assalendo ogni giorno di più.
È tornato e si è
divorato in un solo boccone il suo pavido segretario, che di nuovo ha ripreso
l’antico ruolo di servo sciocco, di marionetta. Le sue prese di posizione, il
suo tentativo di affrancarsi dall’ingombrante padre-padrone, sono durate lo
spazio di un mattino. Ora Angelino è tornato a cuccia, pronto a essere ancora
una volta, o sempre di più, obbediente e fedele. Orecchie basse e coda in
rapido movimento.
Quelli che avevano un
po’ rialzato la schiena sono adesso rincantucciati, timorosi e tremanti di
paura. Gli idolatri hanno invece ripreso a sbavare senza alcun ritegno.
Il Presidente della Repubblica
sembra sconcertato da tale impudicizia, da questa totale mancanza di
responsabilità. E dire che quell’uomo anziano ne ha già viste tante. Così come
è sbigottito Mario Monti, persona raffinata ed elegante, non assuefatto a tale
elevato livello di rusticità, non abituato ai calci in faccia e alle coltellate
alla schiena. Non avvezzo alla incredibile sguaiataggine.
È inutile, ci dobbiamo
rassegnare a fronteggiare il mostro. Di nuovo, ma forse è meglio così. Se resa
dei conti deve essere, è bene che questa avvenga una volta per tutte. In fondo
la possibilità di abbattere in maniera risolutiva l’agghiacciante creatura esiste.
Il momento propizio per poter ributtare quell’obbrobrio per sempre nell’inferno
dal quale proviene è prossimo, si tratta soltanto di sfruttarlo, di non
lasciarlo scappare. Ed è l’istante in cui saremo chiamati a esprimere un voto.
Un piccolo, miserabile e, in apparenza, insignificante voto. Un meraviglioso
voto, utile per evitare di sprofondare, tutti insieme, nell’abisso.
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