Dal racconto: Pugni e schiaffi
(...) Quando
le luci si erano abbassate e le prime note di un pezzo lento avevano riempito
la sala, Giorgia si era stretta forte a me, appoggiando la testa sulla mia
spalla. All'inizio ero rimasto un po' rigido, sorpreso da quella vicinanza
inaspettata. Poi, quasi in automatico, avevo ricambiato l'abbraccio, posando le
mani sui suoi fianchi morbidi e, subito dopo, con un'audacia repentina, spinto
da un'improvvisa attrazione, le avevo stretto il sedere. Lei non aveva fatto
una piega, anzi, avevo percepito un leggero rilassarsi del suo corpo, quasi un
assenso silenzioso.
Eravamo
avvinghiati nel lento ondeggiare della musica, la canzone stava per finire,
quando Giorgia si era leggermente scostata, alzando il viso verso il mio. Poi,
con un movimento rapido e imprevedibile, si era allungata e mi aveva baciato
sulla gola, proprio sotto l'orecchio. Il suo tocco era stato leggero, quasi un
soffio caldo. Poi si era ritratta, ma prima di farlo aveva passato velocemente
la lingua sulla pelle, lasciando una scia umida e un brivido che mi era corso
lungo la schiena. Ero rimasto interdetto, turbato da quel gesto audace.
C'eravamo
spostati su un divanetto un po' defilato, un'oasi di relativa tranquillità nel
frastuono della festa, dopo avere preso due bibite. Il silenzio tra noi era
denso di una tensione appena percepibile. All'improvviso, lei aveva rotto il
ghiaccio con una domanda diretta.
"Hai
una ragazza?"
Avevo
risposto di no. La verità era che nella mia vita non c'era mai stata una
relazione seria, avevo sempre preferito la compagnia dei miei dischi e dei miei
allenamenti. Poi le avevo fatto la stessa domanda, sicuro di ricevere la
medesima risposta, data la sua solitudine sulla pista da ballo. Invece, Giorgia
aveva detto di essere fidanzata da quasi un anno con un certo Flavio. Lo
conoscevo di vista, frequentava la mia stessa scuola, anche se un altro corso
di studi. Era un tipo alto e magro, con un'aria sicura di sé che a volte
sfociava nell'arroganza, e una sigaretta sempre appesa al labbro inferiore.
Un
senso di delusione, molto amaro, mi aveva invaso. Avevo ritratto subito la mano
che, con coraggio crescente, avevo osato appoggiare sulla sua coscia,
sentendola calda e morbida sotto il vestito. Ma lei aveva ripreso la mia mano e
l'aveva riportata sulla sua gamba, stavolta infilandola di proposito sotto
l'orlo del vestito. Ero arrossito, sentendo il sangue affluire al viso, quasi paralizzato
da quel contatto non previsto. Gli occhi di Giorgia, però, avevano uno strano
luccichio, quasi una sfida silenziosa. Allora avevo azzardato di più, stimolato
da una curiosità irrefrenabile, e avevo spostato la mano sempre più in su.
Avevo percepito la consistenza liscia e setosa delle sue calze, erano delle
autoreggenti, una scoperta che mi aveva sconvolto, risvegliando in me
sensazioni nuove e forti. E mi ero turbato ancora di più quando le mie dita
avevano sfiorato la pelle nuda della sua coscia, calda e vellutata. Lei aveva
annuito leggermente, un piccolo incoraggiamento silenzioso che mi aveva spinto
a proseguire ancora...
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