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venerdì 27 maggio 2011

GIOCHI D'ACQUA



Era stesa sul tappeto con la cuffia alle orecchie e una espressione estatica sul viso quando le sembrò di udire un suono insistente. Dapprima lo ignorò poi, con grande disappunto, spense lo stereo, si alzò e si diresse alla porta. In quel breve lasso di tempo si passò le mani sui capelli, cercando di sistemarli senza risultato. Aprì e si trovò davanti la faccia pallida del suo amico Enrico.
“Ciao” disse il ragazzo. “Passavo di qua e ho deciso di fare un salto a salutarti. Spero di non averti disturbato”. Poi sorrise e la sua espressione divenne sofferta ma buffa.
“No, stavo ascoltando un po’ di musica” disse Silvia, a muso duro.
“Ah! Meno male!” esclamò Enrico. Il volto della giovane si incupì ancora di più.
“Su, entra” sibilò.
Il ragazzo si accomodò sul divano, lei tornò ad accucciarsi sul morbido tappeto.
“Che cosa stavi ascoltando?” domandò.
“Liszt”.
“Chi? Lsitz? E chi sarebbe?”
“Ho detto L-i-s-z-t” sillabò Silvia.
“Mai sentito. Scommetto che si tratta di musica classica” disse Enrico dopo aver dato una furtiva occhiata alla custodia del cd che si trovava sul divano proprio accanto a lui.
“Diciamo che hai indovinato” confermò la ragazza a denti stretti.
“Era anziano…” bofonchiò il ragazzo tornando a guardare l’immagine di copertina del cd.
“È stato anche giovane, come tutti” disse Silvia, acida.
“Certo. Sai, non sono mai riuscito a capire questo genere di musica. Ma questo che cosa suonava?”
“Innanzitutto Franz Liszt è stato un grande compositore. Comunque suonava il pianoforte piuttosto bene. Era un virtuoso dello strumento.”
“Eh?”
“Proprio quest’anno ricorre l’anniversario della sua nascita. Duecento anni” aggiunse Silvia.
Alla fine Enrico, con cautela, prese la custodia del disco e l’avvicinò agli occhi miopi.
Les jeux d’eau à la Villa d’Este” lesse.
“Vedo che quel titolo ti ha colpito”.
“Be’, è il meno banale. Di che si tratta?” chiese Enrico, fingendo una curiosità che non provava affatto. Il suo vero interesse in realtà era costituito da Silvia.
“È un pezzo tratto da Années de Pèlerinage” precisò la ragazza.
“Era un pellegrino?” domandò Enrico, che stava cominciando ad annoiarsi.
“Liszt viaggiò a lungo, prima in Svizzera e poi in Italia, anche se i suoi furono soprattutto vagabondaggi. Da quelle esperienze trasse tre quaderni di musica che sono veri gioielli. Riuscì a cogliere lo spirito dei luoghi e delle persone e a rappresentarlo alla perfezione.”
“Ah!” esclamò Enrico con finto stupore. Il tedio ormai lo aveva invaso e allora cercò di cambiare argomento.
“Senti, ti andrebbe di…” iniziò a dire, ma fu interrotto.
“Vorresti ascoltare quel pezzo?” domandò la ragazza.
Enrico non osò dire di no e annuì, poco convinto.
“È molto lungo?” chiese, titubante. Silvia scoppiò a ridere.
“Perché voi ignoranti pensate che la musica classica sia… lunga? Perché vi preoccupate solo di questo aspetto e non del resto? Ne avete forse paura? Comunque il pezzo dura circa due ore.”
Enrico impallidì e Silvia riprese a sghignazzare.
“Non è vero! Sono meno di dieci minuti! Però! Che faccia hai fatto! Sei proprio divertente, sai?”
Enrico assunse un’espressione offesa. Nello stesso tempo pensò che dieci minuti erano un periodo di tempo spaventosamente… lungo per un pezzo pianistico ma non ebbe il coraggio di palesare la sua preoccupazione.
“Silvia, posso chiederti una cosa?” disse invece.
“Spara.”
“Perché mi hai dato dell’ignorante?” La domanda scatenò altre rumorose risate.
“Ti sarai mica offeso?”
“No” rispose Enrico, che invece era ancora alquanto risentito per l’epiteto.
“Meno male. Mi riferivo soltanto alla tua scarsa conoscenza dell’argomento.”
“Ah! Se è così…” disse il ragazzo, poco convinto.
“Forza! Mettiti la cuffia!” lo incitò l’amica.
Enrico eseguì e subito dopo Silvia azionò lo stereo. Per tutta la durata del brano il giovane rimase impassibile. Lei lo osservò con attenzione. La musica finì.
“Allora?” chiese Silvia. “Che ne dici?”
“Bello” rispose Enrico, serio.
“Bello? Ma allora vuol dire che non hai capito nulla!”
Enrico, a quel punto, divenne permaloso.
“D’accordo, non ho capito nulla, ma adesso devo proprio andare” disse.
“Ciao Enrico, a presto. Senti, vuoi che ti presti il cd? Così lo potrai riascoltare.”
Il ragazzo non rispose ma annuì. Mise in tasca il disco e si diresse a grandi passi verso la porta. Non si era mai sentito così umiliato. Eppure, Silvia continuava a piacergli.
Giunto a casa, Enrico si tuffò sul sofisticato impianto hi-fi e sparò a palla i Green Day. Stappò una birra gelata e la bevve in tre sorsi. Dopo un po’ sentì bussare sul soffitto e comprese che forse il volume eccessivo stava disturbando il vicino. Contrariato, spense l’apparecchio. Che senso aveva ascoltare Billie Joe Armstrong e soci a volume basso? In quel momento si rese conto che aveva il cd di Silvia ancora in tasca. Lo tirò fuori, lo guardò, lo soppesò a lungo poi, con cautela, quasi ne avesse timore, lo introdusse nel lettore. Prese il telecomando e si stravaccò sul decrepito divano. Riascoltò con attenzione solo quel pezzo che già aveva sentito dalla sua amica: Jeaux d’eau. Non gli disse assolutamente nulla. Perché a molte persone piaceva quella musica insulsa mentre in lui non suscitava nessuna reazione? Era forse più stupido? Oppure ignorante, come aveva detto Silvia? O tutti fingevano, nascondendosi dietro alla loro ridicola affettazione? Diede una gran manata sul cuscino del divano, sollevando una nube di polvere, poi azionò di nuovo il telecomando. Ascoltò il pezzo cinque, sei, sette volte. Nel frattempo, fuori era diventato buio e lui si era pure scordato di cenare. A quel punto si accanì, arrabbiato e disperato. Al decimo ascolto, finalmente, accadde qualcosa. Enrico cominciò a percepire la differenza tra le diverse note. Non più in maniera indistinta, come in precedenza, ma in modo netto e chiaro. Riusciva ad avvertire il tocco delle dita sui tasti, a distinguere la diversa forza esercitata di volta in volta. Cominciò a provare delle sensazioni fisiche. Una specie di ansia positiva, dei brividi. Notò con sorpresa che i peli sulle sue braccia si rizzavano, guidati da una forza sconosciuta. Si sentì buono, generoso. Si sentì in pace. E poi, di colpo, le vide. Le fontane, disseminate lungo i giardini della vecchia villa. La cascata di note si trasformò in zampilli, in getti, schizzi e spruzzi. Provò una incredibile impressione di fresco. Si rilassò ancora di più e, con suo grande sgomento, ma anche gioia pura, non riuscì a trattenere… una furtiva lacrima.

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