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martedì 22 aprile 2025

OGNI GIORNO

Appoggio la tazzina di caffè sul tavolo, il suo aroma avvolgente si mescola all’aria fresca del mattino. Il giornale, ancora aperto sulla pagina che mi ha così tanto turbato, è accanto a me. Le parole che ho appena letto continuano a rimbombare nella mia mente, come un eco inquietante. Un’auto fuori strada, un pedone illeso. L'incidente è accaduto nel mio paese. La notizia è così tragica che mi fa venire voglia di chiudere gli occhi e dimenticare, ma non posso. Come non posso ignorare il pensiero che mi assilla. Ripenso all’ultima volta che ho parlato con il mio amico B., l'agricoltore, appena qualche giorno fa. Era un pomeriggio di sole, e ci eravamo incontrati nel suo campo, quello che costeggia la strada provinciale, circondati da filari di pomodori e piante di basilico. B. era molto agitato, e non ci volle molto perché mi raccontasse della sua ossessione per R., la ragazza che aveva conosciuto al seggio elettorale, quando entrambi vi avevano prestato servizio. La sua voce tremava di emozione mentre parlava di lei, dei suoi occhi, del suo sorriso, della sua simpatia. Del suo corpo. Era come se avesse trovato un tesoro inaspettato ma, al tempo stesso, c’era una nube scura che aleggiava sopra di lui.

"Non so come dirglielo" aveva confessato, il viso contratto in una smorfia di preoccupazione.

"In realtà non so se le piaccio. E poi c’è suo padre…" aveva aggiunto con voce triste.

Ricordo bene il modo in cui aveva abbassato lo sguardo, come se il peso di quella figura paterna lo schiacciasse.

"Lo conosci anche tu. È un tipo violento, possessivo. Pensa che una volta l’ho visto fermarsi davanti alla chiesa e sputare per terra con disprezzo. Non voglio avere problemi con lui".

Eccome se lo conoscevo, il signor Pino Pettenuzzo! Una specie di troglodita, un autentico animale.  

Avevo comunque cercato di incoraggiare il mio amico, di fargli capire che, se davvero teneva così tanto a quella ragazza, doveva fare qualcosa.

"Non puoi semplicemente stare lì a guardarla passare in macchina! Non ha alcun senso!"

Ogni giorno, alla stessa ora, B. si appostava nel cortile di casa e attendeva il passaggio dell'automobile di R. che tornava dal lavoro insieme alla madre. Avevo insistito. 

"Dovresti cercare di parlare con lei, magari andare a casa sua. Vi siete conosciuti lavorando ai seggi, no?"

Lui aveva scosso la testa, lo sguardo perso nel vuoto.

"Non posso. Ho paura".

Eppure, nonostante i suoi timori, mi aveva sorpreso dicendo di avere un piano. "Ho deciso di attirare la sua attenzione" aveva detto, con un tono che oscillava tra la determinazione e la follia.

"Fingerò di attraversare la strada senza prestare attenzione e mi farò investire. Così saranno costrette a fermarsi e io avrò modo di parlare con lei".

Non avevo potuto fare a meno di ridere, pensando che fosse uno scherzo.

"Ma sei pazzo? Non puoi fare una cosa del genere! È pericoloso!"

Lui aveva sorriso debolmente, ma nei suoi occhi c’era una luce che non riuscivo a decifrare.

"Hai ragione, ma non so cosa altro fare. Non posso continuare a vivere così, a guardarla da lontano. Ogni giorno".

E ora, mentre il caffè è ormai freddo nella tazzina e il giornale continua a fissarmi con la sua notizia drammatica, mi chiedo che cosa abbia spinto B. a mettere davvero in atto quel piano così assurdo. La mia mente corre veloce, cerca di ricostruire gli eventi. La strada provinciale, il cortile di casa sua, il passaggio di R. con la madre. Il tentativo di schivare l'incauto pedone, l'auto contro il palo, le due donne morte. E il mio amico illeso e dannato per sempre.

 

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