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mercoledì 4 maggio 2011

L'INTERVISTA?


Incontro Enzo Sopegno, del quale è appena uscita la raccolta di racconti “L’uomo del sonno”. Ho come l’impressione che l’autore non ami, in maniera particolare, parlare delle sue opere. Ne chiedo a lui la conferma.
Sì, in parte è vero, e ciò è dovuto alla mia naturale ritrosia. Ovviamente, se ravviso nell’interlocutore un reale interesse per i miei lavori il discorso cambia e sono in grado di passare dall’apatia assoluta al più grande entusiasmo.
Senti, Carlo Crescitelli, un tuo collega scrittore, commenta in questo modo la tua ultima fatica: “Dopo la finestra aperta da ‘Oltre il ponte’ sui drammi e sui dubbi del nostro recente passato, E. Sopegno ritorna con un lavoro più lirico e rarefatto, i cui bellissimi dialoghi ricordano a tratti le pagine ispirate di (…) per raccontarci la pena del vivere dei suoi personaggi/archetipo e dei tanti e dolenti volti della natura umana. Una prosa bella e impeccabile, con contenuti densi e una filosofia tangibile.” Un giudizio lusinghiero e una legittima curiosità. Perché mi hai imposto di omettere il nome dello scrittore al quale Crescitelli ti paragona?
(Ride) L’amico Carlo è troppo buono e generoso, e io sono troppo in imbarazzo per consentirti di fare una cosa del genere!
D'accordo, facciamo un passo indietro e parliamo un attimo di “Oltre il ponte”, il romanzo che hai pubblicato la scorsa primavera. Come è stato accolto?
Le valutazioni critiche sono state buone. Ho molto apprezzato, tra gli altri, il commento positivo nei miei confronti da parte di Francesca Diano, saggista, scrittrice nonché traduttrice per Guanda dell’autrice indiana Anita Nair, persona di notevole esperienza. Purtroppo, minore è stato il riscontro da parte del pubblico dei lettori. D’altra parte, devo riconoscere come le mie capacità di auto-promozione siano piuttosto limitate. Comunque, continuo a considerare quel romanzo il mio lavoro migliore, che mi ha impegnato, tra ricerche e scrittura, per quasi un anno. E l’argomento trattato mi ha coinvolto completamente: è stato quasi come vivere, per un lungo periodo di tempo, in quell’atmosfera, quella di quel fatidico anno, il 1977, così denso di avvenimenti importanti e tragici. Un’atmosfera che ho vissuto realmente (all’epoca avevo diciassette anni) e che sono stato costretto a richiamare alla memoria.
Il terrorismo…
Sì, però affrontato da un punto di vista diverso, quello di una piccola realtà di provincia, dove qualcuno si è trovato coinvolto, altri ne sono stati appena sfiorati e qualcun altro ancora non si è accorto invece di nulla. Era questo il contrasto che ho voluto evidenziare.
Torniamo al tuo nuovo libro, una raccolta di racconti che tu definisci vagamente surreale…
In realtà si tratta di storie saldamente legate al concreto, al vissuto di tutti i giorni, nelle quali si inserisce un elemento irrazionale che altera il normale andamento delle cose, dei fatti.
È stato molto apprezzato il primo racconto, “Sei nuovo?”. Perché?
In questo caso, l’elemento surreale cui facevo prima riferimento è rappresentato dall’ambientazione e dai personaggi, tutto il resto è tragicamente umano. Onestamente, devo aggiungere che è piaciuto molto il tessuto narrativo, un po' meno la trama...
Nei tuoi racconti è possibile ritrovare qualcosa di autobiografico?
(Ride) Questa è una domanda che di solito mi viene rivolta da chi mi conosce personalmente, e alla quale rispondo sempre ponendo innanzitutto dei paletti. Mi spiego: stiamo parlando di letteratura, e la letteratura è, per definizione, pura finzione.
Non hai risposto…
Intendo dire che di sicuro sono presenti elementi che derivano dalla mia esperienza di vita e dalle mie idee – un autore trasporta sempre nelle sue opere qualcosa di sé – tuttavia tali componenti, per essere efficaci, non devono essere facilmente individuabili. Sono presenti ma modificati, alterati, plasmati e trasformati. La finzione letteraria deve comunque sempre prevalere.
Che cosa hanno in comune i personaggi dei tuoi racconti, considerati da Crescitelli dei veri e propri archetipi?
Sono personaggi che, in parte, rispecchiano la mia visione un po’ pessimistica dell’esistenza. Nel bene e nel male, appaiono sempre e comunque come dei perdenti. Individui che vivono con sofferenza la loro condizione, che si sbattono ma non ottengono nulla, che sono rassegnati, che ordiscono inganni patetici che gli si rivoltano contro oppure che sono semplici vittime della banalità o della noia del vivere.
Quali sono gli immediati progetti futuri?
Un po’ di riposo, innanzitutto. Il tempo per scrivere spesso è ritagliato a fatica tra le altre occupazioni, tra le quali non ultima il lavoro, e quindi portare avanti un progetto letterario nelle sue diverse fasi richiede notevoli sforzi e grande impegno e passione. Comunque, ho una mezza idea di tornare alla forma romanzo…
Qualche anticipazione?
Mmm... anni '80... due fratelli...
Un po' poco...
Preferisco non sbilanciarmi. Alla fine, potrebbe trattarsi di tutt'altra cosa! Sai, a volte capita di essere fulminati, all'improvviso, da una nuova e inaspettata idea e quindi...
Grazie.
Prego.

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