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venerdì 13 maggio 2011

CAMPAGNA ELETTORALE



Aldo Fortini si fermò a detergersi il sudore. La giornata era molto calda e, se la sua idea di fare campagna elettorale porta a porta nel proprio quartiere era valida, di sicuro si stava rivelando anche molto faticosa. Approfittò di un inquilino che stava uscendo e con destrezza si infilò su per le scale di uno stabile. Suonò il primo campanello a portata di mano e rimase in attesa. Quasi subito udì dei passi pesanti e la porta si aprì con uno scatto secco.
“Avanti!” disse una voce possente.
Un po’ sorpreso, il candidato entrò. L’ingresso dell’appartamento era in penombra. Fortini scorse, su un piccolo tavolino, un busto in gesso che raffigurava Benito Mussolini. Lo riconobbe dalla mandibola prominente e dal cranio glabro. Rabbrividì.
“Giovanotto!” disse un uomo sulla sessantina, tarchiato, scalzo e stretto in una corta vestaglia nera. Pure lui, come quello del busto, aveva la testa lucida.
“Buongiorno. Scusi se la disturbo, mi chiamo Aldo Fortini e sono candidato alle…”
“Non dica altro! Lei è dei nostri, vero?”
L’uomo si esibì in un vigoroso saluto romano poi, sempre tenendo rigido il braccio, lo appoggiò con forza sulla spalla dello sbalordito Fortini.
“Apprezzo il suo impegno per la nostra causa, anche se viviamo tempi terribili. I nostri ideali si stanno smarrendo e sapere che ci sono giovani come lei, indomiti e valorosi…”
“Mi scusi ma…” cercò di intervenire Fortini.
“Non aggiunga altro! L’espressione fiera e combattiva dipinta sul suo volto è più che sufficiente. Dice tutto. Non c’è bisogno di parole!”
“Vorrei soltanto puntualizzare che…”
“Lo so, lo so, vuole parlarmi degli immigrati. Ma non è necessario perché conosco molto bene il problema. La lebbra si sta estendendo! Quelli ci faranno a pezzi! Ci mangeranno vivi! Ma noi resisteremo!”
“Il fatto è che…”
“Ci pensa? Se avessimo conservato l’Impero adesso non saremmo in questa tragica situazione. Lei sarebbe sdraiato su una spiaggia con le vergogne al sole e io avrei almeno due domestiche etiopi. Sa quanto sono docili quelle donne? Fanno tutto, ma proprio tutto, mi capisce vero?” L’uomo strizzò l’occhio e poi proseguì. Era un fiume in piena.
“E invece mi ritrovo a dover fare tutto da solo! Proprio tutto, compreso quello. Mi capisce vero?”
Fortini annuì. Purtroppo aveva capito.
“Senta, lei adesso se ne va, vero?” domandò l’energumeno.
“Certo, la ringrazio e…”
“Mi porterebbe mica giù la spazzatura?”
“Eh?”
“Quel sacco, proprio dietro di lei.”
Per via della poca luce, Fortini non l’aveva visto. Si voltò. Il sacco era alto quanto lui e pesantissimo. Lo afferrò e cominciò a trascinarlo per le scale. Udì la porta dell’appartamento chiudersi. Giunto in strada, vide che il cassonetto dei rifiuti era stracolmo. Allora abbandonò il mostruoso sacco, dal quale iniziava a fuoriuscire un inquietante e puzzolente liquame scuro.
“Ha visto? I cassonetti sono sempre pieni! Non riusciamo neppure a buttare l’immondizia! Che schifo! Che vergogna!” A parlare era stata una minuscola vecchietta. La sua voce però era piuttosto potente.
“Probabilmente ci sono stati dei…” tentò di dire Fortini.
“Balle! Sa di chi è la colpa di tutto questo? Dei politici! Sono tutti dei mascalzoni!”
L’anziana donna, sempre più infervorata, premette la punta affilata dell’ombrello contro l’addome del povero Fortini con grande forza. Il candidato temette di essere infilzato e non riuscì più a proferire alcun suono.
“Avanti! Lo dica anche lei! Di chi è la colpa?” disse la diabolica vecchia.
“Dei politici! Sono tutti dei gran bastardi! Dei veri stronzi! Sono dei…” ululò Fortini con voce stridula, degna di Farinelli. Paventava da un momento all’altro di vedere le proprie viscere spandersi sul marciapiede. Sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di raccoglierle.
“Giovanotto! Non sia volgare! Guardi che potrei essere sua madre!”
A Fortini, nonostante la tragica situazione, sfuggì una espressione di derisione. La vecchiaccia poteva essere, al massimo, sua bisnonna.
Per fortuna, proprio in quell’istante, arrivò il bus. La strega assestò con gusto un ultimo colpo nel ventre del candidato e balzò sul mezzo, con insospettabile agilità.
Fortini verificò i danni. La giacca e la camicia erano bucate, il resto no, ma le gambe gli tremavano lo stesso. Barcollando, riprese a camminare. Decise di cambiare isolato ma, dopo aver fatto pochi passi, si imbatté in un uomo che lo fermò.
“Le rubo solo un minuto. Sa che domenica si vota, vero?”
Fortini lo guardò, dapprima strabiliato, poi lo riconobbe. Era un suo rivale politico, pure lui impegnato nella corsa elettorale. Il tipo gli mise tra le mani un santino.
“Se voterà per me poi potrà passare a riscuotere la settimana dopo le elezioni.”
A Fortini scappò da ridere.
“Riscuotere che cosa?” domandò, con tono beffardo.
“Dipende. Lei mi sembra parecchio male in arnese e quindi bisognoso di tutto: soldi, lavoro, cibo. E anche abiti, direi. Veda un po’ lei…” disse il rivale fissando la sua giacca bucata.
“Però! E come farà ad essere sicuro che io avrò votato proprio per lei?” chiese Fortini.
“Non si preoccupi, quello non è un problema. Utilizzo un sistema svizzero, sicuro al cento per cento” rispose l’altro, tranquillo.
“Eh? Sistema svizzero? Ma cosa sta dicendo?”
“Senta, non ho tempo da perdere. Che faccio? La segno?”
Fortini, ridiventato di colpo serio, indietreggiò.
“No! Non segni! Non segni!”
L’altro scosse il capo, con espressione di compatimento, e si allontanò.
Fortini, visibilmente scosso, cominciò a correre nella direzione opposta. Senza fermarsi, svoltò l’angolo e piombò addosso a un malcapitato che reggeva due borse per la spesa. Il candidato lo afferrò alla gola e cominciò a scuoterlo con violenza.
“Mi stia bene a sentire!” strillò Fortini. “Mi chiamo Aldo Fortini e sono candidato alle prossime elezioni. Capito?”
“Sì… sì…” replicò l’altro con un filo di voce. Era bianco come un cadavere.
“Le proibisco di votare per me! Sono stato chiaro? Guai se vengo a sapere che mi ha dato il voto, intesi? Lei o chiunque altro! Non lo voglio, il vostro voto!”
“Ma…”
“E quindi sparga la voce, in tutto il quartiere. Guai se qualcuno vota per Fortini! Ha compreso?”
“Ma…” Il tizio stava per soffocare.
Per fortuna, il candidato svenne.



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